Bruxelles – A meno di quattro mesi dalle elezioni federali in Germania (26 settembre), tutti i tasselli del puzzle sono al loro posto: i sei maggiori partiti tedeschi – CDU/CSU, Verdi, SPD, FDP, Die Linke e AfD – hanno scelto i rispettivi candidati alla cancelleria e ora si entra nel vivo della campagna elettorale. Quella tedesca è un’estate che si preannuncia caldissima sul fronte politico, con l’obiettivo che si avvicina ogni giorno sempre di più: la successione alla carica ricoperta da Angela Merkel per 16 anni ininterrottamente. Ecco, allora, tutti i leader dei partiti che si daranno battaglia nel primo anno di era post-Merkel.
Armin Laschet (CDU/CSU)
È il presidente dell’Unione Cristiano-Democratica e ministro presidente della Renania Settentrionale-Vestfalia. Armin Laschet è stato scelto come candidato del blocco centrista-conservatore lo scorso 19 aprile, dopo un testa a testa avvincente con lo sfidante Markus Söder, leader del partito gemello bavarese dell’Unione Cristiano-Sociale. Naturale successore della cancelliera Merkel per idee politiche e per stile di mediazione, Laschet si trova ad affrontare uno dei periodi più complessi della storia recente della CDU/CSU, con l’handicap di un elettorato che lo considera privo di personalità e un partito non completamente convinto che sia il candidato migliore.
Annalena Baerbock (Verdi)
Ha il vento in poppa la candidata ecologista, dopo che i sondaggi elettorali hanno dato i Verdi come primo partito in Germania (mai successo nella storia). La nuova forza che spinge Annalena Baerbock è il progressivo slittamento verso il centro sui temi di sicurezza e politica estera, ma anche l’avvicinamento alla potenza statunitense guidata dal presidente democratico, Joe Biden: in prospettiva, si parla di un Green Deal transatlantico e di una crescente opposizione al progetto del gasdotto Nord Stream 2 dalla Russia alla Germania. Co-presidente dei Verdi dal 2018, Baerbock sta acquistando sempre più consenso tra i centristi scettici nei confronti della candidatura della CDU. I suoi detrattori le rinfacciano invece una sostanziale mancanza di esperienza di governo.
Olaf Scholz (SPD)
Confermato candidato cancelliere dal congresso del Partito Socialdemocratico lo scorso 9 maggio, l’attuale ministro delle Finanze e vice-cancelliere del gabinetto Merkel sta puntando tutte le sue fiches sull’esperienza di uomo di governo (già ministro federale del Lavoro dal 2007 al 2009 e sindaco di Amburgo dal 2011 al 2018). Olaf Scholz sa di dover battere la concorrenza diretta della leader dei Verdi, anche da un punto di vista personale: i due si confronteranno nel collegio elettorale di Potsdam, in quanto scelti dai rispettivi partiti come Spitzenkandidaten (“candidati-guida”) nel Land del Brandeburgo. Tra SPD e Verdi c’è competizione anche sui temi dell’energia rinnovabile, della giustizia sociale e fiscale e del confronto con la nuova amministrazione degli Stati Uniti. Ma è tutta in salita la strada per Scholz: i sondaggi danno i socialdemocratici stabili al 15 per cento, sotto di 8/10 punti percentuali rispetto ai Verdi.
Christian Lindner (FDP)
Il presidente federale del Partito Liberale Democratico ha nel mirino un risultato storico per il suo partito: conquistare il 15 per cento dei consensi, uguagliando il miglior risultato di sempre dell’FDP (14,6 per cento delle elezioni del 2009) e riportarlo al governo dopo 8 anni di astinenza. Christian Lindner sa di non aver quasi possibilità di conquistare la cancelleria, ma anche dalle prestazioni elettorali del partito liberale dipenderanno le future alleanze: la preferenza è di unirsi a una coalizione guidata dalla CDU/CSU, ma attenzione a un’eventuale balzo a livello federale dell’esperimento della “coalizione semaforo” con Verdi ed SPD (già in atto nel Landtag della Renania-Palatinato), se il blocco conservatore dovesse crollare.
Janine Wissler e Dietmar Bartsch (Die Linke)
La sinistra di Die Linke ha scelto una guida bicefala per provare a non lasciare per strada nemmeno un voto di un bacino elettorale già magro (i sondaggi lo danno costantemente sotto la doppia cifra). Dietmar Bartsch è un politico pragmatico, cresciuto politicamente nella Germania dell’Est e capogruppo del suo partito al Bundestag dal 2015. Janine Wissler rappresenta invece l’ala più radicale di Die Linke: politica 39enne nata nella Germania Ovest, è co-presidente del partito da febbraio di quest’anno e sta spingendo su posizioni intransigenti in materia di politica estera, dalla fine immediata delle missioni militari al divieto di esportazioni di armi. L’obiettivo è quello ritrovare lo spunto che li ha portati in maggioranza nei Länder (Stati federali) di Berlino, Brema e Turingia.
Alice Weidel e Tino Chrupalla (AfD)
Sul campo diametralmente opposto, anche l’estrema destra di Alternative für Deutschland ha scelto una doppia guida per provare a bissare il clamoroso exploit delle elezioni del 2017 (12 per cento). Un risultato alla portata della coppia Tino Chrupalla e Alice Weidel, anche se sembra essersi esaurita la spinta propulsiva che aveva portato a una crescita di sette punti percentuali in soli quattro anni. Chrupalla, co-presidente di AfD dal 2019, e Weidel, capogruppo al Bundestag dal 2017, sono stati eletti con il 71 per cento dei voti dal congresso del partito: un risultato che relegato in netta minoranza le posizioni più moderate di Alternative für Deutschland – incentrate sull’euroscetticismo – e che ha messo in chiaro la linea dura anti-immigrazione come primo punto programmatico. L’AfD non ha comunque alcuna possibilità di essere coinvolta in una coalizione dopo le elezioni federali di settembre, dal momento in cui tutto l’arco parlamentare è unito contro il partito di estrema destra.