Bruxelles – “Rendere l’Unione Europea più forte, per renderla più forte anche nelle partnership globali”. Questo significa per l’Europa dotarsi di una propria autonomia strategica “aperta”, che nei fatti significa meno dipendenza da altri attori globali e anche capacità di agire e agire da soli. Una questione che a Bruxelles genera grande dibattito tra i membri dell’Unione: alcuni Paesi, come la Francia, difendono la necessità di rafforzare l’autonomia europea in materia di difesa e sicurezza, mentre altri, come la Germania, sostengono di dover rinnovare il rapporto con Washington e la NATO dopo l’uscita di scena di Trump. È nell’interesse “di tutti avere un partner autonomo e forte su cui fare affidamento”, ha ricordato oggi (6 maggio) il segretario generale del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), Stefano Sannino, nel suo intervento virtuale alla Conferenza sullo stato dell’Unione all’Istituto universitario europeo di Firenze.
Il tema non riguarda solo questioni militari di difesa, ed è emerso in maniera evidente durante la pandemia con la carenza di materiale sanitario che l’UE ha bisogno di indipendenza anche in termini industriali e strategici. “Capacità di agire e di reagire” alle crisi, “proteggendo la società europea senza diventare protezionismo”, dice, provando a darne una definizione. Il panel organizzato dall’Istituto universitario europeo di Firenze si intitola “Quo vadis european foreign policy? A decade of the European External Action Service” ed è un’occasione per fare un bilancio di questi primi dieci anni del Servizio europeo per l’azione esterna, che fa capo all’alto rappresentante UE per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell. Il SEAE nasceva il primo gennaio 2011 probabilmente con l’idea di creare una vera politica estera comune per l’Unione europea.
Dieci anni più tardi, è difficile forse parlare di una vera e propria politica estera comune, soprattutto perché agli Stati manca una visione comune del mondo e una comune prospettiva delle minacce esterne. Per questo mancano anche le risposte condivise. In questo senso, l’Unione sta lavorando ad una bussola strategica (Strategic compass), che dovrebbe guidare l’azione strategica dell’Unione europea. “Ciò garantirà chiarezza all’interno dell’UE e allo stesso tempo aumenterà la credibilità dell’Unione europea nei confronti di terzi”. A frenare in qualche modo una definizione più precisa della politica estera dell’Unione è anche la necessità di raggiungere ogni volta l’unanimità in Consiglio per le decisioni in materia di politica estera, uno scoglio che secondo alcuni potrebbe essere superato introducendo un voto a maggioranza qualificata.
L’Unione europea è fatta di ventisette governi, parlamenti, ordinamenti sovrani: ciascuno pensa con la propria testa e secondo i propri interessi, anche per questo “il processo (di decisione, ndr) non è sempre lineare”. Si potrebbe aggiungere che è la complessità della democrazia a rendere difficile prendere decisioni, i compromessi che derivano dall’esigenza di mettere d’accordo tutti non sempre sono la decisione migliore. Dal canto suo, sottolinea Sonnino, il Servizio di azione esterna dell’UE non è altro che un “servizio”, come dice il nome, non ha un’agenda istituzionale e serve le istituzioni dell’UE – la Commissione e il Consiglio – e gli Stati membri. La realtà della politica estera è sempre più complessa e articolata”, ha aggiunto Sannino che si augura che il SEAE possa avere gli strumenti per mettere insieme tutti gli elementi di questa realtà complessa. Molto diplomaticamente aggiunge che il Servizio “non si sostituirà alla geopolitica della Commissione europea o delle altre Istituzioni”, ma forse è questo il passo che manca per dare all’Unione nel suo insieme una visione di politica estera.
Il maggiore risultato del Servizio europeo per l’azione esterna nei suoi dieci anni di attività è “la nostra presenza sul campo, le nostre delegazioni, missioni, operazioni e quello che hanno cercato di diventare in questi dieci anni”, ha concluso Sannino menzionando l’accordo sul nucleare iraniano tra i risultati positivi ottenuti, ma riconoscendo che “la creazione di un vero network di presenza sul campo” è stato il maggiore risultato del SEAE finora.