Bruxelles – Il piano italiano per la ripresa va bene. Sulla carta, almeno. Perché conterà l’attuazione, tempestiva ed effettiva, ma quello che c’è serve a permettere al Paese di ripartire e di operare, nel farlo, quel cambio di passo verde e moderno che la Commissione europea pretende.
L’esecutivo comunitario raccomanda dunque l’approvazione della strategia da 191,5 miliardi di euro totali, tra garanzie (68.9 miliardi) e prestiti (122,6 miliardi). Ora dovrà decidere il Consiglio, a cui la Commissione offre un primo resoconto sintetico delle caratteristiche del piano tricolore.
ITALIA VERDE COME RICHIESTO
Il 37% della dotazione totale del piano per le riforme e gli investimenti sostiene gli obiettivi climatici, a partire dagli interventi per la mobilità sostenibile (32,1 miliardi). Qui si prevede l’integrazione di più regioni nella ferrovia ad alta velocità, la promozione di trasporto locale sostenibile attraverso l’estensione di piste ciclabili, metropolitane, tram e autobus a emissioni zero, compresa la costruzione di stazioni di ricarica elettrica in tutto il paese e punti di rifornimento di idrogeno per il trasporto stradale e ferroviario.
Poi, efficienza energetica. C’è un programma per il finanziamento di ristrutturazioni su larga scala di edifici residenziali per renderli più sostenibili in termini di consumi energetici (12,1 miliardi), e un programma (11,2 miliardi) per sviluppare la produzione e incentivare l’uso delle energie rinnovabili, compreso l’idrogeno verde, nonché aumentare il riciclaggio, ridurre i rifiuti in discarica e migliorare la gestione delle risorse idriche.
UE CONVINTA SUL DIGITALE
Rispettato anche il criterio relativo alla natura digitale del rilancio nazionale. Un quarto delle risorse (25%) è destinato a interventi in tecnologia e informatica, come ad esempio lo sviluppo di reti ultra-veloci e 5G in tutto il territorio nazionale e fornendo una copertura 5G inclusi lungo 2.600 km di corridoi 5G e 10.000 chilometri di strade (interventi per 6,7 miliardi di euro). Digitalizzazione della pubblica amministrazione (6 miliardi) e delle imprese (13,4 miliardi) sono anche interventi che a Bruxelles si considerano di rilievo per migliorare il sistema Paese e renderlo più efficiente.
La Commissione ricorda che l’impegno minimo in questo ambito era fissato al 20%. Destinando il 25% delle risorse europee in questo ambito, l’Italia mostra dunque anche una maggiore ambizione.
RIFORME, LISTA E IMPEGNI CHIARI
L’intervento nella pubblica amministrazione è uno degli interventi di riforma che l’Europa chiede all’Italia da anni. Oltre al digitale e alla sostenibilità, per vedersi garantiti i soldi europei i governi dovranno anche fare le riforme rispondenti alle raccomandazioni specifiche per Paese. La digitalizzazione del settore pubblico risponde ad una di queste raccomandazioni. Altra riforma che si attende da tempo quella della giustizia. Qui l’Italia utilizzerà il recovery fund (interventi per 3,7 miliardi) per riformare e digitalizzare i tribunali civili e penali, e ridurre la durata dei procedimenti giudiziari.
Ma l’intervento sostanzioso riguarda la riforma del mercato del lavoro (qui 26 miliardi di investimenti), su cui Bruxelles insiste praticamente da sempre. Ci si impegna ad aumentare l’offerta di servizi per l’infanzia, riformare la professione di insegnante, “migliorare le politiche attive del mercato del lavoro e la partecipazione delle donne e dei giovani al mercato del lavoro e rafforzare la formazione professionale, investire nel sistema di apprendistato”. Sulla carta dovrebbe funzionare, nella pratica bisognerà vedere se e quanto le imprese non finiranno per fare tesoro dei fondi europei e basta.
A Bruxelles ostentano sicurezza. Intanto, si legge nelle note di accompagnamento alla decisione di via libera, “nessuna delle misure del piano arrecherà danni significativi all’ambiente”. Inoltre i sistemi di controllo “proteggeranno da gravi irregolarità quali frodi, corruzione e doppi finanziamenti”, e comunque l’esborso dei fondi “è basato sui risultati e rifletterà i progressi sulle riforme e gli investimenti previsti dal piano”.
COMMISSIONE SODDISFATTA
Ma ci sono anche altre ragioni che hanno guidato la Commissione a dare il suo benestare al piano. Le misure contenute “hanno un impatto di lunga durata” e risultano dunque strutturali nella portata. In secondo luogo gli interventi di riforma “affrontano le sfide individuate nelle raccomandazioni specifiche per paese o in un sottoinsieme significativo di esse”. piani forniscono un adeguato meccanismo di controllo e verifica e stabiliscono la plausibilità delle informazioni sui costi.
Nel merito, “siamo contenti che meno di due mesi dopo la presentazione del piano siamo in grado di approvarlo”, confidano a Bruxelles. In commissione “pensiamo che sia un piano di elevata qualità”, che premia gli sforzi del governo Draghi. Secondo le stime dell’esecutivo comunitario, il piano dell’Italia “ha il potenziale per aumentare il PIL reale tra l’1,5% e il 2,5% entro il 2026“, e si tratta del solo programma di interventi nel solco del recovery fund. “Queste simulazioni non incorporano l’impatto delle riforme strutturali, che probabilmente forniranno un ulteriore impulso alla crescita a lungo termine”.
COSTI PLAUSIBILI E RAGIONEVOLI
Si è tanto discusso su voto finale dato ai costi del piano dell’Italia. Tra tante “A”, confermata la “B”, eppure a leggere la nota di accompagnamento della Commissione non viene da preoccuparsi. I costi stimati si ritengono “plausibili” e “ragionevoli”. La giustificazione fornita dall’Italia sull’importo dei costi totali stimati del piano di risanamento e resilienza “è in misura mediamente ragionevole, plausibile, in linea con il principio di efficienza dei costi ed è commisurata all’impatto economico e sociale nazionale atteso”. L’Italia ha fornito informazioni e prove “sufficienti” del fatto che l’importo del costo stimato delle riforme e degli investimenti del piano di ripresa e resilienza da finanziare nell’ambito dello strumento “non è coperto dai finanziamenti dell’Unione esistenti o previsti”, e questo “garantirebbe una valutazione di B secondo il criterio di valutazione” ai sensi del regolamento sul recovery fund.