Bruxelles – Trasformare le promesse del Green Deal europeo in azioni concrete, anche a livello aziendale. È quello che cerca di fare Chiesi, il gruppo farmaceutico internazionale orientato alla ricerca con il suo piano per la neutralità climatica entro il 2035 presentato il 10 maggio. Una tabella di marcia per vincere la sfida della sostenibilità fitta di impegni fino al 2035, a cui il Gruppo farmaceutico certificato B Corp affianca il lancio di una nuova campagna dal titolo #ActionOverWords, pensata per accendere i riflettori sull’importanza della responsabilità e della sostenibilità aziendale per centrare gli obiettivi climatici tutti insieme.
Nuovi obiettivi ambientali
Per diventare carbon neutral entro il 2035, il Gruppo Chiesi si impegna a ridurre entro il 2030 oltre l’80 per cento delle emissioni per unità di inalatori venduti rispetto al 2019 e punta ad arrivare a una riduzione del 90 per cento entro il 2035 delle emissioni assolute di gas serra rispetto al 2019, derivanti dall’uso dei prodotti venduti grazie a un nuovo propellente a basso potenziale di riscaldamento globale utilizzato per gli inalatori. Non solo, tra gli impegni fissa anche il taglio entro il 2030 del 50 per cento delle emissioni dirette generate e delle emissioni associate all’acquisto di elettricità e calore rispetto al 2019: il gruppo farmaceutico pensa di raggiungere questo elettrificando il parco auto aziendale e migliorando le attività operative nei siti dove ancora non si è raggiunto il 100 per cento di consumo di energia rinnovabile. In terzo luogo, si impegna a una maggiore trasparenza aziendale rendendo pubblico il proprio bilancio di emissioni attraverso il Carbon Disclosure Project entro il secondo trimestre del 2021, includendo le emissioni dirette e indirette. Infine, lavorare con la specifica PAS 2060 che descrive in dettaglio come dimostrare la neutralità delle emissioni di carbonio (realizzata dalla British Standards Institution), che viene riconosciuta a livello internazionale, per dimostrare il valore e l’efficacia dei piani aziendali.
Gli obiettivi di Chiesi – precisa il Gruppo – sono stati approvati dalla Science Based Target Initiative (Sbti) e sono in linea con l’obiettivo stabilito nell’Accordo internazionale sul clima di Parigi del 2015 in cui oltre 190 potenze mondiali si sono impegnate a circoscrivere il surriscaldamento globale sotto ai 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali. Ma l’annuncio si inquadra anche sugli impegni dell’Unione europea per diventare il primo Continente climaticamente neutro entro la metà del secolo. Le Istituzioni europee hanno raggiunto il 21 aprile un compromesso politico sulla Legge clima europea presentata dalla Commissione UE a marzo 2020, che per la prima volta vincolerà a livello giuridico l’impegno per il clima, nel quadro del Green Deal. La Legge stabilisce come obiettivo la riduzione delle emissioni di CO2 di almeno il 55 per cento entro il 2030, rispetto ai livelli calcolati nel 1990, come tappa intermedia per azzerare le emissioni entro il 2050.
Impegno di dimensione europea
“Non è un caso che Chiesi abbia fissato obiettivi per il 2030 e il 2035 in termini di riduzione delle emissioni. Infatti, una riduzione del 55 per cento delle emissioni entro il 2030 è l’obiettivo primario dell’Unione Europea”, spiega a Eunews Ugo Di Francesco, CEO del Gruppo farmaceutico, sottolineando che Chiesi “è un’azienda italiana, europea, globale e il suo impegno è coerente sia con il Green Deal Europeo sia con la sfida degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite. Come ha specificato anche la Commissione Europea, fissare questi obiettivi non porterà soltanto benefici al pianeta, ma anche grandi vantaggi alle nostre economie e alla società in cui viviamo”, ha ricordato.
