Come se non bastassero la difficile scelta del prossimo candidato Cancelliere e la caduta libera nei sondaggi, per la CDU è spuntato in questi giorni anche il caso Hans-Georg Maaßen. Il discusso e divisivo ex Presidente del BfV – Bundesamt für Verfassungsschutz (l’Ufficio per la protezione della Costituzione, cioè i servizi segreti interni tedeschi) ha annunciato lo scorso primo aprile di volersi candidare per la CDU alle elezioni nazionali del 26 settembre. Maaßen è iscritto alla CDU da decenni e vorrebbe ora entrare al Bundestag passando dal seggio 196 nel sud della Turingia (Germania centro-orientale), in cui avrebbe il sostegno dei cristiano-democratici locali. Maaßen è però lo stesso funzionario rimosso dalla guida dell’intelligence interna nel 2018 perché giudicato troppo morbido con l’estrema destra ed è oggi anche la personalità più in vista della corrente ultra-conservatrice della CDU. Una corrente di cui è soprattutto espressione il gruppo WerteUnion, nata nel 2017 su posizioni restauratrici del vecchio conservatorismo cristiano-democratico e specificamente molto critica verso diritti civili, immigrazione e il multiculturalismo. Da sempre, inoltre, la WerteUnion è perlomeno possibilista in merito al superamento del più decisivo tabù dei cristiano-democratici: il dialogo con la destra identitaria e nazionalista di AfD – Alternative für Deutschland. Una prospettiva che assume particolare significato proprio in Turingia, in cui nel febbraio 2020 si era consumato lo psicodramma del primo tentativo di formare un governo regionale con i voti congiunti di CDU e AfD (in favore di un esecutivo guidato da Thomas Kemmerich, dei liberali FDP). Tentativo che fu un vero e proprio ammutinamento delle dirigenze CDU locali (e tipicamente tedesco-orientali) rispetto al divieto assoluto di collaborare con AfD imposto dalla direzione nazionale. Ammutinamento che, seppur poi bloccato sul nascere, portò comunque alle dimissioni della Presidente CDU Annegret Kramp-Karrenbauer, avviando così quella crisi di leadership post-merkeliana ancora in corso. Non è quindi difficile capire perché in questi giorni e in queste ore la CDU di Berlino (e la CSU di Monaco di Baviera) stiano facendo tutto il possibile per impedire la candidatura di Maaßen proprio in Turingia. Fu la stessa Kramp-Karrenbauer, del resto, a dire già nel 2019: “ci sono a buona ragione degli ostacoli per espellere qualcuno dal partito, ma io non vedo nessuna posizione del signor Maaßen che lo renda davvero parte della CDU”.
Chi è Hans-Georg Maaßen? Uomo tatticamente esperto e conservatore dalla cultura politica certamente profonda, Maaßen è oggi un avvocato di 58 anni che si contraddistingue per essere sempre più attivo su Twitter e nel dibattito del conservatorismo tedesco. Sui social non rinuncia a prestare il fianco a teorie della destra che si autodefinisce anti-globalista, a posizioni di negazione dell’emergenza ambientale e ad altri cavalli di battaglia della destra nazional-populista. Dopo una carriera di primissimo piano nelle istituzioni (all’interno del ministero dell’Interno), nel 2012 Maaßen fu nominato capo del BfV, andando a sostituire il suo predecessore Heinz Fromm (che era rimasto a dir poco bruciato dalla gestione da parte dell’intelligence interna del caso del gruppo terroristico neonazista NSU).
Nel corso degli anni, Maaßen ha attraversato (e gestito) diverse crisi, tra cui lo scandalo NSA e l’attentato islamista al mercatino di Natale di Breitscheidplatz a Berlino (dicembre 2016). I problemi per Maaßen sono però cominciati quando ha iniziato a esprimersi sempre più politicamente contro la cosiddetta Willkommenspolitik (l’accoglienza dei migranti del governo Merkel III), spesso legando tatticamente le sue critiche alle analisi e valutazioni (in qualità di capo del BfV) sull’islamismo radicale e sulla criminalità in Germania. Nel frattempo, vari politici di governo e opposizione avevano già iniziato a denunciare quella che percepivano come una morbidezza e complicità attiva di Maaßen nel trattare proprio il partito anti-immigrazione AfD. Una critica dalle conseguenze specifiche, visto che già allora veniva discussa l’eventuale osservazione di AfD per potenziale “estremismo di destra” da parte del BfV (guidato, appunto, dallo stesso Maaßen). La valutazione del nazionalismo identitario di AfD come direttamente “estremista di destra” o meno è stata del resto una faglia ideologica a lungo presente all’interno degli apparati di sicurezza e d’intelligence dello Stato federale tedesco (oggi AfD è però ormai quasi ufficialmente sotto osservazione dell’intelligence per “estremismo di destra”). In quanto a Maaßen, la fase finale delle sue tensioni con il governo Merkel è poi infine emersa nel settembre 2018. In occasione delle manifestazioni anti-immigrati nella città di Chemnitz (Sassonia, Germania orientale), esplose dopo l’uccisione di un giovane del luogo in una rissa con due richiedenti asilo, il governo e tutti i media tedeschi hanno denunciato il ruolo di AfD nelle manifestazioni e anche il verificarsi di fenomeni di “caccia all’immigrato” da parte di gruppi xenofobi apertamente neonazisti. Maaßen è però intervenuto personalmente per contestare la denuncia del governo (e della stessa Kanzlerin Merkel), dichiarando che episodi del genere non sarebbero avvenuti (e che un video in merito, divenuto virale, fosse falso o strumentale). Le critiche contro il capo del BfV sono state a quel punto quasi unanimi e, pochi giorni dopo, su pressione soprattutto della SPD di governo, Maaßen è stato rimosso e spostato dal proprio ruolo. Nel novembre 2018, inoltre, sono emerse ulteriori dichiarazioni di Maaßen, in cui accusava proprio la SPD di aver ordito un complotto di “estrema sinistra” nei suoi confronti. Poco dopo l’alto funzionario è stato così definitivamente messo in pensionamento anticipato dal Presidente della Repubblica Steinmeier.
