Bruxelles – Un nuovo capitolo nella salute pubblica globale, fatto di multilateralismo, cooperazione internazionale e soprattutto distribuzione di vaccini nei Paesi che non possono permetterseli. Un nuovo capitolo che guarda al presente della pandemia COVID-19, ma è obbligato a guardare anche al futuro perché è certo che la COVID-19 non sarà l’ultima crisi in cui sarà necessario un approccio globale. E un approccio globale è quello che chiedono oggi tutti i Paesi del G20, le più grandi economie del mondo, al Global Health Summit di Roma, il primo grande summit dedicato al superamento della crisi sanitaria e alla prevenzione alle future pandemie, organizzato dalla Commissione Europea insieme al premier Mario Draghi, attuale presidente del G20.
I capi di stato e governo di Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, Francia, Germania, India, Indonesia, Italia, Giappone, Repubblica di Corea, Messico, Russia, Arabia Saudita, Sud Africa, Turchia, Regno Unito, Stati Uniti e l’Unione Europea, Singapore, Spagna e Paesi Bassi si siedono allo stesso tavolo virtuale accumunati dall’idea che solo cooperazione e coordinamento possano aiutare a superare la crisi. Se in buona parte dei “Paesi ricchi” le vaccinazioni progrediscono, ora è arrivato il momento di guardare anche agli altri.
E cercano di affrontare in concreto il problema delle disuguaglianze sociali e sanitarie, che sono emerse più forti di fronte alla pandemia. “La disparità nella distribuzione dei vaccini nel mondo persiste, questo è un fallimento per l’intera umanità”, denuncia il direttore generale dell’Orgnizzazione mondiale della Sanità, Tedros Ghebreyesus, ricordando che “il 90 per cento dei vaccini al momento è nei Paesi del G20 non possiamo fermare la pandemia se tutti non hanno le armi fermarla”.
“Nessuno sarà salvo finché non lo saranno tutti”: è questo il motto che domina, uno dopo l’altro, gli interventi di tutti i leader che annunciano, chi cifre concrete di donazioni di dosi di vaccini o di nuovi finanziamenti agli strumenti come COVAX – il meccanismo globale per fornire vaccini ai Paesi poveri – e chi solo più generici intenti di dover aumentare la capacità di produzione e di garantire equo e globale accesso ai vaccini. L’Unione Europea ha promesso di investire un miliardo di euro per creare nuovi centri di produzione dei vaccini direttamente in Africa e di donare almeno 100 milioni di dosi alle nazioni più povere entro la fine dell’anno, di cui 30 milioni ciascuno proveniente dall’asse franco-tedesco.
Il presidente francese Emmanuel Macron promette “almeno 30 milioni di dosi di vaccini” al programma globale Covax entro la fine dell’anno, ritenendo almeno “scioccante” che in Europa “stiamo iniziando a vaccinare bambini dove non abbiamo ancora iniziato a vaccinare gli anziani e i più fragili di altri Paesi”. Anche la cancelliera tedesca Angela Merkel interviene per annunciare la donazione di 30 milioni di dosi di vaccino entro fine anno, fissando tra le priorità quella di accrescere “la capacità di produzione ovunque, soprattutto in Africa”.
Ricorda, snocciolando qualche numero, che al momento solo l’1 per cento dei vaccini è prodotto in loco in Africa, una tendenza che deve essere invertita. E che la riunione “G20 è una pietra miliare per tentare di combattere la pandemia”. Anche da Pechino arrivano donazioni in denaro: “la Cina fornirà altri 3 miliardi di dollari in aiuti per i prossimi 3 anni per sostenere la risposta al COVID e la ripresa economica nei Paesi in via di sviluppo”, ha annunciato il presidente cinese Xi Jinping, appellandosi all’unità e alla necessità di “promuovere la solidarietà e la cooperazione”. Insiste sulla necessità di “rifiutare ogni tentativo di politicizzare o etichettare il virus”, che non aiuta la risposta globale alla pandemia.
Compito del G20 è “creare una task force con tutti gli stakeholder più importanti per affrontare la pandemia”, propone il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, che si dice pronto a mobilitare “l’intero sistema delle Nazioni Unite” per realizzarla. “Siamo in guerra contro il virus, ma ancora non stiamo applicando la legge di guerra”, aggiunge. Mettere fine alla crisi “richiede un’ulteriore azione globale coordinata“, aggiunge anche la direttrice generale del Fondo monetario internazionale, Kristalina Georgieva, proponendo un piano da 50 miliardi di dollari per mettere fine alla pandemia. “Il mondo non deve sperimentare un nuovo aumento di infenzioni da Coronavirus. Con una forte azione globale e pochi finanziamenti rispetto ai benefici, possiamo uscire da questa crisi finanziaria”.