In questo percorso verso la neutralità del Continente europeo, le imprese avranno “un ruolo imprescindibile nel raggiungimento degli obiettivi climatici dell’UE”, riconosce Di Francesco, “come lo è a mio avviso quello degli individui e dei consumatori finali”. Senza “un’effettiva partecipazione di tutti gli attori economici e sociali a questa battaglia, questi obiettivi rimarranno parole al vento”. Chiesi non è la prima azienda a impegnarsi pubblicamente per ridurre la propria impronta del carbonio ma, in qualità di più grande azienda farmaceutica al mondo certificata B Corp, “vuole valorizzare al massimo questo momento significativo per avviare un dialogo positivo su ciò che le aziende possono realizzare e sulla necessità di passare dalla celebrazione degli impegni alla celebrazione di azioni e progressi misurabili”. Di Francesco si augura che le “altre aziende, del settore farmaceutico e non solo, facciano la loro parte e si uniscano a questa discussione. Per questo, vogliamo far capire che, anche se la transizione climatica avrà costi per imprese come Chiesi, i frutti saranno presto evidenti”.
Necessari standard ambientali internazionali
Ed è in questo contesto che si inquadra la Le aziende dovrebbero essere ritenute responsabili del rispetto degli impegni presi e la società non dovrebbe dimenticare le promesse fatte”. Trasformare quindi le parole in azioni concrete, la campagna invita proprio a questo. A dare “più trasparenza nella comunicazione e maggiore attenzione ai risultati raggiunti tramite riferimenti chiari a protocolli, standard e certificazioni indipendenti e internazionali”. Secondo l’amministratore delegato, “standard e quadri di misurazione completi e duraturi sono strumenti essenziali per incoraggiare e tracciare i progressi verso una società a basse emissioni di carbonio, poiché permettono alle aziende di pianificare e implementare le emissioni di carbonio, e aiutano i cittadini e i decisori politici a identificare misure di mitigazione che facciano davvero la differenza. L’emergenza climatica, oltre agli impegni, necessita di azioni concrete, non possiamo più permetterci di perdere tempo”, aggiunge.
Spesso gli impegni aziendali “si concentrano sulle parole piuttosto che sulle azioni necessarie a raggiungerli, usando termini come carbon neutral, net zero e climate neutral in modo intercambiabile. Oggi, solo pochi fanno riferimento a standard ufficiali per misurare i progressi dei loro impegni a livello di singola azienda”, sottolinea. Le azioni per raggiungere gli impegni aziendali, compresi quelli climatici, devono essere “verificate in modo indipendente secondo standard internazionali”. Pone l’accento sul fatto che spesso gli impegni aziendali “non includono le emissioni indirette che si verificano nella catena del valore di un’azienda e durante l’uso del prodotto, note come emissioni di scope 3”.
L’augurio è che in vista della COP26 sul clima che si terrà a novembre a Glasgow, “siano sempre di più le aziende desiderose di impegnarsi in azioni misurabili e che abbiano il coraggio di condividere pubblicamente i propri progressi”. Di Francesco riconosce che il 2021 sarà “un anno cruciale per accelerare l’agenda internazionale su clima e ambiente con la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici”, la COP26 che si terrà sotto la presidenza di Boris Johnson, premier britannico. Ma non è l’unico appuntamento internazionale da tenere sotto osservazione, a partire dal vertice G7 – di cui fanno parte Regno Unito, Stati Uniti, Canada, Giappone, Germania, Francia e Italia, più l’UE – che il Regno Unito ospiterà a giugno a Carbis Bay in Cornovaglia. Un momento “ideale per rilanciare l’agenda sul clima, attraverso azioni concrete volte a fermare crisi interdipendenti come il cambiamento climatico e il declino della biodiversità”, sostiene Di Francesco. Il G7 unisce le economie più avanzate che hanno “il dovere di esprimere una chiara leadership verso l’obiettivo ‘Net Zero’ utilizzando il G7 per contribuire a garantire un futuro sostenibile per le nostre persone e il nostro pianeta”, conclude.