Bruxelles – A Göteborg si parlò di principi, a Porto si penserà ad attuarli, ci si augura. Ereditando la discussione sul Pilastro dei diritti sociali avviata in Svezia nel 2017, la città portoghese accoglie leader di Stato e di governo, istituzioni europee, parti sociali e rappresentanti della società civile per rilanciare il progetto dell’Europa sociale.
Il vertice sociale di Porto si svolge quando ancora la pandemia di COVID-19 non è superata e mentre l’Unione Europea tenta di rispondere alla crisi economica e sociale senza abbandonare l’appuntamento con la transizione verde e la trasformazione digitale. Nella cerimonia di apertura della conferenza tutte queste sfide sono considerate e lo è soprattutto il loro impatto. “La ripresa economica dopo la pandemia sarà sostenibile e sostenuta soltanto se equa e inclusiva”, ha affermato aprendo i lavori il primo ministro portoghese António Costa. “Queste transizioni possono generare opportunità, ma anche grandi preoccupazioni e molta ansia. L’Europa non può ritardare queste transizioni ma neanche trascurare l’altra faccia della moneta”, ha continuato il premier.
La consapevolezza è che la conferenza di Porto giunga “nel momento migliore”, come sottolineato dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen prima della cerimonia di apertura dell’evento. La presidenza di turno portoghese del Consiglio UE non si tira indietro rispetto alle sfide strategiche relative alle transizioni gemelle, ma vuole evitare che queste ultime siano artefici di nuove disuguaglianze che si aggiungono eventualmente a quelle già esistenti. “Siamo qui per rinnovare contratto sociale europeo impegnandoci ognuno a proprio livello”, ha dichiarato Costa rivolgendosi ai suoi colleghi in sala.
Per la Commissione europea si tratta di proteggere il modello europeo dell’economia di mercato sociale, “un’opportunità di protezione per tutti”, come l’ha definita von der Leyen. “Il mondo sta cambiando e noi dobbiamo adattarci. Dobbiamo intervenire sul cambiamento, guidarlo, e noi siamo qui per creare un’Europea sociale che sia all’altezza delle nostre ambizioni”, ha continuato il capo dell’esecutivo europeo. Il faro della discussione per entrambi i giorni saranno i tre obiettivi varati con il Piano di Azione del Pilastro dei diritti sociali. Entro il 2030 Bruxelles vuole raggiungere nell’Unione Europea il 78 per cento della popolazione in età lavorativa occupata, vuole portare al 60 per cento la porzione di popolazione adulta impegnata ogni anno in attività di formazione e ridurre la popolazione povera di 15 milioni. A Porto e in particolare nella dichiarazione finale che verrà adottata alla fine del vertice si misurerà l’impegno degli Stati per raggiungere questi traguardi e i mezzi per centrarli.
“Il welfare, il pilastro sociale, i diritti sociali sono la nostra carta di identità”, ha affermato nel suo intervento il presidente del Parlamento europeo David Sassoli, che ha invitato però alla concretezza. “È questa caratteristiche che fa la differenza e che è importante per aiutare i nostri cittadini a uscire dal tunnel della crisi”.
“Oggi a Porto, il Pilastro europeo dei diritti sociali deve diventare una guida per dare una dimensione sociale alle riforme e agli investimenti nazionali che stiamo finanziando e preparando”, ha continuato Sassoli. Secondo il presidente dell’Eurocamera l’Unione europea deve cogliere l’opportunità di promuovere una società equa e giusta, “sostenendo l’inclusione sociale e combattendo la povertà, e dove ogni cittadino possa vivere una vita dignitosa”.
Proprio tenendo conto degli obiettivi nei campi dell’occupazione, della formazione e della povertà non è escluso che la Commissione possa presto proporre un aggiornamento degli indicatori alla base del semestre europeo, lo strumento con cui verifica il corretto coordinamento delle politiche di bilancio degli Stati UE. “Aggiorneremo lo scoreboard per questo scopo”, ha annunciato il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis.
“La grande promessa dell’Europa è la prosperità per tutte e tutti”, ha detto il commissario europeo al lavoro e ai Diritti sociali Nicolas Schmit. La Commissione punta a rendere il mondo del lavoro “più umano, con salari decenti e migliore equilibrio tra vita privata e professionale”, garantendo al contempo pari opportunità e pari retribuzione sul posto di lavoro per donne e uomini. L’attenzione è però soprattutto rivolta ai giovani. “Questo vertice è dedicato ai giovani d’Europa che in questo ultimo anno sono stati colpiti negli studi, nella loro vita sociale e nei loro tentativi di trovare un lavoro. Ci occuperemo di voi”. ha assicurato Schmit.
A sottolineare la situazione di allarme ci ha pensato il presidente del Consiglio Mario Draghi nel suo intervento nella sessione pubblica dell’evento, sottolineando che “nell’Ue un giovane su sette non è occupato, né frequenta un corso di istruzione o di formazione. In Italia siamo vicini a uno su quattro”. Senza pietà nei confronti dell’Italia ha pio aggiunto che “il divario nel tasso di occupazione tra uomini e donne nell’Ue si attesta a 11,3 punti percentuali. In Italia è quasi il doppio. Un terzo della popolazione italiana vive nelle regioni del Sud, ma la sua quota di occupazione totale è solo di un quarto”.
Draghi ha poi sottolineato che “come durante la Grande Recessione e la crisi del debito sovrano in Europa, sono i nostri giovani e le nostre donne a pagare il prezzo di questa tragedia”.
La denuncia poi arriva sul fatto che “troppi Paesi dell’Ue hanno un mercato del lavoro a doppio binario, che avvantaggia i garantiti , i lavoratori più anziani e maschi, a spese dei non garantiti, come le donne e i giovani. Mentre i cosiddetti garantiti sono meglio retribuiti e godono di una maggiore sicurezza del lavoro, i non garantiti soffrono un vita lavorativa precaria. Questo sistema è profondamente ingiusto e costituisce un ostacolo alla nostra capacità di crescere e di innovare. Questa non è l’Italia come dovrebbe essere, né l’Europa come dovrebbe essere”.
Si prova però a cambiare qualcosa, in Italia, racconta Draghi, “stiamo cercando di porre rimedio a questa triste situazione. Verranno investiti 6 miliardi di euro per riformare le politiche attive del mercato del lavoro”, grazie anche al Recovery fund. Gli obiettivi sono “formazione e riqualificazione di coloro che devono cambiare lavoro o che sono alla ricerca di una prima occupazione, seguendo l’esempio del Programma europeo di garanzia per i giovani”.