Bruxelles – Se c’è un vero vincitore al primo turno delle elezioni amministrative in Francia, quello è l’astensionismo. Solo il 33,9 per cento degli aventi diritto al voto si è recato alle urne ieri (domenica 20 giugno) per eleggere i nuovi presidenti e consigli regionali e dipartimentali delle 13 regioni metropolitane e di 4 d’oltremare (Guyana, La Réunion, Martinica e Guadalupa). Vale a dire, un elettore su tre. Un nuovo record negativo, che il ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, ha definito “preoccupante”, in vista dei ballottaggi in programma domenica prossima (27 giugno).
Secondo quanto emerge dagli exit poll (che hanno ribaltato tutte le prevuisioni della vigilia), è la destra gollista di Les Républicains a essersi aggiudicata il primo turno delle elezioni regionali con il 27 per cento dei consensi, mentre i grandi sconfitti sono il presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, e la leader dell’estrema destra, Marine Le Pen. Per il primo, l’11,2 per cento dei voti a livello generale conferma lo scarso radicamento sul territorio del suo partito, La République En Marche. Per la seconda, il secondo posto di Rassemblement National (19,3 per cento) è una battuta d’arresto in una tornata elettorale che avrebbe dovuto lanciarla verso le presidenziali del prossimo anno.
Tengono bene, invece, il Partito Socialista (17,6 per cento) e i Verdi (12,5). Jean-Luc Melenchon, leader della sinistra radicale La France Insoumise (4,2), ha chiesto subito l’intervento di una commissione d’inchiesta sui disservizi segnalati ai seggi, aperti in ritardo o chiusi in anticipo per carenza di schede o scrutatori, che potrebbero aver contribuito al 66 per cento di astensione al voto: “È ora di interrogarsi pubblicamente sulle cause delle tante cose che non hanno funzionato”, ha dichiarato ieri in serata. Anche il leader di Les Républicains, Christian Jacob, ha definito le inefficienze “indegne di una grande democrazia“.
I risultati
I candidati di centro-destra sono in netto vantaggio nella fascia nord e nell’Alvernia-Rodano-Alpi (la regione di Lione). Nell’Île-de-France (dove si trova la capitale Parigi) la presidente uscente, Valérie Pécresse, è al 35,9 per cento: media che si conferma tra il Grand Est (31,1), i Paesi della Loira (34,2) e la Normandia (36,8), mentre nella regione a sud-est è quasi un plebiscito per il presidente uscente, Laurent Wauquiez (43,79). Il 41,39 per cento del presidente dell’Alta Francia, Xavier Bertrand, offre un trampolino di lancio all’ex-sindaco di Saint-Quentin come possibile candidato del centro-destra alle presidenziali del 2022, aumentando le sue possibilità di emergere come terzo incomodo nella sfida – fin qui quasi scontata – tra Macron e Le Pen.
Sul fronte opposto, i candidati di centro-sinistra rompono l’egemonia del centro-destra nel nord in Bretagna (20,9 per cento) e si proiettano in pole position per la vittoria nella fascia sud-ovest/nord-est, dalla Nuova Aquitania (28,8) alla Borgogna-Franca Contea (26,5), passando per il Centro-Valle della Loira (24,8). Da segnalare il primo posto dei Verdi in Occitania con il 39,57 per cento dei voti, anche grazie al sostegno della coalizione con la sinistra (a rinsaldare la posizione di forza nel sud-ovest). In Corsica è avanti l’autonomista Gilles Simeoni (29,1), così come in Guyana Rodolphe Alexandre, mentre il centro-destra si gioca l’isola di La Réunion (31 per cento).
Per il secondo turno, tutti gli occhi sono però puntati sulla Provenza-Alpi-Costa Azzurra, l’unica regione dove un candidato di estrema destra ha chance effettive di conquistare la presidenza. In un testa a testa dall’esito incerto, il lepenista Thierry Mariani e il presidente uscente gollista, Renaud Muselier, si contendono una regione che ha ormai assunto un significato simbolico. Le Pen, dopo aver riconosciuto il risultato generale deludente, ha invitato i suoi elettori a mobilitarsi per una “riscossa al secondo turno”, che coinvolge direttamente la regione dove Rassemblement National ha le maggiori possibilità di successo. Dall’altra parte, gli animi si sono accesi questa mattina, con l’inizio delle trattative tra gruppi politici in vista del ballottaggio: il capolista dei Verdi, Jean-Laurent Felizia, non sembra essere intenzionato a ritirarsi, nonostante l’ultimatum del suo stesso partito e dei socialisti che l’hanno sostenuto al primo turno. Se non contribuirà a fare da sbarramento contro Mariani, sostenendo Muselier, rischierà l’espulsione dai Verdi.
In ultima analisi, la sconfitta di Macron è misurabile con un solo candidato di La République En Marche (Denis Thuriot, Borgogna-Franca Contea) oltre la soglia del 10 per cento. Nonostante non si aspettasse di conquistare nessuna delle regioni in palio, il presidente sperava comunque di poter pesare di più al secondo turno, facendo convergere i voti dei suoi candidati e negoziando con gli avversari di Le Pen regione per regione. Ma il tentativo di nazionalizzare questa tornata amministrativa attraverso i suoi interventi personali in campagna elettorale si è rivelata una strategia inefficace e può diventare una zavorra pericolosa per le prospettive di rielezione all’Eliseo di Macron.