Bruxelles – “Colpire la criminalità organizzata dove causa i maggiori danni, è l’inizio della nostra battaglia per i prossimi cinque anni”. Nelle parole pronunciate ai giornalisti il vicepresidente della Commissione europea Margaritis Schinas indica l’approccio della nuova Strategia quinquennale per la lotta al crimine organizzato.
A quasi un anno di distanza dal lancio della Strategia europea per la sicurezza viene svelata la tabella di marcia che porterà le autorità europee e quelle dei 27 Stati membri a rinnovare la lotta al crimine concentrandosi sul potenziamento dell’attività delle forze dell’ordine e della cooperazione nel campo giudiziario.
L’iniziativa della Commissione andrà in quattro direzioni. Il 70 per cento dei gruppi criminali nell’Unione Europea è attivo in almeno tre Stati e questo invita a rafforzare lo scambio di informazioni e la cooperazione tra le autorità di contrasto e autorità giudiziarie. Questo rende necessario ammodernare e finanziare meglio EMPACT, la struttura che dal 2010 riunisce tutte le autorità preposte a livello europeo e nazionale a identificare le minacce prioritarie della criminalità. Significa però anche aggiornare il “quadro Prüm” per lo scambio di informazioni su DNA, impronte digitali, foto e immatricolazione dei veicoli. La Commissione ha annunciato l’adozione di un nuovo codice UE di cooperazione di polizia (utile a rendere interoperabili i sistemi di informazione in campo di sicurezza) e l’istituzione di un nuovo accordo tra Europol e Interpol.
Bruxelles vuole anche migliorare la risposta europea a determinati reati specifici: reati ambientali, crimini informatici, contraffazione (in particolare quella legata ai dispositivi medici), commercio illecito di beni culturali, tratta di esseri umani. Per ognuno di tutti questi reati l’obiettivo è di riesaminare le norme dell’UE.
“Vogliamo che il crimine non paghi”, ha affermato Schinas in conferenza stampa. Nel 2019 i proventi da attività illecite nei principali mercati criminali rappresentavano l’1 per cento del PIL dell’UE, pari a 139 miliardi di euro. Dati che incoraggiano a rivedere il quadro dell’UE sulla confisca dei proventi di reato, a sviluppare delle norme antiriciclaggio europee (è attesa una proposta legislativa della commissaria ai servizi finanziari Mairead McGuinness sulla questione) e a rivalutare la regolamentazione europea per la lotta alla corruzione. Tali misure aiuteranno anche a evitare l’infiltrazione nell’economia legale, che riguarda l’80 per cento delle attività criminali. “Dietro a queste attività di facciata c’è un mondo di dolore e di sofferenza umana che noi non vediamo e che si estende dal ristorante sushi fino all’azienda edile, dal negozio di fiori per strada fino al parrucchiere. Non sappiamo di quali negozi si tratta, ma sappiamo che molti sono parte di una rete criminale”, ha dichiarato il commissario agli Affari interni Ylva Johansson, intervenuta per la presentazione della Strategia.
Ma occorre anche garantire un più efficace adattamento delle autorità di contrasto e delle autorità giudiziarie alle sfide digitali. L’80 per cento dei reati presentano una componente digitale, ma spesso l’accesso alle prove digitali o agli indizi più importanti per le indagini è impossibile a causa dell’abilità da parte delle organizzazioni nel farla franca. “Dobbiamo tornare a occuparci della conservazione dei dati“, ha affermato Johansson riferendosi all’esigenza di permettere un accesso legittimo alle informazioni criptate nel contesto delle indagini e delle azioni penali senza però tradire la tutela della sicurezza e della riservatezza delle comunicazioni.
Una strategia contro il traffico di esseri umani
Nell’ambito dei reati specifici da affrontare la Commissione ha affiancato alla nuova Strategia contro la criminalità organizzata una Strategia quinquennale specifica per la lotta alla tratta degli esseri umani. Oltre a lanciare una campagna di prevenzione rivolta ai settori ad alto rischio, rafforzare la direttiva sulle sanzioni nei confronti dei datori di lavoro, Bruxelles vuole introdurre dei doveri di diligenza che obblighino le imprese ad adottare le misure necessarie a prevenire il lavoro forzato. Tra gli obiettivi c’è quello di dotarsi delle competenze necessarie, formando al meglio gli agenti di polizia e aumentando la presenza sul suolo europeo di magistrati specializzati sull’argomento. Ma la prospettiva è quella di punire non solo chi si serve del traffico di esseri umani, ma anche chi fa uso dei servizi legati alla tratta. “Dobbiamo combattere una cultura dell’impunità dilagante. Se una persona sa che riceve un servizio da una vittima di tratta di persone compie un reato e bisogna punirla”, ha continuato Johansson.
Come ha ricordato la stessa commissaria svedese “tra le vittime non ci sono solo cittadini di Stati terzi”. Metà dei casi di traffico di esseri umani colpisce cittadini dell’Unione Europea. Il 75 per cento dei bambini vittime di tratta è rappresentata da minori UE e il 70 per cento delle ragazze e delle donne che subiscono tratta e prostituzione è composto da persone con cittadinanza europea.