Roma – Immaginazione e creatività, capacità progettuale e concretezza. Con il Recovery plan “l’Italia deve fare questo” scrive Mario Draghi nella premessa delle 318 pagine del Piano nazionale di ripresa e resilienza presentate al Consiglio dei ministri. Aspettativa decisamente alta quella del premier: “Il governo vuole vincere questa sfida e consegnare alle prossime generazioni un Paese più moderno, in un’Europa più forte e solidale”.
Non tutto però è andato liscio. Il Consiglio dei ministri inizialmente previsto per venerdì è slittato alla mattina dopo, poi al pomeriggio e solo in tarda serata ha registrato il faticoso accordo. Lo stallo è stato superato anche dopo una telefonata tra il premier e la presidente Ursula von der Leyen. Le interlocuzioni con i funzionari della task force di supporto della Commissione sono state continue per superare gli scogli. Durante il negoziato erano infatti emersi diversi dubbi sui capitoli di spesa e gli interventi non in linea con le indicazioni del Recovery, con Bruxelles che ha chiesto maggiori dettagli sul cronoprogramma delle riforme, in particolare quelle sulla giustizia e sul fisco.
Le cifre ambiziose del Recovery nazionale il presidente del Consiglio le indica già nella premessa: “Nel 2026 l’anno di conclusione del Piano, il prodotto interno lordo sarà di almeno 3,6 per cento più alto rispetto all’andamento tendenziale e l’occupazione di quasi 3 punti percentuali”.
Impatti che saranno ancora più marcati con il programma di riforme che accompagnerà gli investimenti previsti secondo uno schema che prevede l’utilizzo di tutte le risorse previste dal Next Generation EU. Oltre al PNRR da 191,5 miliardi di euro, ci saranno dunque le risorse aggiuntive del REACT-EU e dalla programmazione dei fondi strutturali e di investimento UE 2021-2027 e quelle della programmazione nazionale. Finanziamenti che andranno a coprire in parte il fondo complementare da 30 miliardi che viaggerà in parallelo e con le stesse modalità attuative.
Nell’impianto delle sei missioni si incardinano i progetti su cui spiccano la transizione energetica e digitale, la banda larga, la mobilità sostenibile con gli interventi sull’alta velocità e i trasporti locali e metropolitani. Il piano punta la sua scommessa anche sui giovani con investimenti su formazione e ricerca, misure mirate dagli asili nido all’università con mense, palestre, alloggi e borse di studio. Anche su questo pilastro si innestano alcune riforme come l’abilitazione della laurea per l’accesso ad alcune professioni con l’abolizione dell’esame di stato. Per quel che riguarda il capitolo sanità cambia l’approccio: non ci sarà solo il solo potenziamento degli ospedali e dei pronto soccorso con l’obiettivo di cure sempre più di prossimità e domiciliari con un forte investimento nella telemedicina. Il piano prevede poi la nascita di un centro nazionale d’eccellenza per le epidemie.
Il piano dedica un’attenzione particolare al programma di riforme, alcune delle quali sono indicate nelle “raccomandazioni Paese” già segnalate per il 2019 e per il 2020 dalla Commissione europea. Sono contenute nelle singole materie d’intervento (di settore) o orizzontali e trasversali a ogni missione. In questo caso si tratta di riforme di sistema consistenti in innovazioni strutturali dell’ordinamento, per migliorare l’equità, l’efficienza e la competitività e riguardano la pubblica amministrazione e il sistema giudiziario. Un intervento su cui si innesteranno a breve scadenza due provvedimenti legislativi in parallelo: un decreto semplificazioni e una legge annuale di promozione della concorrenza. Sempre in tema di riforme rientrano gli interventi di modernizzazione del mercato del lavoro e in materia fiscale tenendo presente il tema delle imposte e dei sussidi ambientali.
Il Next generation EU, “rappresenta una imperdibile opportunità di sviluppo e investimenti e – si legge nel piano – può essere l’occasione per riprendere un percorso di crescita economica sostenibile e duraturo rimuovendo gli ostacoli che hanno bloccato la crescita italiana negli ultimi decenni”.
Nella distribuzione delle risorse, “soddisfa i parametri fissati dai regolamenti europei, con una quota di ‘progetti verdi’ pari al 38 per cento del totale e di progetti digitali del 25 per cento. Il 40 per cento circa delle risorse del PNRR sono destinate al Mezzogiorno, mostrando attenzione al tema del riequilibrio territoriale.
Le anticipazioni che scaturiscono dalle tabelle fanno già animare il dibattito tra le forze politiche di governo. Si chiude infatti l’esperienza della riforma pensionistica di ‘quota 100’ che non sarà rinnovata così come il superbonus energetico che secondo le rassicurazioni del ministro dell’Economia Daniele Franco sarà finanziato in manovra. Su questo ed altri interventi riferibili alla transizione energetica e alle misure green è possibile che il passaggio in Parlamento della prossima settimana possa suggerire ulteriori modifiche.
La cabina di regia sarà a Palazzo Chigi per la supervisione politica con la squadra dei ministri competenti, enti locali e parti sociali coinvolti nella predisposizione degli interventi che devono rispettare i criteri del piano. Il coordinamento spetterà al Ministero dell’Economia ma le amministrazioni coinvolte, con il supporto di una task force, saranno responsabili dell’attuazione delle singole opere, della gestione corretta delle risorse e degli obiettivi temporali assegnati ad ogni progetto. Lo schema non è molto diverso da quello impostato dal governo Conte 2 che era stato accusato di aver accentrato troppo su Palazzo Chigi: i partiti restano fuori dalla cabina di regia che può attivare poteri sostitutivi delle amministrazioni che non rispettano i target, e l’ultima parola sarà affidata al ministro dell’Economia.
L’esame preliminare del piano approvato dal Consiglio dei ministri, Draghi lo illustrerà lunedì e martedì al Parlamento dove sarà possibile limare ancora qualcosa senza toccare l’impianto complessivo. Sempre in settimana tornerà a Palazzo Chigi per il varo finale e l’invio alla Commissione europea secondo la scadenza prevista del 30 aprile.