Bruxelles – La Brexit ha invertito i flussi commerciali tra le due sponde della Manica. A partire dall’esito del referendum che ha decretato l’uscita di Londra dal club a dodici stelle la domanda dei britannici per i prodotti “made in UE” si è ridotta, mentre è aumentata la quota di esportazioni britanniche verso il continente. Un effetto dovuto al deprezzamento della Sterlina che, se ha certamente ridotto il potere d’acquisto delle famiglie sull’isola, ha reso più vantaggiosa la vendita all’estero. E’ quanto contenuto nel bollettino della Banca centrale europea sulle conseguenze delle Brexit per il commercio.
Le stime interne della BCE suggeriscono “un calo della propensione all’importazione del Regno Unito dopo il referendum“. Ma le tendenze si erano già registrate prima del referendum del 23 giugno 2016. Già dalla metà del 2015 la crescita delle importazioni del Regno Unito di beni dall’UE e dall’area dell’euro è stata costantemente su una curva al ribasso, in netto contrasto con gli sviluppi più volatili del resto del mondo.
A guidare questo crollo sono soprattutto il settore automobilistico e farmaceutico. Veicoli e prodotti farmaceutici, che alla vigilia del referendum avevano rappresentato rispettivamente il 12% e il 6% circa delle esportazioni dall’area dell’euro al Regno Unito, sono passati da una crescita positiva stabile a due cifre a una negativa a due cifre.
C’è, come accennato, “il deprezzamento molto rapido e marcato” della Sterlina a spiegare “probabilmente” in parte il forte rallentamento della crescita delle importazioni di Londra di prodotti comunitari. Gli effetti negativi delle ragioni di scambio hanno ridotto i redditi delle famiglie, determinando sia una riduzione della domanda di importazioni sia una notevole decelerazione della crescita dei consumi.
La BCE riconosce comunque una “notevole freno alle esportazioni dell’area dell’euro“, senza tuttavia quantificarla. Ricorda che prima della Brexit il Regno Unito era “da tempo” uno dei principali partner commerciali dell’area dell’euro. Da sola la Gran Bretagna valeva circa il 14% della domanda estera dell’area dell’euro nel periodo 2016-18, e fino alla metà degli anni 2010 il Regno Unito è stato il principale partner commerciale della zona euro, anche prima degli Stati Uniti.
L’Eurozona dunque vive una “notevole incertezza” circa le conseguenze a lungo termine della Brexit, da una punto di vista commerciale e di domanda. Secondo l’analisi dell’Eurotower l’impatto della Brexit sulla domanda estera dell’area dell’euro e una crescita più ampia dipenderanno dalla misura in cui il Regno Unito potrà allontanarsi dai fornitori dell’area dell’euro a lungo termine e dalla misura in cui potranno fornire quei servizi principalmente provenienti dal Regno Unito in passato.