Bruxelles – Facebook ha seri problemi col fascismo. Tollera pagine inneggianti al duce, ma prende provvedimenti contro i possessori di profili per post contenenti l’immagine del leader italiano morto. Immagine cruda, certo, ma comunque presente nei libri di storia e su molti siti internet. Ma sul noto social network tra regole di condotta e storia d’Italia è corto circuito. Il motivo dell’oscuramento della pagina è incitamento all’odio, che non viene però ravvisato quando per gruppi e pagine che accolgono l’ideatore del movimento passato alla storia per le leggi razziali, il colonialismo in Africa, l’omicidio Matteotti. In quel caso nessuna policy violata, come toccato con mano anche da altre testate. Scelte che lasciano sorpresi e che evidenziano un problema di valutazione.
I filtri di Facebook ci sono, e chiunque può segnalare post il cui contenuto può essere lesivo della dignità della persona. Sulla base della segnalazione il team di Facebook fa le sue verifiche e valutazioni. Se ritiene di intervenire lo fa, e lo notifica al diretto interessato. Nel caso specifico inizia tutto con una notifica in alto a sinistra della proprio account, che risulta “con limitazioni”. Vuol dire in pratica che si viene silenziati. Non è che non si può più interagire coi propri amici. Si può continuare pubblicare sulla propria bacheca, ma per 30 giorni non è possibile alcuna né alcuna diretta. Il motivo? Violazione delle regole interne. Le spiegazioni si ottengono cliccando sul messaggio di notifica, che apre una nuova finestra su internet, sempre collegata a Facebook e al proprio account, con il dettaglio della disposizione presa.
Allora esce fuori il dettaglio, da cui emergono due elementi curiosi. Il primo è che si contesta un posto “pubblicato nell’ultimo anno” quando in realtà risale al 25 aprile 2018. La seconda è che si tratta di una foto trovabile ovunque, su un qualunque libro di storia. Ma se proprio non si ha voglia di recarsi in biblioteca o sfogliare i libri, basta andare su internet e neppure troppo lontano. Wikipedia, nella versione in lingua italiana come nella versione in lingua inglese, offre la stessa identica foto contestata da Facebook nelle pagine appositamente dedicate a Mussolini e alla sua morte.
Il contenuto del post contestato è sì politico, e non potrebbe essere diversamente. Si tratta di due visioni diverse e opposte d’Italia e del vivere civile, venute a contrasto. Ma questa si chiama storia, che piaccia o no. In secondo luogo c’è un quadro giuridico. Le legislazione italiana in materia è chiara, come peraltro ricordato su questo stesso sito: ci sono la legge Scelba e la legge Mancino, e prima ancora e l’apologia del fasciamo è vietata in ogni sua forma in Costituzione, dove non c’è alcun divieto alla diffusione della cultura antifascista. Anzi, la disposizione transitoria e finale è lì a ricordare l’importanza di non ricadere negli errori del passato. Di più. Come ebbe a dire Sandro Pertini, nel tradizionale messaggio agli italiani del presidente della Repubblica, “dietro ogni articolo della Carta Costituzionale stanno centinaia di giovani morti nella Resistenza. Quindi la Repubblica è una conquista nostra e dobbiamo difenderla, costi quel che costi”.
Il gruppo dovrebbe aver capito che tra standard della community e legislazione e storia italiana ci sono idiosincrasie su cui lavorare, perché non è la prima volta che il problema si pone. Ma la decisione è presa. Per 30 giorni si resta confinati nel raggio d’azione disposto. Facebook ha fatto scattare implacabile la tenaglia frutto delle regole interne, che evidentemente prescindono dalle particolarità nazionali.