Bruxelles – Il Gruppo dei Sette è sempre più vicino a un accordo per una tassazione minima globale delle multinazionali. Dopo l’intesa tra i ministri delle Finanze del G7 durante il vertice ministeriale del 4-5 giugno, la palla passa ai leader di Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia e Giappone, che si incontreranno a Carbis Bay (Cornovaglia) tra venerdì e domenica (11-13 giugno). In vista di un patto storico a livello economico e mondiale, sorgono però i primi dubbi su quanto è stato ampiamente celebrato, anche dal presidente del Consiglio Mario Draghi, come un “passo storico”.
“Sosteniamo con forza gli sforzi in corso attraverso il quadro inclusivo G20/OCSE [Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ndr] per affrontare le sfide fiscali derivanti dalla globalizzazione e dalla digitalizzazione dell’economia” e per “adottare una tassa minima globale”, si legge nelle comunicato dei ministri del G7. Se l’aliquota minima è stata fissata al 15 per cento (comunque al di sotto delle aspettative del Parlamento Europeo), è “l’equa soluzione sull’assegnazione dei diritti di tassazione” a destare le maggiori perplessità. I diritti di tassazione di ogni Paese saranno su “almeno il 20 per cento del profitto che supera un margine del 10 per cento per le imprese multinazionali più grandi e redditizie”.
Come fatto notare da Paul Monaghan, co-fondatore della Fair Tax Foundation (una delle principali organizzazioni no-profit indipendenti che si occupa di politica fiscale), citato da The Guardian, secondo questi parametri un colosso come Amazon potrebbe non essere toccato dalla decisione del G7. Nonostante le vendite pari a 386 miliardi di dollari nel 2020, il margine di profitto dell’azienda fondata da Jeff Bezos è stato del 6,3 per cento, sotto la soglia del 10 per cento indicata dai ministri delle Finanze del Gruppo dei Sette.
È evidente che l’intesa cerca di mettere i primi paletti alle Big Tech come Apple, Microsoft, Google e Facebook, perché paghino una percentuale sui loro profitti nei mercati in cui realizzano grandi guadagni nonostante una presenza fisica minima. Tuttavia, nell’ottica di puntare alle “imprese multinazionali più grandi e redditizie”, lasciare fuori un gigante come Amazon da un accordo che si prefigge l’obiettivo di affrontare le “sfide fiscali derivanti dalla globalizzazione” sembra una contraddizione in termini.
C’è tempo per limare questi passaggi-chiave e un momento decisivo sarà proprio il summit nel Regno Unito di questo fine settimana. Una volta che i leader del G7 avranno sancito l’intesa ufficiale, l’ultima parola spetterà al vertice ministeriale delle Finanze del prossimo luglio. Anche grazie al rinnovato impegno dell’amministrazione statunitense del democratico Joe Biden (che proprio dalla riunione del G7 inizierà il suo tour europeo), la strada sembra tracciata verso un nuovo ordine economico mondiale. Ma a Carbis Bay sarà meglio non dimenticare che, come il diavolo, anche il profitto è nei dettagli.
“A Londra abbiamo compiuto un grande passo verso un accordo globale senza precedenti sulla riforma della tassazione delle imprese” ha comunque commentato il commissario UE all’Economia Paolo Gentiloni secondo il quale “è stato un incontro molto positivo che ci ha permesso di costruire ponti su questioni cruciali”. Secondo l’italiano “le possibilità di un accordo globale sono notevolmente aumentate. Ora dobbiamo fare l’ultimo miglio per espandere questo consenso ai membri del G20 e a tutti i paesi coinvolti nel quadro inclusivo dell’Ocse. La Commissione contribuirà attivamente a queste discussioni multilaterali per garantire il raggiungimento di un accordo ambizioso a luglio”.