Bruxelles – Il concetto non è nuovo. Christine Lagarde ha già avuto modo di avvertire che se la crisi sanitaria si può superare grazie ai vaccini, la crisi climatica invece resterà perché formule farmaceutiche per il surriscaldamento del pianeta non ve ne sono. Bisognerà farci i conti, e a Francoforte ne sono consapevoli. Alla platea della conferenza sullo Stato dell’Unione la presidente della Banca centrale europea fa presente che “i cambiamenti climatici avranno un impatto sulla stabilità dei prezzi“, obiettivo primario dell’istituto di cui Lagarde è capo. “Quindi la politica monetaria sarà determinata in parte da questo, e questo avrà un impatto sui nostri strumenti per il futuro”.
Lagarde mette un freno alla curiosità di chi chiede quali saranno dunque gli strumenti della BCE in tal senso, perché “è prematuro” adesso parlarne, “è troppo presto” fare l’inventario di politiche tutte ancora da finalizzare. Certamente “la BCE sta investendo in maniera crescente in green bond”, ma bisognerà fare il punto della situazione in un altro momento. Ad ogni modo l’Eurotower non resterà insensibile, perché non può permetterselo.
“Il nostro mandato riguarda la stabilità del prezzi”, ripete una volta di più Lagarde, e per un motivo. Perché la crisi climatica influisce su questo, costringendo a strategie di mitigazione degli effetti. E poi, spiega rispondendo a chi chiede delle diseguaglianze che la pandemia di COVID sta producendo e che lascerà dietro di sè , “non c’è stabilità dei prezzi senza un mercato del lavoro stabile“. Dunque, nei limiti del mandato e delle prerogative che sono propri della Banca centrale europea, questa, in politiche del lavoro di competenza degli Stati membri, è chiamata a fare tutto il possibile. “Con la stabilità dei prezzi contribuiamo alla stabilitò del mercato del lavoro”. Un circolo da mantenere in ordine per evitare che diventi vizioso.
Quindi ricorda agli Stati, solitamente gelosi di competenze che il Trattato sul funzionamento dell’UE riconosce loro, di quanto l’intervento della BCE sia importante per la tenuta dell’eurozona. “E’ un fatto che la politica monetaria ha contribuito per il 2% alla crescita, a sostegno di due milioni di lavoro”.