Bruxelles – Cambiare le regole del gioco per accrescere la dimensione europea delle elezioni europee. A tre anni dalle prossime elezioni l’argomento torna in auge nei lavori del Parlamento di Strasburgo: “ne parliamo per l’ennesima volta, ma questa è un’occasione da non mancare vista la crescita dell’affluenza alle urne nell’ultima tornata”, osserva l’eurodeputato dei Socialisti e Democratici Giuliano Pisapia.
L’ex sindaco di Milano è membro della commissione Affari costituzionali al Parlamento europeo, dove da alcune settimane sono state avviate delle discussioni preliminari su una modifica alla legge europea del 1976 che regola l’elezione degli eurodeputati. È in corso la raccolta delle idee per dare sostanza alla relazione affidata al socialista spagnolo Domènec Ruiz Devesa. A novembre 2020, una risoluzione approvata a fronte di 468 voti a favore, 194 contrari e 34 astensioni, invitava a riflettere sulla necessità di cambiare alcuni meccanismi del voto.
Onorevole Pisapia, quali cambiamenti per il 2024?
A oggi quando decidiamo la composizione del Parlamento europeo abbiamo una situazione dove si vota con 27 leggi elettorali diverse, in giorni diversi e a età diverse. Sono elementi che tolgono significato a un momento di partecipazione democratica che interessa centinaia di milioni di cittadini europei. Nella commissione parlamentare di cui sono membro si sta parlando prima di tutto di varare una legge elettorale unica per tutti gli Stati europei, che stabilisca uno o più giorni di apertura delle urne uguali per tutti i 27 Paesi e che preveda la partecipazione al voto anche dei sedicenni (cosa che attualmente avviene solo in Austria e Malta, ndr). Un altro tema che condivido pienamente è la possibilità di creare una circoscrizione paneuropea almeno per alcuni seggi al Parlamento. E poi c’è il tema dello Spitzenkandidat, con cui vogliamo che i partiti europei indichino il loro candidato alla presidenza della Commissione europea. Vogliamo rafforzare questo meccanismo per accrescere la legittimazione di questa istituzione. Indispensabile è anche un criterio unico per il voto a distanza o per posta che possa permettere di votare ai disabili e ai cittadini europei temporaneamente all’estero in un altro Paese membro.
Ma c’è almeno un accordo di base su questi temi?
Per ora è ancora tutto in discussione, ma bisogna trovare il punto di equilibrio su molti temi. Ci sono divergenze per esempio sull’introduzione della possibilità per gli elettori di esprimere delle preferenze. Io credo sia giusto mandare in Parlamento una persona scelta dall’elettorato, ma alcuni Paesi non vogliono neanche parlarne. Sull’argomento delle liste transnazionali, che permetterebbero ai residenti di ciascuno Stato membro di votare un candidato di un altro Paese, bisogna combattere con le ritrosie di alcuni Paesi di piccola dimensione che temono di perdere voce in Parlamento in caso di vittoria da parte di una lista di candidati provenienti dai Paesi geograficamente più grandi. Credo che esprimere il proprio voto per un candidato di un altro Stato perché si condivide le idee che quest’ultimo promuove significa prendere in prestito un senso dell’Europa che i più giovani invece hanno.
In Parlamento quali sono le posizioni invece?
La proposta che ha ricevuto più consensi è stata quella del voto ai sedicenni, anche se il tema non è piaciuto al Partito Popolare. Ammetto però che anche all’interno dei socialisti ci sono disaccordi su alcuni meccanismi. C’è una valutazione molto positiva sulle liste transnazionali e sull’equilibrio geografico nella rappresentanza tra Paesi e sulla pari rappresentanza di genere che dovrebbero incorporare. Ma c’è divergenza sul principio dello Spitzenkandidat, che secondo alcuni tenderebbe a dare un’impronta quasi presidenziale alle elezioni per il Parlamento europeo.
Specialmente con la creazione di una circoscrizione paneuropea non avete il timore che le segreterie dei partiti nazionali possano opporre resistenza?
A quel punto dovremmo davvero chiederci cosa vogliamo fare dell’UE. In ogni caso nell’introdurre queste novità bisogna comportarsi con senso di equilibro e gradualità. Il fatto che possano esistere delle liste transnazionali sulla scheda elettorale non significa che si debba togliere spazio politico ai partiti nazionali. Comprendo che non si può cambiare tutto da un giorno all’altro, ma poter scegliere tra alcune liste per eleggere alcuni eurodeputati a livello transnazionale può essere un primo passo per creare una delle condizioni fondamentali per rendere più democratica l’Unione Europea.
Cosa ci si può aspettare dalla Conferenza sul Futuro dell’Europa?
La speranza e l’impegno devono essere rivolti a risolvere alcune delle assurdità istituzionali che ci sono nell’UE, come quella che riguarda la frammentazione delle leggi elettorali per decidere il Parlamento europeo o quella del principio dell’unanimità con cui il Consiglio può, con il veto di un solo Paese, vanificare una decisione approvata a larghissima maggioranza dal Parlamento. Mi auguro che l’Unione Europea possa uscire dalla Conferenza con più forza per contrastare le decisioni prese dai singoli stati che non sono fatte nell’interesse della democrazia e della cittadinanza europea.
Può essere la riforma dei trattati la strada maestra da seguire?
Non vedo un’alternativa valida per superare gli egoismi sollevati di volta in volta dai singoli Stati. Solo una richiesta avanzata da milioni di cittadini può far cambiare idea a chi non la condivide. Certe battaglie si vincono solo insieme.