Bruxelles – Certificato verde digitale, ora al via i negoziati tra le tre istituzioni per renderlo operativo entro fine giugno. Il Parlamento europeo ha dato via libera definitivo ieri (28 aprile) alla sua posizione negoziale sulla proposta della Commissione del 17 marzo scorso, introducendo alcune novità tra cui la richiesta di tamponi gratuiti e il vincolo per gli Stati a non introdurre nuove restrizioni ai viaggi, come l’obbligo di quarantena all’arrivo. Ma non solo.
L’Emiciclo si impunta innanzitutto sul nome dello strumento per garantire che la libera circolazione nello spazio Schengen sia ripristinata, chiedendo di cambiargli il nome da ‘Certificato verde digitale‘ a ‘certificato EU COVID-19′ rendendolo operativo per non più di 12 mesi. Non un documento di viaggio né una precondizione per esercitare il diritto alla libera circolazione degli europei: la proposta legislativa della Commissione sui cittadini dell’UE è stata approvata con 540 voti contro 119 e 31 astensioni, mentre la seconda proposta che riguarda i cittadini di Paesi terzi è stata approvata con 540 voti contro 80 e 70 astensioni.
Test accessibili e gratuiti per tutti, nessuna nuova restrizione di viaggio (come quarantena o autoisolamento all’arrivo), protezione dei dati, durata per 12 mesi, inclusione dei soli vaccini autorizzati per l’uso nell’UE dall’Agenzia europea per i medicinali (EMA) (attualmente Pfizer-BioNTech, Moderna, AstraZeneca e Johnson&Johnson): come avevamo sottolineato, sono queste nella sostanza, le linee di indirizzo della posizione parlamentare che rimane in parte distante da quella del Consiglio dell’UE, approvata lo scorso 14 aprile.
Il Parlamento è contrario alla possibilità di introdurre misure restrittive aggiuntive al Certificato per i viaggi, mentre gli Stati insistono sul fatto che sta a loro decidere se utilizzare i certificati per revocare le restrizioni o meno. Posizioni distanti come anche sull’accettare o meno nel Certificato vaccini non ancora autorizzati al commercio dell’EMA, che secondo l’Europarlamento alimenterebbe azioni scoordinate e decisioni da prendere tramite accordi bilaterali. Cosa che il Certificato dovrebbe scongiurare, in quanto nato dall’idea di un approccio coordinato europeo ai viaggi e alla libera circolazione. “Dobbiamo mettere in atto il certificato UE COVID-19 per ristabilire la fiducia delle persone in Schengen mentre noi continuiamo a lottare contro la pandemia”, ha commentato il presidente della commissione per le Libertà civili (LIBE) del Parlamento, il socialista Juan Fernando López Aguilar, responsabile per il dossier. “Gli Stati membri devono coordinare la loro risposta in modo sicuro e garantire la libera circolazione dei cittadini all’interno dell’UE”.
Ma il Parlamento europeo insiste soprattutto perché i test per rilevare il virus, i tamponi, così come i vaccini siano resi accessibili e gratuiti per tutti i cittadini, per evitare che ci siano ulteriori discriminazioni verso chi non può permettersi di farli di frequente. Il Certificato conterrà le informazioni se una persona è stata già vaccinata (e con quale vaccino approvato dall’EMA), dando però l’opzione a chi non si è ancora vaccinato di essere negativo a un tampone (sia molecolari PCR che rapidi dell’antigene) o ancora una prova di guarigione dalla malattia con la presenza di anticorpi. Difficile che riescano a strappare l’ok degli Stati per i tamponi gratuiti, ma fissare un prezzo ai test è un’opzione. Resta poi il nodo della durata della validità dello strumento: la Commissione ha già chiarito che l’uso del certificato sarà limitato nel tempo, ma ha preferito non indicare una durata specifica. Nella comunicazione presentata a marzo si legge che il Certificato “sarà sospeso una volta che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dichiarerà la fine dell’emergenza sanitaria internazionale COVID-19”. Tanto per la presidenza di turno del Portogallo quanto per il Parlamento il termine è troppo vago e hanno stabilito che dovrebbe durare un massimo di 12 mesi, un anno.
“Pericoloso, dominato da molte incertezze e, paradossalmente, tale da poter accentuare il rischio pandemico”. Queste le ragioni che hanno spinto gli eurodeputati della delegazione italiana nei Verdi europei, Piernicola Pedicini, Eleonora Evi, Ignazio Corrao e Rosa D’amato, a votare contro la proposta con la procedura d’urgenza. Proprio la procedura d’urgenza impedisce di “poter effettuare una ponderata valutazione d’impatto, senza dunque avere la possibilità di effettuare un’analisi costi-benefici e senza nessuna consultazione del Comitato delle regioni o del Comitato economico e sociale”, hanno ricordato gli eurodeputati. Ci sono ancora insicurezze scientifiche consolidate “su ognuno dei tre tipi di certificati – di vaccinazione, di guarigione, di test negativo – proposti, apre a nuovi interrogativi, con un’idea di fondo sbagliata per i possessori di questo certificato, come il pensare che vi possa essere l’assenza di rischi di contagio e la sicurezza degli spostamenti. Non vi sono prove scientifiche, al momento, a sostegno dell’idea che un la persona vaccinata, non sia più contagiosa. Questo strumento, allo stato attuale, non solo non garantisce a chi viaggia che non contrarrà e non trasmetterà il Covid, ma ha anche l’effetto di creare discriminazioni”, hanno concluso.
Soddisfatta la Commissione europea di poter avviare i negoziati. “Avremo il gateway dell’UE attivo e funzionante entro giugno, supportando nel contempo l’implementazione tempestiva dei sistemi nazionali!”, scrive su twitter la presidente della Commissione europea.
We will have the EU gateway up and running by June, while supporting the timely rollout of national systems.
— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) April 29, 2021