Bruxelles – Riforma della Politica agricola comune: è arrivato il momento della verità. Il prossimo trilogo politico che si terrà tra il 25 e 27 maggio, dovrebbe essere quello decisivo per chiudere il compromesso finale, per fare entrare in vigore le nuove regole a partire dal primo gennaio 2023. “Un accordo è vicino”, sostiene la Commissione europea, mentre diverse ONG ambientaliste già stimano che il progetto di compromesso sulla politica agricola comune (PAC) ” non corrisponde a quanto necessario ” in termini di protezione del clima e biodiversità, sicurezza alimentare e lotta all’inquinamento”. Insomma, non si allinea quanto dovrebbe ai principi del Green Deal.
Greenpeace, Birdlife, European Environment Bureau (EEB) e ClientEarth hanno pubblicato un documento il 20 maggio sulle prestazioni ambientali della riforma, sottolineando che “l’agricoltura è una delle principali cause di degrado ambientale in Europa, perché contribuisce alla crisi del clima e della biodiversità e all’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo”. L’UE spende quasi un terzo del suo bilancio in sussidi all’agricoltura, che per i prossimi sette anni (2021-2027) saranno 390 miliardi di euro. “I leader dell’UE – accusano le ONG -probabilmente esulteranno per questo accordo sulla PAC come una vittoria per l’ambiente, ma l’accordo sul tavolo non “corrisponde a ciò che è necessario per il clima, la biodiversità, l’inquinamento, la sicurezza alimentare e responsabilità”.
Il documento si sofferma su alcuni aspetti dell’impatto della PAC sull’ambiente, in primis la produzione di CO2. L’agricoltura è direttamente responsabile di almeno il 10 per cento delle emissioni totali di gas serra dell’UE, ma è anche indirettamente “responsabile di significative emissioni aggiuntive, attraverso l’importazione di mangimi per il bestiame”. Ma invece che porre fine agli stanziamenti in questo senso, i “dannosi sussidi della PAC agli allevamenti intensivi continueranno attraverso pagamenti accoppiati (attualmente circa 3 miliardi di euro all’anno vanno alla produzione di bestiame) e il sostegno agli investimenti (come le stalle per il bestiame). Gli eco-schemi per migliorare benessere degli animali rischiano di diventare sussidi nascosti per gli allevamenti industriali”, denunciano. Anche sui danni alla biodiversità sottolineano che non ci sarà “un budget fisso per i programmi sulla biodiversità, che sono necessari per fornire un sostegno più mirato alle specie e agli habitat minacciati”. Se
gli Stati membri metteranno volontariamente i fondi per i programmi di biodiversità, “non saranno giudicati o monitorati sull’efficacia di questi programmi, lasciando ampio spazio per programmi deboli o addirittura falsi”.