Bruxelles – Cresce la preoccupazione dell’UE per gli oltre 150mila soldati russi ammassati ai confini dell’Ucraina e per le condizioni di salute di Alexei Navalny, l’oppositore del presidente Vladimir Putin, in carcere da tre mesi dopo il tentativo di avvelenamento nell’agosto dello scorso anno. Per ora, però, non sono all’orizzonte nuove sanzioni nei confronti della Russia da parte dell’Unione Europea, ancora una volta incapace di dotarsi di una politica estera all’altezza dei suoi proclami. “Le cose potrebbero cambiare in futuro, ma questa è per ora la situazione”, ha precisato l’alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, al termine dell’informale Consiglio Affari Esteri che ha visto slittare in cima all’agenda proprio la politica di Mosca.
Il rischio che il leader dell’opposizione russo Alexei Navalny muoia da detenuto, da una parte. E la provocazione dell’aggressione russa in Ucraina, dall’altra. Su quest’ultimo dossier “servono maggiori sforzi diplomatici” per la de-escalation della tensione, ha avvertito il capo della diplomazia europea, lodando l’Ucraina per la sua moderazione nel non rispondere alla provocazione di Putin e sollecitando Mosca a distendere la tensione in corso. Alla riunione informale era presente virtualmente il ministro degli Affari esteri dell’Ucraina, Dmytro Kuleba, che ha aggiornato gli omologhi sull’evoluzione. “La situazione è molto preoccupante: più di 150 mila truppe russe sono ammassate lungo i confini ucraini e in Crimea e il rischio di ulteriore escalation è evidente”, ha sintetizzato in conferenza Borrell.
Il dato è nuovo, anche se Borrell non rivela da dove arrivi. Cita le 150mila forze dispiegate militarmente da Mosca, ovvero il più grande numero finora raggiunto di truppe ammassate alle frontiere ucraine. Chiaro “che è una questione che ci preoccupa, perché quando c’è un forte dispiegamento militare, ci può essere una scintilla che può tramutarsi in un incendio”, ha denunciato Borrell. Per il capo della diplomazia europea i ministri europei hanno condiviso la necessità di “sostegno alla sovranità e all’integrità territoriale dell’Ucraina”, con annesso non riconoscimento dell’annessione illegale russa della Crimea e la richiesta della piena attuazione degli accordi di Minsk, firmati nel 2014 come piano di pace per l’Ucraina orientale. “Aumenteremo gli sforzi diplomatici al fine di ristabilire l’integrità territoriale ucraina”, ha proseguito Borrell, confermando la partecipazione dell’UE il 23 agosto al Summit della Piattaforma di Crimea”.
Ma preoccupano anche le “condizioni critiche” in cui versa Navalny, che hanno attirato l’apprensione di tutto il Continente. Dopo un appello di ieri a garantire al leader d’opposizione russa “l’accesso immediato ai professionisti medici di cui si fida”, Borrell in conferenza stampa ha ribadito che Bruxelles considera “le autorità russe responsabili della sua sicurezza e salute, e saranno ritenute responsabili” se qualcosa dovesse accadergli. Navalny è in sciopero della fame dall’inizio di aprile per protestare contro il rifiuto della prigione dove è detenuto di dargli accesso a un medico di sua scelta. La portavoce dell’oppositore russo ha detto senza giri di parole che “Alexei sta morendo: nelle sue condizioni è una questione di giorni”. Dopo la mobilitazione di ieri, oggi il penitenziario in cui è detenuto ha reso noto che “sarà trasferito nel reparto ospedaliero della colonia penale IK-3, nell’oblast(regione) di Vladimir”, dove è presente anche un grande ospedale. “Abbiamo saputo che è stato trasferito nell’ospedale della prigione. Chiediamo che abbia accesso immediato ai suoi medici di fiducia. Riteniamo la Russia responsabile per la salute di Navalny”, ha avvertito Borrell.
I ministri degli Esteri dell’UE hanno invece assunto decisioni sul colpo di stato in Myanmar (Birmania) del primo febbraio, adottando sanzioni per 10 persone e due società controllate dai militari considerati coinvolti con il colpo di stato – Myanmar Economic Holdings Public Company Limited ( MEHL ) e Myanmar Economic Corporation Limited (MEC). Secondo Bruxelles, tutte le “persone colpite dalle sanzioni sono tutte responsabili di indebolire la democrazia e lo stato di diritto in Myanmar / Birmania, nonché di decisioni repressive e gravi violazioni dei diritti umani”.