Bruxelles – Unione Europea alla ricerca di un obiettivo intermedio al 2030 sul clima prima del 22 aprile, quando gli Stati Uniti ufficializzeranno il loro ritorno sulla scena globale nella lotta ai cambiamenti climatici. Ormai manca meno di una settimana al forum dei leader mondiali sui cambiamenti climatici ospitato dal presidente statunitense Joe Biden, organizzato per svelare al mondo il nuovo piano degli Stati Uniti di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra per il prossimo decennio. E l’UE non può presentarsi senza un obiettivo a medio termine per il 2030.
Quindi tappe serratissime per arrivare al vertice di settimana prossima – a cui parteciperanno 40 capi di Stato e governo – con un accordo unitario sulla legge europea sul clima varata il 4 marzo 2020, che si incardina proprio sul nuovo obiettivo di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990. Commissione e Consiglio fanno fronte unitario per il -55 per cento, mentre l’Europarlamento alza la posta proponendo il 60 per cento. I cinque cicli di negoziati che si sono tenuti finora non hanno prodotto risultati concreti su questo aspetto centrale della legge clima, ma il vertice di Biden è una posta troppo alta per arrivarci impreparati e questo lascia intendere che i negoziatori riusciranno a trovare la quadra sui numeri.
Martedì 20 aprile inizia il sesto ciclo di negoziati: il Consiglio e la Commissione vogliono un accordo per il 22 aprile, in cui si celebrerà anche la Giornata della Terra. Ma secondo l’eurodeputato dei Verdi, Michael Bloss, negoziatore per la legge clima, anche il presidente della commissione parlamentare per l’Ambiente (ENVI), Pascal Canfin di Renew Europe vorrebbe un accordo per quella data, cercando di convincere i suoi colleghi ad allinearsi alla posizione del Consiglio, che difende una riduzione netta delle emissioni di gas serra (tenendo conto della rimozione del carbonio) di almeno il 55 per cento.
A quanto apprendiamo da fonti parlamentari vicine ai negoziati, la Commissione Europea ha avanzato una nuova proposta di compromesso discussa al COREPER, sede dei rappresentanti permanenti, mercoledì 14 aprile su cui il Consiglio è irremovibile. Continua a sostenere di voler raggiungere una riduzione delle emissioni del 55 per cento al 2030 ma tenendo conto dei cosiddetti pozzi naturali di assorbimento del carbonio (come le foreste, gli alberi) e dunque una riduzione netta del 52,8 per cento, ancora inferiore. Il Parlamento rimane convinto dell’obiettivo climatico per il 2030 al 60 per cento, senza tra l’altro includere i pozzi di assorbimento del carbonio. Il mandato del Consiglio rimane invariato anche per quanto riguarda l’obiettivo climatico a lungo termine per il 2050, ovvero la piena neutralità climatica (emissioni nette zero) stabilita dal Green Deal: uno dei motivi di scontro tra i negoziatori è che gli Stati vogliono considerare l’obiettivo come da raggiungere in maniera complessiva da tutti gli Stati membri, mentre l’Europarlamento vuole che l’obiettivo sia raggiunto individualmente da tutti gli Stati membri.
D’altro canto gli Stati hanno “concesso” il via libera al Parlamento per l’istituzione di un Consiglio indipendente per il clima con un numero limitato di membri da 13 a 15. Inizialmente i Paesi spingevano per un esperto per Stato membro, dunque 27 esperti per avere totale rappresentanza, mentre il Parlamento insisteva sul fatto che fosse limitato a un massimo di 15 scienziati indipendenti al fine di evitare di farlo diventare un organo puramente politico per difendere i propri interessi nazionali. La posizione dell’Eurocamera era stata sostenuta anche da un gruppo di scienziati che hanno indirizzato una lettera alle altre due Istituzioni dell’UE.