Bruxelles – Come per AstraZeneca, anche per il vaccino anti-Covid sviluppato dalla statunitense Johnson&Johnson possono verificarsi tra gli effetti molto rari della somministrazione casi di coaguli di sangue con piastrine basse, ovvero eventi tromboembolici. Nella riunione che si è tenuta oggi (20 aprile), il comitato per la sicurezza (PRAC) dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) ha concluso che questi eventi dovrebbero essere elencati come effetti collaterali molto rari della somministrazione del vaccino nel foglietto illustrativo del farmaco che ancora non è stato somministrato in UE. Esattamente come per AstraZeneca il comitato ha confermato poi che il rapporto rischio-beneficio complessivo della somministrazione del vaccino rimane positivo e quindi i benefici superano i rischi. Questo significa semaforo verde per il lancio della vaccinazione con J&J nell’UE (55 milioni di dosi tra aprile e giugno) che doveva partire lunedì 19 aprile, ma è stata sospesa in via precauzionale.
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L’Agenzia europea dei medicinali nell’ultima settimana ha portato a termine nuove analisi sul vaccino dopo che l’Agenzia del farmaco degli Stati Uniti ha deciso il 13 aprile di sospenderne la somministrazione negli USA a titolo precauzionale, dopo aver constatato casi di trombosi (diffusi tra under 60 e soprattutto donne) molto simili a quelli che preoccupavano per i vaccino AstraZeneca. Poche ore dopo, la società farmaceutica statunitense ha deciso quindi di “ritardare il lancio” del farmaco anche in Europa previsto per l’inizio di questa settimana.
Il Comitato dell’EMA spiega in una nota di aver analizzato tutte le prove attualmente disponibili, inclusi otto rapporti dagli Stati Uniti di casi gravi di coaguli di sangue insoliti associati a bassi livelli di piastrine, uno solo dei quali ha provocato la morte del paziente. Al 13 aprile – quando è stata avviata l’indagine approfondita – c’erano oltre 7 milioni di persone ad aver ricevuto il vaccino Janssen (così è chiamato tecnicamente) negli Stati Uniti. Tutti i casi si sono verificati in persone di età inferiore a 60 anni entro tre settimane dalla vaccinazione, la maggioranza dei casi riscontrati nelle donne. Il responsabile della task force sull’analisi dei dati e sui metodi dell’EMA, Peter Arlett, ha ricordato in conferenza stampa i numeri dei casi di coaguli di sangue registrati finora con i vari vaccini contro il COVID. “Per il vaccino Johnson&Johnson abbiamo 8 casi in tutto il mondo, tutti dagli USA. Per il vaccino AstraZeneca 297 casi, di cui 142 nell’Area economica europea. Per Pfizer, 25 e 5 per Moderna”, ha detto. I dati sono aggiornati al 13 aprile.
Dal momento che l’Agenzia di Amsterdam non ha individuato alcun fattore di rischio specifico legato alla somministrazione del farmaco, non ha raccomandato alcuna misura specifica per ridurre il rischio, ovvero non raccomanda limitazioni di età o di genere per la sua somministrazione. Come per AstraZeneca, gli Stati membri potrebbero decidere ugualmente di circoscriverne la somministrazione a una determinata categoria di persone o fascia d’età. Il vaccino J&J è uno di quelli su cui l’UE puntava molto per accelerare la campagna di vaccinazione nel Continente, non solo per la quantità di dosi ma anche perché a differenza degli altri 3 approvati al commercio (Moderna, BioNTech-Pfizer, AstraZeneca) richiede una sola somministrazione.
Le indagini sul vaccino statunitense “continueranno” per approfondire i dati, ha fatto sapere in conferenza stampa Emer Cooke, direttrice esecutiva dell’EMA. Come per l’altro vaccino finito sotto analisi, Cooke ha chiarito che “quando i vaccini vengono distribuiti a un gran numero di persone, possono verificarsi eventi molto rari che non sono stati identificati negli studi clinici”. Il ruolo dell’EMA è quello di rilevare e analizzare questi rischi e il loro impatto sul rapporto tra rischi e benefici del vaccino”.