Nei mesi successivi a quello che è stato un licenziamento di fatto, Maaßen ha poi rifiutato l’offerta di entrare proprio nel partito AfD ed è invece rimasto all’interno della CDU, diventando presto una star e un attivista di riferimento della piccola ma rumorosa WerteUnion. E’ in questo contesto che è così arrivata la candidatura di pochi giorni fa, appositamente piazzata in una delle aree più conservatrici della Germania (anche grazie al posto lasciato libero dal CDU Mark Hauptmann, recentemente coinvolto nello scandalo mascherine). Sarebbe però superficiale considerare la candidatura di Maaßen come sola espressione della ultra-minoritaria WerteUnion e non, invece, come più complessivamente emblematica di un mondo nazional-conservatore che non vuole lasciare la CDU ma rifiuta con mentalità militante il centrismo merkeliano e post-merkeliano. Un mondo che non è solo presente tra i cristiano-democratici, ma significativamente anche in segmenti della geometria statale, a partire dalle forze di sicurezza, dalla polizia e dalle forze armate.
Cosa succederà ora in Turingia? La presentazione dei candidati CDU della Turingia era prevista per il prossimo 16 aprile. Ora, però, è stata rimandata a fine mese. E’ chiaro che il caso Maaßen abbai influito su questo cambio di programma. Berlino sta facendo di tutto per evitare lo sgarro della candidatura di un uomo considerato a dir poco scomodo dalla grande maggioranza del partito. Il CDU Marco Wanderwitz, Segretario parlamentare di Stato per i Land della Germania orientale, ha definito pochi giorni fa la candidatura dell’ex capo del BfV come “una follia”, aggiungendo che “lo stile e i contenuti del signor Maaßen sono da tempo incompatibili con l’Unione Cristiano Democratica”. La CDU nazionale non ha tuttavia molti strumenti burocratici per impedire direttamente una candidatura. La scelta finale sui candidati nel seggio 196 della Turingia spetterà formalmente alle dirigenze delle 4 circoscrizioni che in quell’area sono raggruppate. La CDU nazionale sta però verosimilmente cercando di intervenire politicamente, convincendo i responsabili locali a fermare l’opzione Maaßen. Contro l’ex capo del BfV si è già schierato anche il presidente della CDU della stessa Turingia, Christian Hirte, oltre al leader della CSU (e wannabe Cancelliere) Markus Söder.
Il caso, intanto, ha però riportato sul tavolo dei cristiano-democratici l’enorme differenza tra lo scenario politico della Germania occidentale e quello della Germania orientale. Se in previsione delle prossime elezioni del 26 settembre la competizione nazionale complessiva sembra essere definita dallo scontro (e potenziale alleanza) tra CDU e Verdi, questo non è vero per la specificità di almeno 3 dei 5 Land dell’ex DDR. Si tratta di Land dove i Verdi sono oggi ancora molto deboli e dove il secondo partito è invece AfD. Scenari in cui per alcuni politici locali della CDU è meno impossibile la tentazione di cercare alleanze di comodo verso destra. Il prossimo 6 giugno ci sarà ad esempio l’ultimo test pre-elettorale tedesco, con le elezioni regionali in Sassonia-Anhalt. Malgrado i disastrosi posizionamenti politici di AfD durante la pandemia (la destra nazional-identitaria ha infatti cercato di cavalcare i movimenti negazionisti più estremi), nel Land il partito è ancora dato come secondo alle spalle della stessa CDU. Scenario simile in Sassonia, dove AfD sembra resistere, sempre dietro ai cristiano-democratici. Nella stessa Turingia, dove il 26 settembre si voterà sia per le elezioni nazionali sia per il parlamento regionale, la CDU potrebbe invece arrivare solo terza, dietro ad AfD e alla Linke dell’attuale Ministro-Presidente Bodo Ramelow. La presenza della Linke, che contende tuttora ad AfD il ruolo di partito dello scontento della Germania orientale, aggiunge un ulteriore elemento all’operazione Maaßen in Turingia. Uno dei cavalli di battaglia di gruppi come la WerteUnion (o gruppi CDU affini come la Aktion Linkstrend stoppen) è proprio l’anti-comunismo e l’anti-socialismo. Ed è all’interno di questo paradigma che viene poi spesso spinto un possibile dialogo alternativo definito bürgerlich (borghese) con AfD (nonostante proprio la Turingia sia ad esempio il fulcro del Flügel, cioè la corrente più di estrema destra ed etno-nazionalista della stessa AfD).
Nell’intreccio tra politica locale e nazionale, la CDU continua così a trovarsi di fronte al paradosso di essere riuscita a fare un solido cordone che la divida da AfD in quella maggioranza del paese dove i nazional-identitari sono più deboli, ma di avere invece chiare difficoltà nel creare una barriera verso destra nei Land dell’Est, dove AfD punta tuttora a superare il 20% dei voti. Comunque vada a finire nei prossimi giorni e nelle prossime settimane, la candidatura/non candidatura di Maaßen sarà quindi un altro tassello di questa profonda e complessa contraddizione politica, ideologica e territoriale.
Questo approfondimento fa parte della collaborazione di Eunews con Derrick, newsletter settimanale che indaga la Germania in vista delle elezioni del Bundestag di settembre 2021.