Bruxelles – Il Certificato verde digitale non legittimerà l’introduzione di nuovi controlli alle frontiere nello spazio di libera circolazione Schengen. Lo mette in chiaro il commissario europeo per la Giustizia, Didier Reynder, in audizione in commissione per le Libertà civili (LIBE) del Parlamento europeo sulla proposta del Digital Green Certificate per tornare a viaggiare in Europa comunitaria. Non sarà un passaporto di vaccinazione – a discapito del primo nome che era iniziato a circolare – perché ad oggi l’aver ricevuto il vaccino contro il Coronavirus non può essere la conditio sine qua no (la condizione senza la quale) per garantire i viaggi dentro l’Unione Europea. Ma il Certificato avrà l’unico scopo di garantire il diritto dei cittadini europei alla libera circolazione dentro lo spazio Schengen, anche se in modo “adattato” all’evoluzione della situazione pandemica. Per questo la Commissione propone tre tipologie di certificato per garantire gli spostamenti: la prova di aver ricevuto il vaccino, un test negativo recente oppure lo sviluppo di anticorpi come prova dell’avvenuta guarigione dalla malattia COVID-19.
Ciò non giustificherà nuovi controlli ai confini, che – ricorda il commissario europeo – sono stabiliti in toto dagli Stati membri e su cui la Commissione può solo raccomandare in maniera non vincolante un approccio più coordinato e proporzionato possibile. Cosa che ha cercato di fare durante tutto il corso della pandemia. Anzi, l’idea è quella di garantire che i cittadini abbiano lo stesso trattamento per i viaggi proprio nel momento in cui saranno gradualmente allentate le misure restrittive alla libertà di movimento, in vista della stagione turistica. “La proposta non ha nulla a che fare con i controlli alle frontiere interne”, chiarisce il commissario belga, ma anzi “intende facilitare la graduale riduzione delle restrizioni attuali per permettere una piena libertà di movimento in sicurezza”. Aggiunge che la Commissione è “dispiaciuta” che alcuni Stati membri (Belgio, Danimarca, Finlandia, Germania, Svezia e Ungheria) abbiano deciso di ripristinare i controlli alle frontiere definendo “eccessive” le limitazioni in atto e di essere attualmente in contatto con loro sperando che nei prossimi giorni si vada verso l’eliminazione dei controlli. Insiste però sul fatto che la proposta avanzata dalla Commissione non legittima nuovi controlli ai confini.
E in effetti la vera grande potenzialità dello strumento proposto dall’Esecutivo il 17 marzo è proprio quella di riuscire ad armonizzare i controlli alle frontiere da parte degli Stati membri chiedendo a tutti gli stessi requisiti per entrare e uscire, per evitare che ognuno per sé vada chiudendo o riaprendo i confini a intermittenza. Armonizzazione anche per quanto riguarda gli strumenti riconosciuti: il Certificato verde riconoscerà in tutti gli Stati sia test rapidi che molecolari PCR tra i requisiti di viaggio, cosa che attualmente invece non avviene.
L’appello per tamponi gratuiti
“Non vogliamo 27 certificati diversi nell’UE, quindi dobbiamo assicurarci di avere un approccio chiaro e comune”, ha sottolineato nel corso del dibattito il relatore per il Parlamento, Jeroen Lenears. Da parte della Commissione LIBE sono stati sollevati alcuni temi sulle potenziali discriminazioni che potrebbero crearsi. Ad esempio, è giusto introdurre tre possibilità (vaccini, test, anticorpi) da inserire nel Certificato ma per rendere effettivamente non discriminatorio lo strumento andrebbero resi gratuiti i tamponi, che attualmente non lo sono e i cui costi differiscono molto da Stato a Stato ma anche da regione a regione (Italia compresa, dove ogni Regione ha dato ai tamponi un prezzo diverso). Il tema viene sollevato dall’eurodeputata Sophia In ‘T Veld di Renew Europe, secondo cui “ulteriori requisiti di viaggio come la quarantena dovrebbero essere esclusi” dagli Stati membri una volta che il Certificato sarà implementato. Dello stesso avviso Tineke Strik dei Verdi europei secondo cui come il vaccino è inoculato gratuitamente a tutti anche “il test dovrebbe essere gratuito in modo che tutti possano accedere” al Pass Covid.
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Rispondendo alle sollecitazioni dei deputati, Reynder accenna timidamente che “si può pensare a una limitazione dei prezzi” per i tamponi per cercare di uniformarli a livello europeo. Anche se sembra molto difficile che possa riuscire nell’intento di convincere gli Stati membri a farlo.
Il ruolo dell’OMS
Altro punto critico riguarda la durata del Certificato. La Commissione ha già chiarito che l’uso del certificato sarà limitato nel tempo, ma ha preferito non indicare una durata specifica. Nella comunicazione presentata a marzo si legge che il Certificato “sarà sospeso una volta che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dichiarerà la fine dell’emergenza sanitaria internazionale COVID-19”. A quanto apprendiamo, invece, la presidenza di turno del Portogallo – che sta lavorando alla posizione negoziale del Consiglio dell’UE – sta ipotizzando una durata fissa di 12 mesi, con la possibilità per la Commissione di prolungarlo. Alcuni eurodeputati italiani come Nicola Procaccini (ECR) hanno sollevato le prime perplessità su questa cosa, sul “lasciare” – anche se indirettamente – la decisione sulla fine del Certificato a un organismo non europeo. Riconoscendo nel Centro europeo di prevenzione e controllo delle malattie (ECDC) l’organismo più appropriato per gestire la procedura per l’Europa. Nonostante questo riconosce nel Certificato uno strumento prezioso per pensare di rivitalizzare le industrie dei viaggi e del turismo che sono le più colpite dalla mancanza di libertà di movimento.
L’iter della proposta legislativa
All’inizio del dibattito con Reynder il presidente della LIBE, Juan Fernando López Aguilar (S&D), ha scandito la tabella di marcia sulla proposta legislativa. Dopo aver approvato la procedura accelerata d’urgenza, la proposta sarà discussa durante la prossima plenaria del 26-29 aprile in cui il Parlamento adotterà la sua posizione negoziale per far partire il trilogo (il negoziato a tre). L’idea è quella di adottare l’accordo in prima lettura durante la plenaria di giugno (7-10) in modo da renderlo effettivamente operativo per l’estate. Alcuni eurodeputati hanno sollecitato Reynder a dare una indicazione più precisa di quel vago “prima dell’estate” come termine per l’entrata in vigore. Secondo il commissario europeo si punta a un accordo entro la fine di giugno, prima del 21 giugno (solstizio d’estate) a voler essere ottimisti.