Bruxelles – La chiave per superare la pandemia di COVID risiede in maggiore produzione e più export. Anche Mario Draghi interviene nel dibattito sulla sospensione dei brevetti dei vaccini, e la proposta del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che agita i leader dell’UE riuniti a Oporto. Il presidente del Consiglio, nella tradizionale conferenza stampa di fine lavori, affronta l’argomento dimostrandosi poco propenso, al momento, a seguire la linea di Washgington.
“La posizione di Biden deve essere capita nella sua completezza“. Draghi invita a leggere tra le righe, ricorda che ci sono milioni di persone che non hanno accesso al vaccino non per via della proprietà intellettuale ma per capacità produttiva fin qui insufficiente a rispondere alla domanda mondiale di siero anti-COVID, che “le case farmaceutiche hanno ricevuto sovvenzioni pubbliche importanti e per questo ci si aspetta qualcosa in cambio“. Attenti dunque a pensare che la soluzione al problema passi per la sospensione dei diritti di proprietà intellettuali. “La liberalizzazione dei brevetti non garantisce più produzione, né garantisce sicurezza” della produzione.
L’Italia di Draghi dunque frena e sposa una linea più vicina a quella francese. Anche per l’inquilino di palazzo Chigi, al pari di quello dell’Eliseo, occorre “accrescere produzione ed esportazioni”. Ricorda anche il leader italiano che l’Unione europea distribuisce al resto del mondo dosi pari a quelle destinate ai cittadini europei, e dunque invita a concentrarsi sulle vie che promuovono il multilateralismo, senza perdere di vista le misure per spostamenti interni e rilancio del turismo.
Il summit informale del Consiglio europeo è stata l’occasione per Draghi per esortare “con enfasi” Commissione e Parlamento europeo a “procedere con la massima rapidità alla definizione del certificato verde digitale“, ancora oggetto di negoziati e che alla fine potrebbe risultare facoltativo. Il presidente del Consiglio non è contrario all’idea che ogni Paese al proprio interno adotti permessi nazionali, ma vorrebbe qualcosa di comune per muoversi all’interno dello spazio Schegen e avere così “un modello europeo su cui disegnare le politiche turistiche”. Una necessità, visto che con la riapertura “gli aeroporti diventano luoghi a cui guardare con attenzione, perché i contagi possono avvenire” nel momento in cui le persone riprendono a viaggiare.