Bruxelles – L’Unione Europea è pronta per imporre alle Big Tech una tassa digitale, perché contribuiscano all’economia dell’Unione in modo proporzionale rispetto alla crescita dei profitti nell’ultimo anno di pandemia COVID-19. Con la risoluzione legislativa approvata dal Parlamento UE con 549 voti a favore, 70 contrari e 75 astenuti, gli eurodeputati hanno lanciato un messaggio chiaro alla Commissione: serve una proposta entro giugno di quest’anno, per assicurare l’autonomia europea anche nell’eventualità di slittamento di un accordo globale in seno all’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico).
A presentare il testo durante il dibattito di ieri (mercoledì 28 aprile) in sessione plenaria, sono stati i due relatori Andreas Schwab (PPE) e Martin Hlaváček (Renew Europe). “Da anni abbiamo un problema sui servizi dell’economia digitale, che sono tassati in modo completamente iniquo rispetto a quelli dell’economia classica”, ha introdotto il tema Schwab. Il relatore del gruppo del PPE ha rassicurato i colleghi sul fatto che “con questa relazione abbiamo fugato imprecisioni e dubbi a livello giuridico, per un’equa tassazione tra le aziende”. Gli ha fatto eco Hlaváček, che ha ricordato come durante la pandemia “le piattaforme digitali hanno aumentato il volume dei loro affari” e per questo motivo “devono contribuire al nostro sistema sociale come tutte le altre aziende”. Ma se i sistemi fiscali nazionali “hanno aperto la strada”, Schwab ha esortato a “difendere il Mercato interno attraverso una web tax comune, che superi la frammentazione tra Paesi membri”.
I due relatori hanno guardato con ottimismo ai negoziati OCSE per un adeguamento della fiscalità nel settore digitale a livello globale entro il 2021. C’è anche fiducia per i segnali positivi mostrati dagli Stati Uniti sotto l’amministrazione del presidente Joe Biden, in particolare sul ritiro della clausola Safe Harbor (che permetterebbe alle aziende americane di scegliere volontariamente se aderire a un meccanismo fiscale globale). Hlaváček ha avvertito che “noi vorremmo proposte più estese, ma abbiamo aspettato fin troppo”. Se fallissero i negoziati internazionali, “dobbiamo avere entro giugno la nostra strategia“, ha aggiunto Schwab. “Una web tax europea non è un’alternativa, ma un’integrazione dei servizi digitali nell’assetto fiscale internazionale”.
Sostegno al testo è arrivato anche da José Manuel Fernandes (PPE) e Valérie Hayer (Renew Europe), relatori per il parere della commissione Bilanci della Parlamento UE. “I giganti del web che hanno avuto enormi vantaggi dal Mercato unico devono fare la loro parte“, ha commentato Fernandes, “e senza un accordo internazionale, dobbiamo avanzare da soli”. Ha rincarato la dose Hayer: “La proposta della Commissione deve arrivare entro giugno”, così facendo “possiamo dimostrare agli elettori che siamo noi a fare le leggi, e non Google“.
Presente in Aula anche il commissario europeo per l’Economia, Paolo Gentiloni: “La crisi ci pone davanti a priorità ancora più urgenti di prima sul tema della tassazione digitale e della tassazione minima globale“. Il commissario per l’Economia si è rallegrato dei passi in avanti degli Stati Uniti su questo tema, “che ha cambiato l’architettura della discussione”, e ha ribadito l’importanza di un accordo che coinvolga tutti gli attori internazionali. Per quanto riguarda la tassa digitale europea, Gentiloni ha ricordato che la Commissione è pronta a presentare la proposta entro la metà di quest’anno e renderla operativa dal 2023, come anticipato dalla vicepresidente per il Digitale, Margrethe Vestager. “Lavoreremo per progettare una proposta che non interferisca con la prospettiva OCSE”, vale a dire una tassa “non discriminatoria e in linea con gli obblighi internazionali delle aziende”, che non crei “tensioni commerciali, ma complementare con l’obiettivo di accelerare la transizione digitale“.
Il dibattito parlamentare
È filtrato ottimismo dal Parlamento sulle prospettive di una tassazione nel campo digitale, con o senza accordo a livello OCSE. “Il segnale della nuova amministrazione statunitense fa ben sperare, ma una rondine non fa primavera e l’Unione deve avanzare sulla sua strada”, ha dichiarato Markus Ferber (PPE). Niels Fuglsang (S&D) ha aggiunto che “è giusto e ragionevole agire per tutelare le imprese europee che hanno subito i danni economici della pandemia”, mentre i giganti digitali “non contribuiscono come dovrebbero”.
Per i Verdi/ALE, “l’Unione Europea deve svegliarsi sulla giustizia fiscale e sostenere un sistema di tassazione digitale con un’aliquota minima del 21 per cento”, è stato l’invito di Damien Carême. Aliquota minima che viene alzata al 25 per cento nella proposta del co-presidente del gruppo della Sinistra, Martin Schirdewan: “Dobbiamo essere più ambiziosi, perché le piattaforme digitali possono essere attive e spostare gli utili, anche senza essere fisicamente presenti”.
L’europarlamentare del Movimento 5 Stelle e vice-presidente del Parlamento UE, Fabio Massimo Castaldo, ha posto l’attenzione sul sostegno “senza remore” che l’Unione dovrebbe dare alla proposta statunitense di una tassazione minima globale: “Si basa su un criterio oggettivo” e rappresenta “un’opportunità unica per un’ambiziosa riforma fiscale“. Per Castaldo, “l’alternativa sarebbe quella di accettare un debole compromesso sulla tassazione delle multinazionali”, che rischia di “erodere ulteriormente la fiducia dei cittadini”.
Sostegno con riserva alla prospettiva europea da parte di ECR: “La proposta di tassare le Big Tech è un’ottima idea, perché agiscono spesso in modo poco trasparente e non pagano tasse proporzionali ai loro profitti”, ha fatto notare Patryk Jaki. Tuttavia, “i Trattati sono vincolanti e pongono limiti precisi sul fatto che la materia fiscale è competenza nazionale e che serve l’unanimità”. Più critico il gruppo di ID, che attraverso le parole di Tom Vandendriessche, ha ribadito sì l’importanza di “imposte eque e proporzionali per finanziare insegnamento, cure sanitarie e pensioni”, ma allo stesso tempo “non possiamo accettare una tassazione europea, bisogna considerare le necessità sociali di ogni singolo Paese membro“.
Le reazioni in Italia
Al termine del confronto di ieri, il segretario confederale dell’Unione Italiana del Lavoro (UIL), Domenico Proietti, ha invitato il commissario Gentiloni a “rompere gli indugi e introdurre subito la digital tax“, con l’obiettivo di “reperire risorse utili alla ricostruzione economica post-pandemia”. Nel suo intervento, il segretario confederale ha accusato “tutti i Paesi occidentali” per il “colpevole ritardo” nell’introduzione della tassa digitale. In questo modo, sarebbero state alterate “profondamente” le regole della concorrenza, “penalizzando tutte le tradizionali attività produttive”.
Inoltre, ha aggiunto Proietti, da Bruxelles dovrebbe arrivare anche “la proposta di una maggiorazione d’imposta sui super profitti”, ovvero quelli realizzati da imprese avvantaggiate dalle condizioni socio-economiche determinate dalla pandemia COVID-19. “Serve un prelievo fiscale straordinario su una quota dei profitti in eccesso”, ha rincarato il segretario confederale della UIL.