Bruxelles – “Torna in cucina”, “Taci, non sai di cosa parli”, ma anche insulti, minacce di botte e di morte. La misura è colma per la misoginia e gli abusi online e offline, anche e soprattutto in una società che reputiamo avanzata come quella europea. Se la cosa non fosse già grave di per sé, questa violenza psicologica ha un’altra conseguenza grave e meno immediata nell’immaginario collettivo: la dissuasione dal partecipare alla vita pubblica e, di rimando, la sottorappresentazione femminile nei processi decisionali.
Per portare attenzione su questo fenomeno troppo spesso trascurato, il Parlamento Europeo ha discusso ieri sera (mercoledì 9 giugno) in plenaria la situazione nell’Unione e le modalità per contrastare la violenza di genere che dal mondo digitale si riversa in varie forme nella vita fisica, anche in politica. Se n’è dibattuto in un’Aula che, come sottolineato dalla commissaria per l’Uguaglianza, Helena Dalli, mostra “percentuali incoraggianti, con il 40 per cento di eurodeputate sul totale”. Tuttavia, se “l’uso degli strumenti digitali ha permesso una maggiore possibilità di accesso femminile alla politica”, è altrettanto vero che “è aumentata l’esposizione alle molestie“.
Per capire la portata del problema, bastano i dati riportati dalla commissaria Dalli: “Il 52 per cento delle giovani donne europee ha sperimentato una qualunque forma di violenza o molestia sessuale online”. Questa cifra sale nel caso delle donne che partecipano alla cosa pubblica: “L’85 per cento delle parlamentari ha subito violenza psicologica, di cui la metà addirittura minacce sessuali o di morte”. Oltre ad essere uno specchio inquietante per una società del ventunesimo secolo, questo problema mostra un chiaro disegno: “Prendere di mira una donna per dissuaderla dal candidarsi alle elezioni, oppure per porre fine prematuramente alla sua carriera”.
Questa forma di violenza di genere è stata definita una “violazione dei diritti umani” dalla sottosegretaria di Stato portoghese per gli Affari europei, Ana Paula Zacarias, a nome della presidenza di turno del Consiglio dell’UE. Questo perché “molestie e bullismo online sono intimidazioni per togliere loro potere in modo brutale”. Zacarias ha sottolineato anche che “la violenza che si perpetua nei confronti delle donne ha origine nella disuguaglianza di genere” e che “l’intenzione degli autori di questi crimini è proprio continuare a privarci di credibilità”.
Si tratta di un vero e proprio “affronto alla democrazia”. Il compito delle istituzioni nazionali ed europee è quello di “togliere tutti gli ostacoli alla partecipazione femminile” e la sottosegretaria di Stato portoghese ha confermato che “Consiglio e Parlamento sono alleati nella lotta alla disuguaglianza”. Ancora di più in questo momento di ricostruzione post-pandemia “è necessaria la presenza femminile in politica, nei media, nello sport e nella scienza, che risponda alle esigenze di genere”.
Sono state voci uniche di condanna, ma determinate a reagire, quelle che si sono levate dai banchi dell’Eurocamera. “La commissaria Dalli ci ha fornito cifre inquietanti”, ha confermato la vicepresidente del gruppo del PPE, Frances Fitzgerald. “Con lo sviluppo del mondo digitale i casi si sono moltiplicati” e per questo serve un lavoro che contempli “maggiori azioni legislative”. Stessa richiesta che è arrivata dalle fila dei Verdi/ALE: “La Commissione deve avanzare una proposta nell’ambito della violenza di genere online“, ha incalzato Sylwia Spurek. Quello digitale sta diventando ormai uno spazio di dibattito tossico, dal momento in cui “le donne hanno paura che le minacce online si trasformino in realtà”.
Ma fare un discorso sulla violenza di genere senza prendere in considerazione gli autori avrebbe poco senso. “La maggior parte di questi abusi viene commessa da uomini ed è qualcosa di vergognoso”, ha ricordato Robert Biedroń (S&D). L’europarlamentare polacco ha lanciato un appello a tutti i colleghi e i cittadini europei perché “sostengano lo sforzo di porre fine a questa piaga”. Con un ultimo attacco: “È un’onta che nel 2021 non ci sia una legge a riguardo“. Anche per Catherine Griset (ID) “le minacce virtuali possono distruggere vite e dobbiamo essere tutti sensibilizzati a prescindere dal colore politico”.
Secondo Eugenia Rodríguez Palop (La Sinistra), “senza pari opportunità aumenta automaticamente la violenza”, perché “troppi uomini vogliono convincerci in tutti i modi che la politica è una cosa maschile“. Anche perché “dietro uno schermo è facile proiettare la frustrazione contro il rafforzamento della posizione delle donne in politica”, ha sottolineato Samira Rafaela (Renew Europe). Ma questo non dovrebbe scoraggiare la partecipazione femminile: “Lancio un appello a tutte le donne ambiziose, raggiungeteci in politica“. Per Assita Kanko (ECR) “si deve creare un contesto sicuro per la prossima generazione, senza cadere nella censura”.
Anche dalle eurodeputate italiane è arrivato un messaggio chiaro. A partire da Alessandra Moretti (S&D), europarlamentare in quota PD minacciata sui social poche settimane fa di essere sfregiata con l’acido: “Io so di avere la legge e gli strumenti per rispondere, ma sono tante le donne che non li conoscono, si sentono sole e hanno paura di difendersi”. Sono queste le ragioni che impongono “un’azione immediata per contrastare gli abusi online e acquisire le informazioni sugli autori”, che coinvolga anche le piattaforme online: “Se non collaborano, diventano complici e se ne assumono la responsabilità”, ha rincarato Moretti. Le ha fatto eco la collega di partito Pina Picierno: “Dobbiamo imporre trasparenza agli operatori sul web, per definire il perimetro dei discorsi d’odio“. Questi sono “un crimine, non un opinione”, che richiede una risposta “urgente” dell’UE per perseguirli.
Rispondendo alle eurodeputate e agli eurodeputati, la commissaria Dalli ha infine ripreso la parola, assicurando che “entro la fine dell’anno presenteremo la nostra proposta legislativa per lottare contro la violenza basata sul genere online e offline”. Un quadro che “coinvolgerà anche le piattaforme digitali“, perché valutino “se hanno impatti negativi sui diritti fondamentali e se sono un vettore per le discriminazioni”. La disinformazione, che “è pensata per minare la credibilità delle donne in politica”, viene poi ripresa per gli attacchi su Internet. In un cortocircuito che porta anche le società potenzialmente più avanzate nel buco nero del “Taci, non sai di cosa parli”.