Bruxelles – L’accordo politico sul certificato digitale dell’UE è sintomo che quando c’è la volontà politica Parlamento, Consiglio e Commissione possono “trovare soluzioni efficaci per i cittadini europei”. Lo ricorda il commissario europeo per la Giustizia, Didier Reyender, in un intervento in plenaria di fronte all’Europarlamento tornato a Strasburgo per la sessione del 7-10 giugno. Gli eurodeputati voteranno in serata in via definitiva sul Certificato europeo digitale COVID (con risultati domani, 9 giugno), per facilitare i viaggi in UE durante la pandemia e contribuire alla ripresa economica.
L’approvazione è scontata, dopo l’accordo politico raggiunto con i negoziatori degli Stati membri: gli eurodeputati se pure non pienamente soddisfatti di alcuni dettagli, rimangono convinti che il pass sia lo strumento necessario per ripristinare ciò di cui la pandemia – ma soprattutto gli Stati membri – hanno privato i cittadini europei: la libera circolazione dentro lo spazio Schengen. Il “voto di oggi è una pietra miliare, e insieme agli Stati membri stiamo lavorando giorno e notte per rendere operativo lo strumento” dal punto di vista tecnico, ha rassicurato il commissario europeo.
Il regolamento che istituisce il Certificato dovrebbe essere in vigore dal primo luglio, ma l’introduzione negli Stati è già iniziata con il collegamento al Gateway dei primi sette Stati UE – Bulgaria, Cechia, Danimarca, Germania, Grecia, Croazia e Polonia – che hanno emesso i primi certificati. Secondo il commissario, almeno un milione di cittadini hanno già ricevuto il pass emesso dal proprio Paese. “Più certificati saranno emessi prima del primo luglio, più sarà agevole la connessione per tutti”, ha spiegato Reyenders.
Il punto è chiaro: c’è un rischio di “sovraffollamento” di emissioni di certificati al primo luglio, se tutti gli Stati membri si concentreranno in quella data. Dunque la Commissione esorta gli Stati a sfruttare questo tempo rimasto per iniziare da subito ed evitare un sovraccarico del sistema. 22 Stati membri, Italia compresa, hanno già superato con successo la sperimentazione, quindi si attende solo che inizino a emettere certificati.
Bruxelles è attualmente in contatto con i Paesi terzi per capire se c’è la possibilità di rendere il certificato interoperabile non solo all’interno dell’UE ma anche con Paesi extra UE. Inoltre, rimangono alcuni dettagli tecnici sul pass su cui servirà un accordo tra gli Stati: ovvero un approccio coordinato su come applicarlo, se sfruttarlo anche per entrare agli eventi, ai musei, ai concerti etc. Di fatto è una decisione che spetta agli Stati, ma l’Esecutivo europeo chiede un accordo coordinato, che secondo Reynders potrebbe arrivare “già nei prossimi giorni”.
Dal punto di vista dell’Europarlamento è fondamentale “restituire la libertà” ai cittadini europei. Il “Certificato cerca di risolvere uno dei grandi problemi che ha causato la pandemia, si tratta di fare tutto il possibile per ripristinare uno dei beni più preziosi dell’UE: la libertà di circolazione”, ha ricordato il presidente della commissione per le Libertà Civili (LIBE), Juan Fernando Lopez Aguilar, che si è occupato del dossier per conto dell’Europarlamento. “I cittadini europei vogliono disperatamente riconquistare la loro libertà”, gli fa eco anche l’eurodeputata Sophia In ‘T Veld, responsabile per il gruppo Renew Europe. La quale non manca di sottolineare che a mettere alla prova la circolazione dell’area Schengen non è stata tanto la pandemia, quanto l’attaccamento degli Stati alle loro frontiere. E’ “il mosaico delle normative nazionali” a metterlo alla prova, gli Stati – aggiunge – “non usano neanche gli stessi criteri di colori per indicare la situazione epidemiologica”.
Quella delle restrizioni ai confini rimane una delle questioni su cui l’Europarlamento ha chiesto di più, ma ha ricevuto di meno. Nell’accordo di maggio gli Stati acconsentono in linea di massima a non sottoporre a restrizioni (test covid, quarantene, isolamento) a chi è già vaccinato e in possesso del pass. In realtà, hanno la possibilità di farlo semplicemente notificando alla Commissione e giustificando il perché di tale decisione, che deve essere proporzionata e non discriminatoria.
Anche il fatto di non aver “strappato” agli Stati i tamponi gratuiti per tutti rimane un tasto dolente per l’Emiciclo, anche se la Commissione si è resa disponibile a mobilitare ulteriori 100milioni di euro per finanziare i test da usare negli Stati membri. Nonostante questo l’Aula è per la maggior parte soddisfatta di essere riuscita in tempi record (la proposta della Commissione è del 17 marzo) ad approvare il pass per l’estate. “Il Certificato è un ulteriore passo in avanti verso il ritorno alla normalità”, ha ricordato l’eurodeputata dem Simona Bonafè (S&D). “Uno strumento semplice che per garantire uno dei pilastri dell’Unione, la libertà di circolazione delle persone, messo a dura prova in questi mesi di pandemia, fissa delle regole uguali per tutti”.
Concorde nel dibattito anche Nicola Danti, unico deputato di Italia Viva all’Europarlamento. Se pure “con molti limiti”, il Certificato “permette di ripristinare la circolazione e libertà di movimento”, afferma durante il dibattito in plenaria. L’Europa si prepara a una stagione estiva che sarà di sicuro diversa da quella passata, non solo per il pass ma anche perché l’UE è sulla buona strada con i vaccini. Ieri, 7 giugno, c’erano 90 milioni di europei vaccinati con doppia dose, circa un quarto della popolazione del Continente. “Adesso i cittadini stanno decidendo dove passeranno le vacanze: non possiamo permetterci di perdere un’altra stagione estiva e il Certificato Covid-19 Ue sarà realtà quanto prima”, ricorda Simona Baldassarre, europarlamentare della Lega e membro del gruppo Identità e Democrazia. “Il turismo e la mobilità sono strategici per le economie dei nostri paesi. Questo è un primo passo verso un progressivo ritorno alla normalità”.