Bruxelles – C’è attesa in Europa per la presentazione del quadro giuridico sull’intelligenza artificiale, annunciato ormai due mesi fa dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e che dovrebbe dare una risposta alle necessità dell’industria 4.0 in termini di innovazione e investimenti trans-frontalieri. Ma intanto bisogna fare i conti con lo stato dell’arte e la situazione sul suolo comunitario è tutt’altro che idilliaca: come emerge dai dati Eurostat pubblicati oggi (martedì 13 aprile), nel 2020 solo 7 imprese europee su cento hanno utilizzato applicazioni di intelligenza artificiale.
Nonostante l’Unione Europea riconosca “l’importanza strategica” delle tecnologie all’avanguardia come “motore fondamentale dello sviluppo economico”, è quasi residuale la quota di aziende con almeno 10 persone impiegate che si è dotata di strumenti capaci di offrire a macchine e sistemi la capacità di analizzare il loro ambiente e prendere decisioni con un certo grado di autonomia.
A livello comunitario, lo scorso anno il 2 per cento delle imprese ha utilizzato l’apprendimento automatico per analizzare internamente i big data (come il deep learning). La stessa quota ha sfruttato chatbot (personaggio virtuale di intelligenza artificiale animato) come rappresentanti del servizio clienti online e ha affidato a robot altre mansioni di servizio (pulizia, smistamento di articoli in magazzino, aiuto dei clienti alla cassa). Solo un’azienda su cento ha analizzato i big data con l’aiuto dell’elaborazione del linguaggio naturale.
All’interno di uno scenario europeo che attende la spinta che può arrivare dalle istituzioni UE, l’Italia si posiziona tra i migliori dieci Paesi membri, migliorando la media comunitaria: sul suolo nazionale le aziende che si sono dotate di uno dei quattro sistemi di intelligenza artificiale considerati dall’analisi Eurostat rappresentano l’8 per cento del totale, un gradino sotto a Spagna, Lituania, Portogallo e Svezia. Ancora distante il primo posto, occupato dalle 23 aziende ogni cento dell’Irlanda, mentre solo a Malta, in Finlandia e Danimarca – oltre alla già citata Irlanda – si sfonda il tetto dei dieci punti percentuali. I risultati peggiori si registrano invece in Lettonia (2 per cento), Slovenia, Ungheria e Cipro (3 per cento ciascuno).