Bruxelles – L’azione esterna dell’UE dà i suoi frutti. Con la mediazione del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, la Georgia trova la quadra per uscire dall’impasse politica in cui era piombata dopo le elezioni dello scorso novembre, che i partiti di opposizione non hanno voluto riconoscere i risultati. Alle accuse di brogli si sono poi unite contestazioni circa la politicizzazione della giustizia.
L’accordo prevede l’impegno per una riforma della magistratura da parte del partito di governo Sogno georgiano (SG), accompagnata da amnistie e indulto per arresti compiuti in particolare in occasione delle proteste anti-governative. Prevista una clausola per il riesame del processo contro Nika Melia, leader del partito d’opposizione Movimento nazionale unito (MNU), arrestato con l’accusa di sedizione.
MNU torna a sedere in Parlamento assieme agli altri partiti non di maggioranza, con l’istituzione che può riprendere a funzionare normalmente. Ancora, l’accordo siglato tra i rappresentanti dei partiti di governo e opposizione prevede elezioni parlamentari anticipate nel 2022 se il partito Georgian Dream segna meno del 43% nelle prossime elezioni locali, previste per ottobre di quest’anno (giorni non ancora definiti).
La presidente della repubblica caucasica, Salome Zourabichvili, saluta l’accordo come “una vittoria di tutto il Paese”, mentre Michel esulta perché “è finita la crisi politica”. Vero ma fino a un certo punto, perché la questione del rilascio di Melia pesa. Ci si attende un rilascio del capo del partito d’opposizione. Se così non fosse si rischia di tornare nel caos. Pace fatta, ma comunque armata. Il presidente del Consiglio europeo ricorda inoltre che l’accordo siglato “segna un nuovo inizio e l’avvio di un duro lavoro che porterà la Georgia avanti lungo il suo percorso euro-atlantico”, e qui bisogna capire fino a che punto Mosca lo permetterà. Intanto l’Europa si goda il suo momento di riuscita mediazione.