La politica di innovazione, fondamentale per lo sviluppo socio-economico europeo, tocca numerosi aspetti, dall’ambiente, al digitale, al lavoro. L’Unione europea cerca, laddove possibile, di unificare gli sforzi in tal senso, per sfruttare il potenziale del suo mercato unico.
L’innovazione in Europa
La politica di innovazione e ricerca è una delle più importanti iniziative europee. Basata su una stretta collaborazione tra le istituzioni di Bruxelles e i singoli Stati membri, si pone come scopo generale quello di trasformare i risultati della ricerca scientifica in servizi e prodotti per il cittadino. Oltre a migliorare la qualità della vita di quest’ultimo, tale processo serve all’UE per rimanere competitiva e ai vertici del mercato globale.
Obiettivi così ampi e ambiziosi rendono la politica di innovazione trasversale. Ricerca e sviluppo infatti toccano di fatto tutte e sei le priorità della Commissione von der Leyen, come indicato dal piano strategico della Direzione generale per la ricerca e l’innovazione (DG RTD). Tuttavia, le implicazioni principali riguardano le prime tre priorità:
- Il Green Deal europeo: la ricerca in quest’ambito riguarda soluzioni tecnologiche e innovative per supportare le politiche climatiche della Commissione. La collaborazione tra il pubblico e il privato verrà rafforzata per incentivare la ricerca verde.
- Un’Europa pronta per l’era digitale: lo sviluppo di nuove tecnologie e il supporto per la transizione digitale saranno fondamentali negli anni a venire.
- Un’economia al servizio delle persone: maggiori e più efficaci investimenti in ricerca e sviluppo implicano un generale miglioramento della crescita economica e la creazione di nuovi posti di lavoro.
A queste priorità, si aggiunge il ruolo che un’efficace politica di innovazione può avere nel promuovere il rilancio economico europeo a seguito della pandemia da Covid-19.
L’Unione europea ha da anni sviluppato un indice per misurare lo stato dell’innovazione dei propri Stati membri, lo European innovation scoreboard. L’indice si basa su una serie di indicatori statistici raccolti ogni anno. Questi considerano le condizioni di partenza di ogni Paese (ovvero i fattori che ne possono favorire la politica di innovazione), gli investimenti pubblici e privati, le attività di innovazione da parte delle imprese e del settore pubblico, e gli impatti che le attività di innovazione hanno sul lavoro e sulla produzione.
L’edizione 2020 dello scoreboard ha rilevato una performance generalmente positiva a livello di Unione europea, con un incremento del 9% rispetto al 2012, nonostante gli effetti negativi della pandemia. L’UE ha ottenuto un punteggio superiore agli Stati Uniti, ma rimane dietro a Paesi come il Giappone, l’Australia, il Canada e la Corea del Sud. L’Italia risulta invece al di sotto della media europea ed è classificata come “innovatore moderato”.
Gli strumenti UE della politica di innovazione
Le istituzioni statali ed europee hanno a disposizione una serie di strumenti per favorire l’innovazione – sia pubblica che privata. I principali includono sussidi per le imprese, collaborazioni tra pubblico e privati, bandi e appalti, incentivi sulle tasse per le imprese innovative e prestiti a fondo perduto.
Il budget, la logica per l’uso e i destinatari di tali strumenti sono definiti, a livello UE, dalle varie strategie proposte dalla Commissione e formalizzate nel Quadro finanziario pluriennale (QFP, noto come MFF dall’acronimo inglese). Il QFP è in sostanza il bilancio dell’Unione europea, che copre un periodo di sette anni ed è frutto di mesi, se non anni, di compromessi politici.
Il risultato di tali negoziati, semplificando, è una serie di programmi, ciascuno con un proprio budget, con una componente di ricerca e sviluppo. I principali sono riassunti nella seguente tabella:
(Approfondimento a cura dei colleghi de Lo Spiegone. Vai sul loro sito per leggere tutto il testo)