Lunedì scorso, 12 aprile, è iniziato a Dresda il processo per l’omicidio di Thomas L. e il grave ferimento del suo compagno Oliver L., aggrediti a coltellate la sera del 4 ottobre 2020 nel centro storico del capoluogo della Sassonia. Sul banco degli imputati siede A.A.H., di soli 21 anni, cittadino siriano in Germania dal 2015 e sotto osservazione come islamista radicale già dall’anno 2017. Dato il profilo del presunto assalitore, arrestato due settimane dopo l’aggressione (il 20 ottobre), l’attacco era stato inizialmente trattato come crimine legato unicamente all’islamismo radicale. Dopo le segnalazioni e le forti proteste della comunità LGBTQ, però, gli inquirenti hanno riconosciuto il ruolo cruciale dell’omofobia nello specifico crimine d’odio.
L’aggressione ha dato vita a un dibattito su più livelli in Germania. Der Spiegel ha definito l’aggressione di Dresda come “der erste islamistische Anschlag auf Homosexuelle in Deutschland”, vale a dire “il primo attentato islamista contro omosessuali in Germania”. Il caso è stato preso significativamente in consegna dalla Bundesanwaltschaft, la corte di giustizia federale che si occupa dei casi di criminalità più grave e dei casi di terrorismo. Questa settimana, in apertura del processo, l’accusa ha formalmente imputato A.H.H. di “omicidio, tentato omicidio e aggressione grave”. L’accusa ha anche dichiarato che l’imputato avrebbe attivamente scelto le proprie vittime dopo averle soggettivamente valutate come omosessuali e come “rappresentanti di una società libera e aperta che egli rifiutava perché costituita da infedeli”, muovendosi quindi in base al proprio radicalismo islamista.
Il processo deve ancora svolgersi e si dovrà vedere cosa ne sarà delle accuse, ma A.A.H. avrebbe già confermato tramite il proprio avvocato difensore di essere l’autore dell’aggressione, seppur non nella forma di una confessione ma di una rivendicazione. Al momento le informazioni più dirette sulla posizione dell’imputato arrivano dallo psichiatra che ne sta valutando lo stato mentale. Secondo lo psichiatra la scelta delle vittime su base omofoba è stata più volte riaffermata da A.A.H., che avrebbe anche espresso frustrazione non per l’omicidio di Thomas L. ma per non essere riuscito a uccidere anche il suo compagno.
Gli errori dell’antiterrorismo
La sera del 4 ottobre la coppia, originaria del Nord Reno-Vestfalia, si trovava a Dresda per una breve vacanza. I due uomini stavano rientrando verso il proprio hotel, camminando per alcuni tratti abbracciati e mano nella mano. Secondo gli inquirenti e l’accusa, quest’ultimo dettaglio avrebbe fatto di Thomas L. e Oliver L. il bersaglio dell’assalto omofobo da parte di A.A.H. Il giovane ha seguito gli uomini e li ha poi aggrediti entrambi alle spalle, armato di due lunghi coltelli. A.A.H. aveva acquistato i coltelli due giorni prima e si aggirava in città già con il preciso intento di attaccare qualcuno. Proprio su uno dei due coltelli è stato trovato il DNA del giovane durante le indagini dopo l’omicidio.
Il profilo e la biografia recente di A.A.H. hanno confermato precise falle nell’approccio tedesco nel fronteggiare l’islamismo radicale (così come altre forme di estremismo-terrorismo). Arrivato in Germania a soli 15 anni, il giovane A.A.H. si è radicalizzato con estrema velocità sul territorio tedesco, entrando in contatto con ambienti filo-jihadisti e salafiti radicali. Si tratta di uno schema che si ripete molto spesso e che ruota attorno all’indottrinamento di giovanissimi da parte di gruppi che sono da tempo radicati in Germania e che coinvolgono sia giovani nati e cresciuti sul posto sia giovani appena immigrati nel paese. Così come per l’estremismo di destra, il nutrimento ideologico, l’incoraggiamento violento e il sostanziale fiancheggiamento tattico di quelli che saranno poi attentatori solitari è sempre più una strategia consapevole di segmenti dell’islamismo radicale.
