Bruxelles – “Guardate cosa sta succedendo a me come giornalista. Sta diventando quasi impossibile lavorare e la censura ormai preoccupa anche i cittadini”. Queste erano le parole pronunciate durante l’ultima intervista registrata da Daphne Caruana Galizia, la giornalista maltese assassinata il 16 ottobre 2017 per mettere a tacere le sue inchieste anti-corruzione. Parole riportate dall’eurodeputata e vicepresidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola (maltese anche lei), per aprire la discussione congiunta tra la commissione Giuridica (JURI) e la commissione per le Libertà civili (LIBE) sulle minacce alla libertà della stampa in Europa.
La co-relatrice del PPE per la commissione LIBE ha messo subito in chiaro il problema: “Il Parlamento Europeo ha sempre chiesto una presa di posizione dell’Unione sulle querele temerarie, ma ora è arrivato il momento di agire”. Le querele temerarie, anche definite “la museruola del giornalismo libero“, sono cause intentate contro gli operatori dell’informazione con il solo scopo di intimidirli o prosciugare le loro risorse economiche. “L’obiettivo è farli tacere a prescindere dal fatto che siano colpevoli o meno”, ha ricordato Metsola: “Per esempio, Caruana Galizia ne aveva ricevute decine, prima di essere uccisa”. La scelta che si pone davanti al giornalista o alla testata è sempre la stessa: smettere di coprire quella specifica notizia, o affrontare cause lunghe e costose.
“I tribunali non possono diventare il cortile per controversie abusive, sfruttandoli a fini personali”, ha accusato il co-relatore di S&D per la commissione JURI, Tiemo Wölken. Al Parlamento UE si parla di “molestie giuridiche” e “abuso del sistema giudiziario”, a cui viene fatto sempre più uso per denunciare e sfiancare “chi ha esercitato la libertà parola e di organizzazione, principi fondanti della nostra società”. Wölken ha alzato l’asticella e ha definito l’Unione Europea “un ambiente sempre più ostile per i giornalisti”, proprio a causa della presenza di questo problema “nocivo per le nostre democrazie e per la certezza del diritto”.
Di qui la necessità di intervenire: “Dobbiamo arrivare in fretta a regole armonizzate su tutto il territorio comunitario“. I punti fondanti di questa iniziativa dovranno essere “la difesa delle persone prese di mira, salvaguardie contro questo tipo di cause e la formazione di magistrati e avvocati per riconoscerle e sostenere le vittime“. Gli ha fatto eco la vicepresidente Metsola, che ha caricato sulle sue spalle l’iniziativa parlamentare: “Come relatori ci sentiamo responsabili, è ora di accogliere a livello europeo le proposte che arrivano dal mondo accademico e dalla società civile”.
La necessità di una proposta legislativa europea per contrastare le minacce alla libertà di stampa attraverso le querele temerarie è stata condivisa da tutti i gruppi al Parlamento UE. “Siamo tutti sulla stessa barca, è come se tra Paesi membri ci stessimo scambiando cattive prassi”, ha commentato Yana Toom (Renew Europe). La collega rumena, Ramona Strugariu, ha snocciolato qualche dato: “Una televisione croata ha denunciato di avere 26 querele a carico contemporaneamente, in Polonia una testata ha 60 cause avviate. Ma anche in Germania e Italia si sta seguendo la stessa tendenza“.
Proprio sull’Italia è intervenuta l’eurodeputata del Movimento 5 Stelle, Sabrina Pignedoli, che ha ricordato l’esistenza di diverse modalità subdole e mascherate per cercare di mettere un bavaglio alla libera informazione. “Si può procedere a livello civile con richieste di risarcimento di danni di immagine, oppure di sequestro di cellulari e computer, per identificare le fonti”. O ancora, come ha dimostrato il caso della trasmissione d’inchiesta Report, “si stanno diffondendo pratiche di dossieraggio”, vale a dire che i giornalisti diventano oggetto di dossier falsi che tentano di screditare il loro lavoro. “Bisogna tenere sotto sorveglianza tutti questi elementi”, ha avvertito Pignedoli.
Da parte di Verdi/ALE, Marie Toussaint ha chiesto l’adozione di un meccanismo di interruzione delle cause abusive e un fondo di garanzia per vittime, mentre Manon Aubry (La Sinistra) si è concentrata sul lavoro fatto in materia di protezione degli informatori “come base di partenza”. Dai gruppi della destra, Nicolaus Fest (ID) ha avvertito che è anche necessario “ponderare ogni azione a difesa della libertà di stampa”, perché “ci sono anche giornalisti che non fanno un lavoro pulito”. Mentre Angel Dzhambazki (ECR) ha ricordato la “mancanza di linee guida” sugli enti preposti a vigilare sulla stampa “equa e non discriminatoria”.