Di Uski Audino
Le elezioni nel Land orientale della Sassonia-Anhalt, a meno di quattro mesi dal voto per il rinnovo del Bundestag del 26 settembre, sono qualcosa in più di un ultimo test regionale: sono delle prove generali almeno su due fronti. Al netto del carattere regionale delle consultazioni, l’esito del voto darà delle indicazioni sulla capacità di attrazione dell’Unione cristiano-democratica (CDU) come Volkspartei. Verrà poi gettata luce sulla grande incognita delle elezioni di settembre: il consenso del partito di ultra-destra Alternative für Deutschland (AfD) nei sei Länder orientali.
Nel dibattito pubblico delle ultime settimane in Germania, ancora una volta, lo sguardo si è concentrato sul radicamento della destra a Est più che a Ovest. Nei Länder occidentali, il 3% della popolazione mostra “una forma mentis dichiaratamente di estrema destra”, secondo uno studio condotto nel 2020 dell’Università di Lipsia. Negli Stati dell’Est, il dato balza al 9,5% . A gettare sale sulla ferita, legando la questione della destra nei Länder orientali alla distanza mai del tutto colmata tra le due “Germanie”, è stato nei giorni scorsi il sottosegretario all’Economia con delega all’Est, Marco Wanderwitz. Deputato della CDU al Bundestag, Wanderwitz ha sostenuto che “solo una piccola parte degli elettori di AfD sono recuperabili”, perché “abbiamo a che fare con persone che si sono formate durante la dittatura e che anche dopo trent’anni non sono arrivati alla democrazia”. Per contare su un vero cambiamento, bisogna aspettare le nuove generazioni, ha aggiunto. Queste dichiarazioni hanno sollevato una valanga di critiche da tutti i ministri-presidenti dei Länder orientali, e in particolare nelle fila della CDU. Alzare bandiera bianca a pochi giorni dalle elezioni in Sassonia-Anhalt e stigmatizzare il voto all’Est è sembrato a molti una pessima mossa elettorale. “Non posso condividere le affermazioni generiche e grossolane del delegato del governo per l’Est”, ha dichiarato il capogruppo della CDU in Sassonia-Anhalt, Sven Schukze, al quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung. Addirittura la cancelliera Angela Merkel, che di solito si tiene a distanza da polemiche di piccolo cabotaggio, è intervenuta per affermare che “non si rassegnerà mai, che questo sia semplicemente un dato di fatto”, e “che in democrazia ogni voto conta”.
Tuttavia, è innegabile che la questione destra si ponga all’Est più che altrove e che questa sia una presenza problematica, per le dimensioni che ha assunto, soprattutto per il partito conservatore. Anche perché, in Sassonia-Anhalt, AfD è finita sotto osservazione dei servizi interni del BfV. Indicativa, in questo senso, è la sottolineatura arrivata dal presidente della CDU Armin Laschet nel talk-show televisivo della giornalista Sandra Maischberger, appena qualche giorno fa. Secondo il presidente della Cdu, candidato cancelliere del proprio partito e dell’Unione cristiano-sociale (CSU), la questione della destra in Germania e in Sassonia-Anhalt è un problema di tutti i partiti. Per tale motivo, il problema non deve essere inteso come una faccenda che coinvolge in primis la CDU. “Se l’AfD in un Landtag tedesco (parlamento regionale) arrivasse al primo posto sarebbe un problema per la democrazia in Germania”, ha evidenziato Laschet. La dichiarazione suona però piuttosto come una difesa anticipata del presidente dei cristiano-democratici dall’interpretare la possibile avanzata dell’AfD come un segno di debolezza del suo partito e della sua leadership. Tuttavia, su un punto Laschet è stato chiaro, ancora una volta: “Con l’Afd non ci formeremo una coalizione e non collaboreremo”.
Rechts Abgrenzung ossia demarcazione a destra
Se l’AfD incalza i cristiano-democratici a destra, a sinistra i socialdemocratici tendono a spingere e a sottolineare la continuità della CDU con le sue anime più ultra-conservatrici e vicine alla destra. Si tratta della polemica scoppiata nelle ultime settimane sulla Werte Union, associazione indipendente del partito conservatore ma considerata da sempre vicina alla CDU e ora guidata da Max Otte. Simpatizzante di AfD, già presidente del Desiderius-Erasmus Stiftung, Otte è anche attivista di Querdenken, ossia Pensiero laterale, il movimento dei negazionisti della pandemia di Covid-19 in Germania. “Mi aspetto da Laschet una chiara dichiarazione sul fatto che quelli che nella Werte Union stringono le mani a AfD vengano buttati fuori dall’Unione” ha detto Lars Klingbeil, segretario generale del Partito socialdemocratico tedesco (SPD). Il presidente della CDU ha replicato rimarcando l’assoluta indipendenza della Werte Union dal suo partito e mostrando assoluta indifferenza per quanto sostenuto da “quelle truppe”.
