Bruxelles – Allineati sui principi e soprattutto sugli obiettivi del Piano d’Azione del Pilastro europeo dei diritti sociali. Riduzione delle disuguaglianze, lotta alla povertà, creazione di posti di lavoro di qualità e lotta all’esclusione sociale sono i punti della dichiarazione firmata dai governi dei Paesi membri alla fine dell’ultima riunione del Consiglio europeo che dà seguito all’impegno sottoscritto dalle tre istituzioni europee e dalle parti sociali nella prima giornata del vertice sociale di Porto.
Nel testo firmato i leader affermano “l’importanza dell’unità e della solidarietà” registratesi nella risposta alla pandemia in Europa e stabiliscono che “l’Europa deve essere il continente della coesione sociale e della prosperità”. I firmatari si dicono concordi nel sostenere gli obiettivi nei campi dell’occupazione, della formazione e della lotta alla povertà sanciti per il 2030 nel Piano d’Azione pubblicato dalla Commissione europea a marzo 2021 e accolgono la proposta di Bruxelles di rivedere gli indicatori macroeconomici utilizzati per vagliare i 27 bilanci nazionali nell’ambito del Semestre europeo per monitorare i progressi fatti da ciascuna capitale nel contesto dei diritti sociali. L’enfasi è posta anche sull’istruzione e la formazione (in particolare su quella continua), che i firmatari della dichiarazione dicono di voler mettere “al centro della loro azione politica”, ma anche sul superamento del divario di genere e sull’offerta di prospettive positive per i giovani. Rispetto a questi ultimi i rappresentanti nazionali vogliono assicurarsi che “diventino la forza trainante di una transizione verde e digitale inclusiva che aiuti a costruire il futuro dell’Europa”.
Come ha sottolineato il presidente del Consiglio Mario Draghi in conferenza stampa dopo l’incontro “ci sono voluti quattro anni prima che il Consiglio europeo condividesse l’impegno di coordinamento del mercato del lavoro e dei diritti sociali” Poi il premier si è lasciato andare ad una frecciata contro Londra: “Credo che non sarebbe stato possibile raggiungere questo risultato se il Regno Unito fosse stato ancora un membro dell’UE. Per anni si è tenacemente opposto ad ogni iniziativa in questo campo, ritenuto di competenza solo nazionale”.
Lo sguardo è quindi rivolto alla crescita sostenibile e al benessere sociale. È il nuovo volto che l’Unione Europea vuole darsi dopo la lezione impartita dalla pandemia, uno sviluppo che nelle parole del presidente francese Emmanuel Macron “consacra le misure adottate in ambito europeo negli ultimi mesi”. “Ricordiamo quello che è successo dieci anni fa con la crisi finanziaria e la crisi del debito sovrano: abbiamo risposto con una solidarietà tardiva e con politiche estremamente dure che hanno portato i nostri diritti sociali a fare dei passi indietro”, ha affermato il capo della République. “A luglio 2020 abbiamo fornito invece una risposta finanziaria solidale e ambiziosa e soprattutto conforme ai nostri valori sociali”.
E sul tema di un salario minimo europeo, della lotta alle disparità di genere e della tutela dei lavoratori delle piattaforme Macron si candida per ricevere il testimone della presidenza portoghese. Questi temi, insieme a quello dell’esercizio sostenibile dell’attività commerciale, “faranno tutti parte di ciò che andremo a preparare in vista della presidenza di turno francese del Consiglio UE nel primo semestre del 2022”, ha detto Macron.
La parola ora passa ai ministri degli Stati membri. “È al Consiglio UE che spetta agire per raggiungere risultati concreti per promuovere in Europa una competizione equa che non lasci nessuno indietro”, ha detto il primo ministro portoghese António Costa esprimendo il suo entusiasmo per i risultati raggiunti dal vertice sociale. Il presidente Macron assicura che sugli strumenti dell’Europa sociale ci sarà sintonia tra i 27 Paesi membri, anche sul tema di un salario minimo valido in tutta l’UE, ipotesi osteggiata tradizionalmente da alcuni Stati.
“Quello firmato a Porto è un testo che segna un’agenda di convergenza”, ha detto Macron. “In questo documento si riconosce la necessità di creare una convergenza tra le diverse tradizioni europee, tra quelle che concepiscono dei salari fissati a livello legislativo nazionale, come avviene in Francia, e altre, come avviene nei Paesi del Nord, in cui gli standard vengono fissati grazie alla contrattazione sociale. Stiamo creando un meccanismo di convergenza”.