Fonti comunitarie qualificate hanno chiarito ieri, il 10 giugno a Bruxelles i termini entro cui si sta svolgendo la discussione fra il governo italiano e la Commissione europea sulle modalità di attuazione della direttiva Sup, che dal 3 luglio prossimo metterà al bando una serie di prodotti in plastica usa e getta (“single use plastics”), per ridurre drasticamente l’inquinamento che causano nei mari e negli oceani.
In Italia la controversia sulla direttiva Sup riguarda in particolare due punti: la mancata presa in conto, da parte dell’Ue, dell’alternativa rappresentata dalle bioplastiche o dalle plastiche biodegradabili e compostabili, rispetto alla plastica normale, nei prodotti usa e getta; e il mancato riconoscimento del carattere sostenibile dei bicchieri e piatti monouso di carta, ma ricoperti da un sottile strato di polimeri per renderli impermeabili a liquidi e grassi. Questi due punti meritavano in effetti di essere chiariti.
A Bruxelles appaiono fuori luogo invece, oltre che fuori tempo massimo, le polemiche contro la messa al bando di stoviglie e piatti e altri oggetti di plastica monouso. Il divieto di commercializzazione a partire dal 3 luglio prossimo era già stato deciso, ed era ben noto, da più di 2 anni. E stupisce che, nonostante questo tempo a disposizione per le riconversioni, i produttori italiani si ritrovino
oggi impreparati, e con i lavoratori del settore esposti al rischio della perdita del posto.
Riguardo alle bioplastiche e plastiche biodegradabili le fonti della Commissione hanno precisato che il nuovo divieto di commercializzazione non riguarderà le borse sottili utilizzate per la spesa e spesso anche per il compostaggio dei rifiuti organici, ma solo i prodotti usa e getta elencati nella direttiva, che costituiscono gli oggetti più comuni fra i rifiuti di plastica in mare.
Secondo la Commissione non ci sono abbastanza evidenze scientifiche per concludere che le plastiche che sono biodegradabili a terra e a contatto con l’aria, lo siano anche, e in tempi brevi, quando sono immerse in acqua e su fondali marini.
Per questo, la direttiva non prevede differenze di trattamento fra gli oggetti monouso compresi nella lista e messi al bando, che siano fabbricati con plastiche normali o biodegradabili.
Questo aspetto potrà essere modificato durante la revisione della direttiva, prevista nel 2027, nel caso in cui emergessero nuove prove sulla rapida biodegradabilità delle bioplastiche anche in mare.
Quanto a bicchieri, coppe e contenitori alimentari fabbricati in carta ma con pellicola di plastica, la situazione è più complessa. Nella prima versione della direttiva proposta dalla Commissione, questi prodotti erano esclusi dal divieto, ma poi il negoziato con i co-legislatori (Parlamento europeo e Consiglio Ue) si è concluso con la cancellazione della deroga.
Tuttavia, la direttiva non mette al bando questi oggetti in modo immediato, come succede ad esempio per le forchette e i piatti di plastica. Produzione e consumo di contenitori alimentari, bicchieri e coppe di carta rivestiti in plastica dovranno invece essere oggetto di una riduzione progressiva, imposta da ciascuno Stato membro, nel periodo 2022-2026 (articolo 4 della direttiva).
Come vada calcolata la riduzione, a quanto dovrà ammontare e in base a quali parametri, non è precisato nella direttiva, ma sarà specificato in un atto d’esecuzione (“implementing act”) che la Commissione emetterà prossimamente, dopo aver consultato gli Stati membri. E’ in questa sede che si sta svolgendo effettivamente il negoziato fra Roma e Bruxelles. L’Italia spinge affinché il calcolo della riduzione sia effettuato non sulla quantità dei prodotti messi sul mercato, ma sulla quantità di plastica in essi contenuta.
In pratica, la riduzione sarebbe valida anche se non diminuisse la produzione di questi contenitori, ma venisse assottigliato sostanzialmente il loro strato di rivestimento in plastica (che
oggi è attorno al 5-10 per cento, in peso, del prodotto finale).
Il negoziato, tuttavia, non è ancora concluso, e non è scontato che l’Italia non si ritrovi contro diversi altri Stati membri più “ambientalisti”, o meno interessati economicamente a questa soluzione, che rimane comunque temporanea. La Commissione, comunque, ha molto potere negli atti d’esecuzione, e il suo sostegno peserebbe molto di più dell’eventuale contrarietà di qualche paese.