Sassonia-Anhalt: coabitazione forzata
Se questo è lo scenario generale, in Sassonia-Anhalt la sintesi di governo finora è stata raggiunta con alterne vicende da Rainer Haseloff, il ministro-presidente uscente della CDU. “Quello giusto in tempi difficili”, come suggerisce lo slogan elettorale che ha fatto da sfondo alla sua campagna elettorale. E di tempi difficili l’alleanza di governo in Sachsen-Anhalt ne ha visti parecchi negli ultimi tempi. La cosiddetta coalizione Kenia, dai colori della bandiera del Paese africano che richiamano quelli dei partiti tedeschi – CDU (nero), SPD (rosso) e Verdi (verde) – è nata nel 2016 con una missione di fondo: fare da baluardo contro l’AfD (Bollwerk gegen AfD). Un matrimonio di interessi senza alternative, non di affinità. Dati i numeri raccolti quattro anni fa dai suoi avversari, con 21 deputati di AfD e 16 della Linke, alla CDU – che da sempre esclude di allearsi con le ali estreme dell’arco costituzionale – non rimanevano altre possibilità. Questa varietà di posizioni all’interno di una stessa coalizione ha sicuramente reso difficile la vita del governo di Magdeburgo. Come disse lo stesso Haseloff nel 2019: “Il divario tra i conservatori nella mia CDU e la sinistra dei Verdi è ampio come mai è accaduto prima in un governo tedesco”. In effetti, i litigi interni hanno portato più di una volta la coalizione al governo in Sassonia-Anhalt a sfiorare la crisi. Come quando scoppiò il caso di Robert Möritz, il politico comunale della CDU scoperto con un tatuaggio di inequivocabile simbologia nazista: un sole nero composto da 12 svastiche. Inoltre, Möritz risultò iscritto all’Uniter, un gruppo sotto osservazione del BfV per estremismo di destra. Dopo enormi pressioni da parte di SPD e Verdi, l’esponente della CDU fece un passo indietro, ma lo stigma sul partito in Sassonia-Anhalt rimase.
Più di recente, la lite del 2020 sull’aumento del canone televisivo ha prodotto onde talmente alte da arrivare anche a Berlino, rendendo necessario l’intervento dell’allora presidente della CDU, Annegret Kramp-Karrenbauer. La questione, come spesso in questi casi, era più di principio che di sostanza. Tuttavia, in questo caso, la sostanza era ben misera: 0,86 centesimi. Di tanto la tv pubblica chiedeva l’aumento. Mentre i parlamenti di 15 Länder avevano votato per l’aumento, la Sassonia-Anhalt era rimasta l’unico Stato a bloccare con il suo veto l’approvazione. Il governo del Land era favorevole, ma il gruppo parlamentare della CDU era contrario e voleva portare la questione al voto del Landtag. Una simile votazione avrebbe portato però alla crisi di governo. Perché? In caso di voto, la Cdu si sarebbe espressa per il “no”, insieme ad AfD. Una posizione inaccettabile per i colleghi di governo verdi e socialdemocratici, che avevano minacciato in quel caso di ritirarsi dall’esecutivo. Se la CDU avesse votato insieme al partito di ultra-destra al Landtag della Sassonia-Anhalt, la linea rossa sarebbe stata superata e il cosiddetto Brandmauer, il muro spartifuoco contro AfD, sarebbe crollato.
Nella già delicata situazione del momento, l’allora ministro degli Interni della Sassonia-Anhalt e capogruppo della CDU, Holger Stahlknecht, rilasciò un’intervista in cui alzava le spalle di fronte all’uscita di Verdi e SPD dal governo. Stahlknecht affermava che si poteva andare avanti con un esecutivo di minoranza. L’iniziativa, che avrebbe portato ad una coalizione de facto con tra CDU e AfD, fu considerata inaccettabile dal ministro-presidente Haseloff con il risultato che il responsabile degli Interni fu spinto alle dimissioni e si riuscì ad evitare il voto al Landtag. In questo modo, la crisi venne schivata all’ultimo secondo. Tuttavia, il baratro era stato evitato per poco.
Questo approfondimento fa parte della collaborazione di Eunews con Derrick, newsletter settimanale che indaga la Germania in vista delle elezioni del Bundestag di settembre 2021.