Quando a ottobre 2019 il governo aveva “fatto notte” e in una seduta fiume durata fino al pomeriggio del giorno dopo aveva approvato il Klimaschutzgesetz, i manifestanti di Fridays For Future, riuniti alla Porta di Brandeburgo per accerchiare simbolicamente il Bundestag, si erano dovuti accontentare di un accordo al ribasso. Delusi dal pacchetto per il clima introdotto dalla Große Koalition, i dimostranti, parte di varie associazioni ambientaliste, si erano organizzati per un ricorso alla Corte costituzionale federale, che ha sede a Karlsruhe.
La legge sulla protezione del clima approvata con grandi sforzi dalla GroKo, intendeva assicurare che la Germania soddisfacesse gli obiettivi climatici nazionali/europei in linea con l’Accordo di Parigi. Il provvedimento sanciva il traguardo di tagliare le emissioni di anidride carbonica di almeno il 55% rispetto al 1990 entro il 2030 e di arrivare alla carbon neutrality, ossia alle emissioni zero, entro il 2050.
Più in dettaglio, la legge fissava gli obiettivi di riduzione della CO2 nei singoli settori: energia, edilizia, trasporti, industria, agricoltura. Per quanto riguarda, invece, il programma di protezione climatica, il governo tedesco aveva previsto un mercato nazionale della CO2 in due settori, edifici e trasporti, che non sono coperti dal mercato europeo. Un meccanismo di carbon pricing, che fa pagare chi inquina di più attraverso lo scambio di quote di CO2.
Per quanto riguardava la parte sulle emissioni, si introduceva un lungo percorso che definiva obiettivi annuali fino al 2030. Un programma severamente criticat da Cdu e Csu, secondo cui obiettivi annuali erano “inaccettabili” alla stregua di una “economia pianificata”. A ogni modo, era un primo passo per una legge che si occupasse realmente del problema del clima e che guardasse alle nuove generazioni. Una prima risposta al movimento ambientalista Fridays For Future, molto forte in Germania.
Tuttavia, questo impegno sembrava non bastare alle associazioni ecologiste, che sono riuscite a ottenere una vittoria alla Corte costituzionale federale. Il tribunale si è espresso sul Klimaschutzgesetz il 29 aprile scorso, dichiarandolo in parte incostituzionale e stabilendo che le regole per l’aggiornamento del percorso di riduzione delle emissioni dopo il 2030 non sono sufficienti. In sostanza, veniva attaccata proprio la critica mossa da Cdu e Csu, ossia troppo poca pianificazione per il ventennio 2031-2050.
I giudici di Karlsruhe chiedono, quindi, obiettivi di riduzione più precisi delle emissioni di gas serra per il periodo successivo al 2030, offrendo al governo tempo fino alla fine del 2022 per la modifica della legge. Di fatto, una vittoria per le associazioni ambientaliste e una grana per il governo, sia uscente sia entrante.
Nelle motivazioni della sentenza, i giudici hanno preso in considerazione l’età di coloro che hanno presentato il ricorso. Secondo la Corte, infatti, la legge priva dei diritti le giovani generazioni, perché la riduzione delle emissioni colpisce “praticamente tutte le libertà, perché quasi tutte le aree della vita umana sono ancora associate all’emissione di gas serra e sono minacciate da drastiche restrizioni dopo il 2030”. Pertanto, esiste il pericolo che se si fa troppo poco ora, le prossime generazioni saranno gravate in modo sproporzionato dal 2030 in poi. “A una generazione non dovrebbe essere consentito di consumare gran parte del budget di CO2 con un onere di riduzione relativamente lieve se ciò lascia alle generazioni successive un onere di riduzione radicale”.
Con questa argomentazione, i giudici hanno posto una base importante anche per il futuro, chiarendo chi può avanzare ricorso contro la politica climatica tedesca e perché, ossia tutti coloro che saranno limitati nei loro diritti di libertà da restrizioni successive. E qui è interessante notare che non ci si riferisce alle restrizioni causate dal cambiamento climatico in sé, ma dalle rigide misure a protezione del clima che in futuro diverranno inevitabili.
Una sentenza come questa ha chiaramente avuto un notevole eco a livello politico, anche in vista delle elezioni del 26 settembre, del balzo in avanti nei sondaggi dei Verdi e della caduta libera del partito della cancelliera Angela Merkel. Il ministro dell’Ambiente Svenja Schulze (Spd) si è detta pronta a presentare una nuova Klimaschutzgesetz entro l’estate, definendo la sentenza della Corte costituzionale federale “vento favorevole alla protezione del clima”. Schulze ha poi incolpato Cdu e Csu per il fatto che non sia stato possibile pianificare oltre il 2030 gli obiettivi climatici.
Dal canto suo, il candidato cancelliere dell’Spd Olaf Scholz ha accusato i partiti conservatori di frenare l’espansione delle energie rinnovabili. “Un altro governo guidato dalla Cdu non solo non riuscirebbe a raggiungere gli obiettivi climatici, ma metterebbe anche a repentaglio la prosperità e il successo economico della Germania nei prossimi decenni”.
L’attivista per il clima Luisa Neubauer, tra coloro che avevano presentato l’esposto alla Corte costituzionale, è stata forse la più diretta nel mettere il tema direttamente nel panorama elettorale. “Mancano 22 settimane alle elezioni federali e la protezione del clima è un diritto fondamentale”.
In campo sono scesi anche i Verdi, che sulle questioni climatiche si trovano in linea con le tesi della Corte costituzionale: se non si adottano immediatamente misure efficaci per proteggere il clima, si deve procedere in maniera molto più radicale in futuro e attuare anche più restrizioni.
Il sigillo costituzionale sarà sicuramente utile in campagna elettorale per il partito ecologista, ma alcuni Verdi ora temono che questa sentenza possa dare maggior potere e sicurezza a parte degli attivisti di Fridays for Future. Attivisti che avevano già messo sotto pressione i Verdi in passato, lamentandosi di presunti piani di protezione del clima “privi di ambizioni” nel manifesto elettorale degli ambientalisti. Ma è proprio qui che si gioca il tema elettorale per i Verdi, primo partito secondo i sondaggi, che temono che piani di protezione del clima troppo radicali allontanino gli elettori della classe media, dall’altro lato, piani troppo blandi potrebbero allontanare la parte più ecologista, ribadendo così per l’ennesima volta la dualità del partito: combattivo sì, ma fino a un certo punto.
Infatti, la candidata cancelliera Annalena Baerbock e il co-presidente Robert Habeck hanno sempre assicurato di non voler interferire troppo con la vita delle persone nella lotta al cambiamento climatico. “Non abbiate paura”, ha dichiarato Baerbock nel 2019 al congresso del partito, “questa rivoluzione climatica è rivoluzionaria quanto un mutuo per la casa e un contratto di risparmio”. L’obiettivo era rassicurare gli elettori più moderati.
Tuttavia, se i Verdi sono finora stati in grado di placare gli attivisti con l’argomento che gli obiettivi ambiziosi non sono di alcuna utilità se non possono essere attuati, con la sentenza della Corte costituzionale del 29 aprile forse dovranno fare i conti con l’elettorato più radicale e radicato che chiede cambiamenti reali. Insomma, sia i Verdi sia il prossimo governo dovranno fare i conti con la realtà del cambiamento climatico. Si prevede una campagna elettorale tutta verde, a eccezione di Fdp e AfD che dell’anti-ecologismo hanno fatto un tratto distintivo.
Questo approfondimento fa parte della collaborazione di Eunews con Derrick, newsletter settimanale che indaga la Germania in vista delle elezioni del Bundestag di settembre 2021.