La protezione del clima e la digitalizzazione sono le priorità del Piano di ricostruzione e resilienza (DARP), in cui il governo federale ha investito 28 miliardi di euro, di cui 25,6 assegnati alla Germania dal Fondo per la ripresa dell’Ue. Per uscire dalla crisi, il Paese punta al tempo stesso su una questione in cui è da tempo all’avanguardia, ossia la sintesi tra tutela dell’ambiente e crescita economica, e su un tema in cui soffre di un cronico ritardo, quale è l’infrastruttura digitale. Una strategia accolta con scetticismo, delusione e critiche dalla Commissione europea. A Bruxelles, è stata amara la sorpresa quando dalle valutazioni preliminari del DARP è emerso come dal piano siano assenti quelle riforme strutturali che la stessa Germania ha posto in passato come condizioni per l’erogazione degli aiuti europei, tanto nella crisi finanziaria del 2008 quanto in quella dell’Eurozona nel 2012. La Commissione europea ha, inoltre, lamentato che la Germania intende sfruttare i fondi dell’Ue per aumentare il finanziamento di progetti già a bilancio, sia in materia di protezione del clima sia per la digitalizzazione. Il governo federale ha risposto cin una scrollata di spalle, affermando che tutti i paesi dell’Unione europea concentrano i rispettivi piani di ripresa su clima e digitalizzazione. Con il DARP, se si sposa la posizione della Commissione europea, la Germania pare dismettere i panni delBesserwisserdell’Ue, ossia del saputello, per indossare quelli del furbetto di cui tante volte ha severamente accusato gli Stati membri meridionali. Una trasformazione che ha profondamente irritato e preoccupato Bruxelles. Nei corridoi di Palazzo Berlaymont ci si chiede, infatti, quali possano essere gli sviluppi per l’Ue se la Germania smette di dare il buon esempio.
La retorica della severa maestra teutonica, che impartisce lezioni ad alunni indisciplinati, va da tempo stretta alla Germania. La crisi attuale ha poi fatto scoprire al paese e alla sua classe politicala necessità della spesa pubblica in deficit, tanto che i vincoli di bilancio previsti dalla Costituzione sono stati sospesi fino al 2022 e al 2024. Questa conversione ha raggiunto l’apice col Fondo per la ripresa europeo come iniziativa tedesco-francese, in cui gli aiuti dell’Ue paiono sottratti alle rigide condizioni che in passato la Germania ha imposto altri Stati membri. Artefice di questa svolta dai richiami keynesiani può essere considerato il ministro delle Finanze Olaf Scholz, candidato cancelliere per il Partito socialdemocratico tedesco (SPD) alle elezioni del Bundestag del 26 settembre. È stato lo stesso Scholz a illustrare i dettagli del DARP il 27 aprile scorso, in una videoconferenza con il ministro dell’Economia e delle Finanze francese, Bruno Le Maire, che a sua volta ha presentato il piano per la ripresa del proprio paese. Un evento altamente simbolico, con cui Germania e Francia hanno inteso rimarcare la propria iniziativa nel processo che ha portato all’istituzione Fondo europeo per la ripresa. “Romba il motore tedesco-francese”, ha commento Scholz su Twitter.
Dalle metafore automobilistiche, il ministro delle Finanze è tornato all’aritmetica per spiegare nel dettaglio i contenuti del DARP. In particolare, il piano per la ripresa tedesco prevede che il 90 per cento dei 28 miliardi di eurovenga investito nella protezione del clima e nella digitalizzazione. Di tale ammontare, alla politica per il clima e alla transizione energetica è destinato circa il 40 per cento, pari a 11,5 miliardi di euro. Le misure includono massicci investimenti per lo sviluppo dell’idrogeno, la promozione della mobilità rispettosa del clima e la ristrutturazione degli edifici affinché siano efficienti sul piano energetico. Per la decarbonizzazione, verranno finanziati progetti per 3,3 miliardi di euro. All’espansione della mobilità elettrica andranno circa 5,5 miliardi di euro, mentre per la ristrutturazione degli edifici ad alta efficienza energetica verranno spesi 2,5 miliardi di euro. Nella trasformazione digitale saranno investiti oltre 14 miliardi di euro. Sul totale, oltre il 50 per cento del DARP è dunque destinato alla digitalizzazione. Altri 1,9 miliardi di euro confluiranno in un programma di investimenti per i produttori di veicoli e l’industria dei fornitori. Il DARP include poi importanti progetti di comune interesse europeo (IPCEI), avviati in maniera congiunta da Germania e Francia. Le iniziative riguardano l’idrogeno (1,5 miliardi di euro), la microelettronica (1,5 miliardi di euro), le tecnologie per la comunicazione (1,5 miliardi di euro), il cloud (75 milioni di euro) e l’elaborazione dei dati (75 milioni di euro). Questi IPCEI sono o saranno aperti alla partecipazione di tutti gli Stati membri dell’Ue. La Germania intende utilizzare il DARP anche per la promozione dell’istruzione digitale, finanziata con 1,3 miliardi di euro. Il piano del governo federale mira, inoltre, a rafforzare la partecipazione sociale e un sistema sanitario resistente alle pandemie. A tal fine, il programma per gli ospedali è la più vasta misura singola nel DARP, con un volume di 3 miliardi di euro. L’obiettivo è promuovere gli investimenti necessari nelle moderne capacità di emergenza e una migliore infrastruttura digitale negli ospedali. Per Scholz, con il DARP, la Germania dovrebbe sperimentare nel lungo periodo una crescita del PIL del 2 per cento, mentre l’occupazione dovrebbe registrare un incremento dello 0,5 per cento.
