Bruxelles – Si chiama ‘effetto COVID’. Le misure di contenimento introdotte dagli Stati membri dell’UE nell’ultimo anno per limitare la diffusione del virus portano con sé una riduzione del 10 per cento delle emissioni di anidride carbonica generate dalla combustione di combustibili fossili (principalmente petrolio e prodotti petroliferi, carbone, torba e gas naturale) nel 2020, rispetto all’anno precedente. Questi gli ultimi dati Eurostat sulle emissioni di CO2 derivanti dall’uso di energia, che come ricorda l’Istituto statistico dell’Unione Europea rappresentano la quota maggiore (circa il 75 per cento) di tutte le emissioni di gas serra prodotte dall’uomo nell’UE.
Secondo le stime Eurostat, le emissioni sono diminuite l’anno scorso in tutti gli Stati membri dell’UE, ma la maggiore diminuzione si osserva in Grecia (-18,7%), seguita da Estonia (-18,1 per cento), Lussemburgo (-17,9 per cento), Spagna (-16,2 per cento) e Danimarca (-14,8 per cento). L’Italia si colloca a metà della scala, con una riduzione di CO2 dal settore energetico dell’11,7 per cento rispetto al 2019. Tra le diminuzioni meno significative, Malta (-1,0 per cento), Ungheria (-1,7 per cento), Irlanda e Lituania (entrambe -2,6 per cento).
Eurostat ha spiegato il calo come conseguenza del fatto che nel 2020, per via delle restrizioni, c’è stato una netta riduzione del consumo di combustibili fossili (carbone duro, lignite, olio di scisto e sabbie bituminose, petrolio e prodotti petroliferi e gas naturale) in tutti i Paesi, mentre al contrario, la quota delle energie rinnovabili (soprattutto eolica, idroelettrica e solare) nella generazione di elettricità è cresciuta notevolmente.