Già nell’agosto 2017 il Landeskriminalamt della Sassonia aveva classificato internamente A.A.H. come Gefährder, cioè come soggetto pericoloso (di fatto capace di atti di violenza/attentati) nella categoria “estremismo religioso/islamismo” della cosiddetta PMK – Politisch motivierte Kriminalität (criminalità motivata politicamente). Nel settembre 2018 A.A.H. era stato poi indagato per aver progettato un attentato suicida proprio a Dresda, per aver operato con altre persone nel reclutamento di membri per lo Stato Islamico e per alcuni altri reati (tra cui lesioni corporali). Il tribunale minorile lo aveva quindi condannato a una pena di 3 anni e 1 mese. Secondo una ricerca del quotidiano Süddeutsche Zeitung, nel 2018 e nel 2019 anche il BND, il servizio segreto esterno tedesco, avrebbe ricevuto due informative da un non meglio specificato “servizio segreto di altro paese” sulla pericolosità dello stesso A.A.H. Durante la detenzione A.A.H. è stato seguito da un apposito team di deradicalizzazione, il cui operato è stato però inutile (a detta dello stesso team-leader). Il giovane è quindi uscito dal carcere minorile il 29 settembre 2020, con l’obbligo di firma da rispettare 3 volte alla settimana. Solo cinque giorni dopo il suo rilascio, però, A.A.H. ha ucciso Thomas L. e ferito gravemente Oliver L.
L’intera vicenda ha aperto specifiche discussioni sulla capacità delle autorità di controllare una persona già classificata appunto come Gefährder. Il Landesamt für Verfassungsschutz della Sassonia (l’intelligence interna del Land) avrebbe effettivamente seguito A.A.H. nei giorni dopo il rilascio, ma solo parzialmente. L’osservazione completa o parziale è solitamente il risultato di analisi e valutazioni del rischio. Valutazioni che possono essere totalmente sbagliate, com’è avvenuto in questo caso. Un contributo nel contenimento di atti violenti da parte di Gefährder arriva solitamente anche dalle informazioni fornite dagli informatori presenti nei vari ambienti estremisti, le cosiddette V-Leute, ma anche questo elemento non sembra essere servito nel caso di Dresda.
Una delle maggiori difese da parte delle autorità quando non riescono a fermare un attacco violento di natura estremista restano le difficoltà operative nel controllare un numero di soggetti sempre più alto. Solo per il dossier “islamismo radicale” sono valutate oggi come estremiste più di 12mila persone, di cui almeno 474 attualmente classificate come Gefährder (dato del febbraio 2021).
Gli attacchi frutto di omotransfobia sono in crescita in Germania
Il processo di Dresda prevede almeno altre 11 sedute e dovrebbe concludersi a maggio. Il crimine d’odio di Dresda, intanto, si inserisce in una crescita complessiva della violenza frutto di omotransfobia in Germania. Violenza che non si esaurisce nelle sue declinazioni più letali come l’aggressione di Dresda e che non è certamente espressione del solo islamismo radicale. Alla base dei crimini frutto di omotransfobia ci sono molteplici impostazioni politiche, ideologiche, religiose, sociali e culturali prodotte da dinamiche e strutture di discriminazione trasversali a tutta la società tedesca. L’estremismo di destra e il neonazismo continuano ad esempio a mantenere un ruolo di primo piano nella violenza contro persone LGBTQ. Violenza che nella classificazione da parte della polizia rientra nella già citata PMK (criminalità motivata politicamente), nello specifico quella ulteriormente classificata come motivata da odio verso “orientamento sessuale” e “identità sessuale/di genere”.
Secondo i dati ministeriali riportati dal LSVD – Lesben- und Schwulenverband in Deutschland (la più grande associazione LGBTQ tedesca), nel 2020 ci sono stati 782 reati di omotransfobia, di cui 154 atti violenti e aggressioni. 174 crimini d’odio (di cui 31 violenti) sono stati riconducibili alla classificazione PMK-estrema destra, 21 (di cui 5 violenti) sono stati classificati come frutto di PMK-estremismo religioso, 14 (di cui 5 violenti) sono stati classificati come frutto di PMK-estremismo nazionalista straniero, 14 (0 atti violenti) sono stati classificati come frutto di PMK-estrema sinistra. Ma, soprattutto, 459 reati (di cui 113 violenti) sono stati classificati come crimini d’odio PMK senza però una particolare ulteriore classificazione politico-ideologica. Si tratta di dati non ancora definitivi, che seguono soprattutto la razionalità operativa e analitica degli inquirenti che hanno indagato/indagano su ciascun caso. Secondo le associazioni LGBTQ i numeri sarebbero inoltre solo una piccola parte rispetto a una quantità di crimini d’odio che rimangono ampiamente sommersi, ignorati e mai denunciati. I dati, tuttavia, indicano ugualmente uno specifico trend: nel 2020 i reati-attacchi mossi da omotransfobia in Germania sono cresciuti del +36% rispetto all’anno precedente.
Questo approfondimento fa parte della collaborazione di Eunews con Derrick, newsletter settimanale che indaga la Germania in vista delle elezioni del Bundestag di settembre 2021.