Prima ancora che il ministro delle Finanze illustrasse il DARP, erano già trapelate alcune indiscrezione che descrivevano la Commissione europea scettica in merito al programma. Come ha rivelato il quotidiano Handelsblatt il 19 aprile scorso, a Palazzo Berlaymont il piano per la ripresa tedesco è stato giudicato “poco ambizioso”. La Commissione europea sarebbesoprattutto “seccata anche perché la Germania non sta adempiendo alla sua funzione di modello in Europa”.Il governo federale mancherebbe, infatti, di attuare le riforme strutturali, e non soltanto quelle connesse agli aiuti del Fondo europeo per la ripresa, “minando così la credibilità dell’Ue”. Tuttavia, come sottolineato da Handelsblatt, è “estremamente improbabile” che Bruxelles possa respingere il DARP. In Germania è, infatti, in corso la campagna elettorale per il voto del 26 settembre e “qualsiasi richiesta di riforme è vista come un’eccessiva interferenza dell’Ue negli affari interni” del Paese. Inoltre, la Commissione europea ha “soprattutto un notevole interesse” alla rapida erogazione degli aiuti agli Stati membri, per cui è necessaria la ratifica di ciascun Paese dell’Ue. In tale prospettiva, l’esecutivo europeo “non può permettersi una controversia” con la Germania, “il più grande Stato membro”. Tuttavia, già il 25 gennaio scorso, per Handelsblatt la Commissione europea avrebbe lamentato come al governo federale manchi lo zelo per le riforme “che richiede sempre dagli altri Stati membri dell’Ue”. La Germania avrebbe quindi dovuto migliorare il suo programma di riforme “nel proprio interesse, ma anche in quello dell’Europa”.
Durante colloqui con esponenti dell’esecutivo federale, rappresentanti della Commissione europea avrebbero affermato: “La Germania è il punto di riferimento per le riforme per tutti gli altri Paesi membri e speriamo che questo vi sia chiaro”. La preoccupazione dell’Ue è che, “se la Germania non riesce a realizzare le riforme, nemmeno gli altri Stati membri ne saranno capaci”. In particolare, la Commissione europea insiste sulla necessità della riforma del sistema pensionistico tedesco. Un tema difficile su cui intervenire, per qualsiasi politico in ogni paese. La complessità sale in maniera esponenziale quando è in corso una campagna elettorale, come in Germania dove i pensionati erano 21,2 milioni nel 2020. Tutto è ancor più complicato per un candidato socialdemocratico a cancelliere come Scholz. A ogni modo, il giudizio di Handelsblatt è categorico: il piano del governo federale per la ripresa “non contiene alcuna delle misure richieste dall’Ue”. La panoplia di investimenti contenuta nel DARP si compone dunque di “sussidi, non di riforme strutturali”.
Sulla questione è intervenuto il presidente dell’Istituto per la ricerca economica di Monaco di Baviera (IFO), Lars Feld. L’economista ha condiviso le tesi della Commissione europea, evidenziando che, “nella discussione sul Fondo per la ripresa dell’Ue, diventa chiaro come la Germania non sia un modello per le riforme” e non abbia attuato quelle richieste dall’Europa. La replica del governo federale è giunta al termine della videoconferenza di Scholz e Le Maire, quando il ministro delle Finanze tedesco ha scandito come le riforme strutturali siano previste dal DARP, per esempio con la modernizzazione e la digitalizzazione della pubblica amministrazione. Con un altro abile dribbling delle questioni più spinose relative al DARP, Scholz ha risposto a chi gli chiedeva conto del fatto che il piano finanzi ulteriormente iniziative già previste dal bilancio federale, come la protezione del clima e lo sviluppo dell’infrastruttura digitale. Al riguardo, il ministro delle Finanze ha evidenziato che tali settori sono prioritari anche nei piani di ripresa degli altri Stati membri. “Così fan tutti”, praticamente, e la Germania, almeno per ora, non intende certamente essere il Besserwisser dell’Ue.
Questo approfondimento fa parte della collaborazione di Eunews con Derrick, newsletter settimanale che indaga la Germania in vista delle elezioni del Bundestag di settembre 2021.