I brevetti e “la terza via” europea
La riunione del G20 è anche l’occasione per tornare sul tema della sospensione temporanea dei brevetti, per sopperire alla mancanza dei vaccini nei Paesi a basso e medio reddito. “L’Unione europea presenterà una proposta all’Organizzazione mondiale della Sanità all’inizio di giugno”, annuncia la presidente von Leyen. Ma la linea è già abbastanza chiara: l’accordo TRIPS dell’OMC sulla proprietà intellettuale prevede già “la licenza obbligatoria come strumento legittimo da usare in momenti di crisi e questo sarà riaffermato oggi nella dichiarazione di Roma”, anticipa nel suo discorso. “Sappiamo tutti che le licenze volontarie sono il metodo migliore per assicurare il necessario trasferimento di tecnologie e know how insieme ai diritti della proprietà intellettuale”, ha spiegato. Ma se non c’è la possibilità di convincere le case farmaceutiche a concederle volontariamente, si può usufruire di quelle obbligatorie. Questo il punto e la terza via europea che non vuole arrivare a derogare i brevetti sui vaccini. O almeno non tutta.
L’Italia dal canto suo è aperta a una “sospensione dei brevetti sui vaccini contro il Covid-19”, ha detto Draghi nel suo intervento. Secondo il premier è una misura da adottare “in modo mirato, limitato nel tempo e che non metta a repentaglio l’incentivo ad innovare per le aziende farmaceutiche”. “Non ci dev’essere nessun tabù ogni volta che la proprietà intellettuale è un ostacolo dobbiamo dare una risposta”, entra nel merito anche il capo dell’Eliseo Macron.
Ma alla condivisione dei brevetti apre apertamente il presidente dell’Europarlamento, David Sassoli. “Questo vertice è quindi una grande occasione per trovare soluzioni concrete nel segno della nostra interdipendenza. Di agire insieme per il bene comune globale”. Se eliminare le restrizioni all’esportazione e condividere dosi è essenziale “sappiamo che occorre ragionare ora nel medio e lungo termine”. Esplorare tutte le possibilità significa non solo condivisione volontaria di licenze per la produzione ma anche “forme obbligatorie di condivisione delle licenze nel quadro di una situazione di emergenza quale quella attuale”.
A sostenere l’apertura di Sassoli sulla condivisione dei brevetti dal G20 è il Sud Africa. “Il COVID ha evidenziato le nostre debolezze ma ha anche mostrato una solidarietà e collaborazione senza precedenti dai Paesi del mondo”, ha ricordato il presidente del Sud Africa, Cyril Ramaphosa, nel suo intervento alla sessione plenaria. Equo accesso a vaccini, alle terapie” ma secondo lui è essenziale aprire alle discussioni di rivedere le norme sui brevetti “dobbiamo dare ai Paesi la possibilità di produrre i vaccini, dargli tutte le armi a disposizione”.
Il tema dei brevetti torna nella sessione plenaria, senza che alla riunione sia presente il presidente statunitense Joe Biden, da cui era partita la proposta in origine. Al suo posto, al tavolo virtuale dei leader la vice Kamala Harris, che ammette che il mondo non era preparato per il Covid 19″ e proprio per questo ora dobbiamo prepararci alla prossima crisi. Nessun cenno alla questione, per il momento. Parla di “un nuovo meccanismo” comune di risposta alle pandemie, considerando “il bilancio della sanità” alla stregua di quello per la difesa nazionale, affrontando investimenti perché “il costo del fallimento sarebbe ancora più alto”.
Per il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, il summit è anche l’occasione giusta per tornare sul tema di un Trattato globale sulle pandemie, da istituire nel quadro dell’Organizzazione mondiale della Sanità. “Dobbiamo lavorare fianco a fianco per l’accesso ai vaccini” e su questo punto serve “l’impegno nel garantire che ci sia l’export e la sicurezza delle catene di approvvigionamento” e nel “rafforzamento della capacità produttiva soprattutto in Africa e in America latina”. Ma in vista del futuro, “abbiamo proposto un trattato sulle pandemie che può operare “nella riduzione del rischio e nell’assicurare che nel futuro potremo lavorare meglio insieme sulle misure restrittive”. Michel ha sottolineato che un trattato di questo tipo aiuterebbe ad avere una cooperazione migliore e più globale per rafforzare la preparazione contro le future pandemie, certi del fatto che quella del COVID non sarà l’unica.