Bruxelles – Il governo Draghi non è sostenibile. Il piano dell’Italia per la ripresa è fatto di misure che “contengono o implicano un allentamento delle norme ambientali”, e per questo motivo “devono essere respinte” e i soldi del recovery fund non erogati. Il gruppo dei Verdi europei va all’attacco frontale di colui che l’Europa tutta ha accolto con entusiasmo per guidare un Paese che però adesso sembra non essere all’altezza delle aspettative. I Greens lo dicono in una loro analisi delle strategie nazionali sin qui presentate alla Commissione europea, a cui chiedono di bocciare i piani che non soddisfano gli impegni per la transizione verde, tra cui quello tricolore, in una lettera indirizzata alla presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, e ai commissari Paolo Gentiloni (Economia), Elisa Ferreira (Coesione), Frans Timmermans (Green Deal) e Valdis Dombrovskis (Economia al servizio delle persone).
La quinta forza del Parlamento europeo riserva un ampio spazio per gli esempi poco virtuosi dell’Italia, a cominciare dalla storia infinita dell’Ilva di Taranto. Per il polo siderurgico si intende realizzare un nuovo altoforno elettrico e un impianto a tecnologia DRI, oltre alla manutenzione di due altiforni a carbone. Il rilancio del sito pugliese è stato confermato anche dal ministro Giorgetti, ma c’è un problema. “Ad oggi l’acciaieria è priva di una valutazione di impatto ambientale e di una valutazione di impatto sulla salute, come previsto dalla direttiva 2014/52″. Si agisce in deroga alla norme, in sostanza.
Si bara, invece, sull’impegno per la mobilità pulita. I Verdi non contestano le intenzioni per il rinnovo del parco autobus e dei mezzi dei vigili del fuoco con veicoli di nuova generazione a basse emissioni. Ne contestano la fattibilità. L’Italia si impegna ad acquistare oltre 3.000 mezzi elettrici o a idrogeno. Ma sull’idrogeno i Verdi europei ritengono “improbabile“ che l’idrogeno rinnovabile raggiunga la maturità finanziaria entro il 2026, e quindi una transizione verso veicoli alimentati a idrogeno “richiederebbe idrogeno a base fossile, aumentando così le emissioni di CO2 rispetto a una transizione netta verso gli autobus elettrici“.
L’Italia rischia di barare anche per quanto riguarda l’ammodernamento della rete di distribuzione del teleriscaldamento nella Penisola. Qui per i Verdi “non vi è alcuna garanzia che l’investimento per ammodernare l’infrastruttura di cogenerazione soddisfi il criterio del sistema pilota avanzato o porti a un regime di temperatura più basso”, e quindi “non può essere etichettato come 100% rilevante per il clima“.Così come non può dirsi in linea con gli impegni di transizione sostenibile le misure per i beni immobili, data la “mancanza di dettagli e requisiti normativi per le ristrutturazioni edilizie in Italia”.
Ancora, si avverte l’esecutivo comunitario che è “molto probabile” un sovrapprezzo del supporto all’impianto fotovoltaico. In base all’obiettivo di investimento l’investimento ipotizza un costo di 3500 euro/kWh, “sei volte superiore al costo del fotovoltaico“, denunciano ancora i Verdi.
Alla luce di questi rilievi “il recovery plan italiano non è veramente equo e sostenibile“, denuncia la delegazione italiana del gruppo parlamentare, composta da Rosa D’Amato, Eleonora Evi, Ignazio Corrao e Piernicola Pedicini. I quattro chiedono perciò che “la Commissione vigili e intervenga”. Come Verdi, promettono, “continueremo a raccogliere segnalazioni e valutazioni sul Piano, e a denunciare scelte incoerenti e inefficienti nella distribuzione delle risorse, che compromettono il raggiungimento dei nostri obiettivi di sviluppo sostenibile, inclusivo ed equo”.