Bruxelles – Cinque mesi che potrebbero cambiare la storia della Germania. Un conto alla rovescia di 157 giorni, che terminerà il 26 settembre con le elezioni federali per il rinnovo del Bundestag. Ma soprattutto, la prima volta che la cancelliera Angela Merkel non tenterà di difendere la sua leadership nel Paese dopo 16 anni di guida ininterrotta: gli elettori più giovani, che per la prima volta partecipano alle elezioni federali (le classi tra il 2000 e il 2003), non ricordano nemmeno come fosse “il mondo prima di Merkel”.
Parafrasando il titolo di un vecchio cartone animato, siamo di fronte alla corsa (elettorale) più pazza di Germania. Da marzo 2020 a marzo 2021, i centristi-conservatori della CDU-CSU hanno disperso un tesoretto di 10 punti percentuali, accumulato in un anno di gestione della pandemia COVID-19. Ora devono cercare di frenare la caduta, non scendendo oltre la soglia critica del 27 per cento. I Verdi sono in auge, grazie a un’inarrestabile crescita che li ha portati dal 9 per cento delle elezioni del 2017 all’attuale 23 per cento degli ultimi sondaggi: ma hanno dovuto affrontare le montagne russe della pandemia, che li aveva portati a una dura battuta d’arresto. Hanno qualche mese di tempo per tentare il sorpasso sull’Unione e strappare il primato nelle preferenze dei tedeschi.
È invece crisi nera per i socialdemocratici dell’SPD: sono lontani i tempi dei 25/30 punti percentuali degli anni ’10 del nuovo millennio: si cerca una nuova stabilità attorno al 15. Intanto riprendono piede i liberali di FDP (Freie Demokraten), che sperano di poter proporre a livello federale l’esperimento della “coalizione semaforo” – con Verdi ed SPD – nel Landtag della Renania-Palatinato: essere tornati in doppia cifra nei sondaggi dell’Istituto tedesco Infratest dimap li proietta fuori dall’irrilevanza politica.
Sembra essersi placata l’onda di consensi per l’estrema destra di AfD, che li aveva spinti a sfiorare il 20 per cento nel 2018. Ora Alternative für Deutschland si dovrebbe essere stabilizzata attorno all’11 per cento, in linea con i risultati del 2017. Senza pochi sussulti la corsa della sinistra di Die Linke, costantemente sotto alla soglia della doppia cifra e ancora alla ricerca di quello spunto che li ha portati in maggioranza nei Länder (Stati federali) di Berlino, Brema e Turingia.
I candidati in corsa
Per una corsa alla cancelleria che non si vedeva così combattuta da diversi anni, servono candidati che possano reggere il peso della novità politica. È questo sicuramente il caso della co-presidente dei Verdi, Annalena Baerbock, scelta lunedì scorso (19 aprile) come candidata alle elezioni del 26 aprile. “Sono qui per un rinnovamento“, ha promesso la leader ecologista. “Bisogna stabilire nuove regole, perché la progressività non sia l’eccezione, ma la regola”.
Più instabile è invece la posizione del primo violino del blocco CDU-CSU, Armin Laschet. Nominato ufficialmente candidato dell’Unione martedì (20 aprile), il presidente dell’Unione Cristiano-Democratica è uscito sfibrato dall’intensa sfida con il leader del partito gemello bavarese dell’Unione Cristiano-Sociale, Markus Söder. E con lui tutto il blocco centrista. Convince poco l’elettorato la sua linea di continuità a tutti i costi con l’ex-leader Merkel e la sua mancanza di personalità (come dimostrerebbero i sondaggi, che indicano il suo indice di gradimento al 35 per cento). Ma il segretario generale della CDU, Paul Ziemiak, ha fatto una scommessa precisa: non cedere al fascino del one-man show, ma continuare a dare stabilità e unità alla coalizione.
Il testa a testa tra la leader dei Verdi e l’uomo della continuità dell’Unione è tutto ciò che non si può perdere, ora che si sono spenti i semafori e si intravede il traguardo del 26 settembre. Alle loro spalle, i candidati degli altri partiti. Olaf Scholz per il Partito Socialdemocratico di Germania e Christian Lindner per il Partito Liberale Democratico: difficilmente potranno conquistare il gradino più alto del podio, ma dalle loro prestazioni elettorali dipenderanno le alleanze future. Da una coalizione semaforo, che escluderebbe la CDU-CSU dal governo dopo 16 anni, a un blocco di larghe intese. Oppure, in caso di risultati deludenti da parte di socialdemocratici e liberali, una non improbabile nuova alleanza tra i Verdi e l’Unione. Fanalini di coda, la sinistra di Die Linke e l’estrema destra di AfD, che non hanno ancora annunciato chi sarà la propria scelta per la corsa alla cancelleria.