Bruxelles – Unione Europea, Cina, Stati Uniti, India, Africa. La sfida climatica e emissioni di CO2 ha l’ambizione di mettere allo stesso tavolo (virtuale) tutti i grandi emettitori del pianeta per discutere di come arrivare ad azzerarle entro la metà del secolo. Trent’anni di tempo per arrivarci, ma in realtà è il decennio attuale quello decisivo per mobilitare risorse, investimenti, sviluppare nuove tecnologie e soprattutto stabilire un chiaro impegno di riconversione delle economie. Purché non finisca per essere un nuovo decennio di sole “discussioni” su come arrivarci, senza azioni concrete.
Convincere gli altri partner globali a “impegnarsi di più per ridurre le emissioni di CO2” e il surriscaldamento del pianeta in vista del vertice delle Nazioni Unite sul clima che si terrà a Glasgow a novembre è l’obiettivo del vertice virtuale Net-Zero IEA-COP26, organizzato oggi dall’Agenzia internazionale dell’energia (AIE) per chiedere alle principali economie mondiali di aprire la strada verso le emissioni nette di gas serra a zero entro il 2050. “Se non agiamo con urgenza non arriveremo all’obiettivo di metà secolo”, ha ammonito il vicepresidente per il Green Deal, Frans Timmermans, chiudendo la discussione con gli altri leader globali.
Alla vigilia del vertice, la Commissione Europea e l’Agenzia Internazionale dell’Energia hanno unito le forze con un appello congiunto per sottolineare il contributo essenziale del settore energetico al raggiungimento di un’economia climaticamente neutra con emissioni nette di gas serra pari a zero, appellandosi alle più grandi economie del mondo a convergere sullo stesso obiettivo. “Più Paesi aderiscono ai propri impegni, maggiore è l’impatto delle nostre azioni in tutto il mondo, non da ultimo in accesso all’energia pulita”, ha avvertito Timmermans. “Il mondo ha bisogno di un percorso chiaro e prevedibile per un futuro pulito e sicuro. Non c’è tempo da perdere”.
Per Bruxelles “agire per primi mostra la strada a tutti, e mostra possibilità della transizione”. Ma servirà l’impegno di tutti. L’appuntamento decisivo è a Glasgow a novembre, dove i leader del pianeta cercheranno di concretizzare un obiettivo vincolante e soprattutto coordinato a livello mondiale. A Glasgow, dovranno dare il via “a un decennio di azioni per affrontare la crisi ambientale”, ma è fondamentale che ci arrivino tutti con la stessa idea di cosa significhi un impegno per ridurre il surriscaldamento globale.
La parola d’ordine è allineamento. Serve convergenza sugli obiettivi climatici da parte dei grandi emettitori del pianeta. “Tutti dobbiamo essere coinvolti in questa transizione, oppure non riusciremo a portare a casa i risultati”, ha ammonito John Kerry, l’inviato statunitense per il clima, nel suo intervento. Manca meno di un mese a quando il presidente Joe Biden svelerà il suo vasto programma di finanziamento per una “nuova rete 100 per cento rinnovabile” e soprattutto il nuovo target nazionale di riduzione delle emissioni di gas serra per gli Stati Uniti (NDC), che sarà presentato al vertice sul clima del 22 e 23 aprile. Per Washington “gli obiettivi climatici” stabiliti a Parigi nel 2015 “non bastano più” e continuando a viaggiare sulla traiettoria attuale “il pianeta è in pericolo”, avverte Kerry. Kerry vuole sottolineare che l’obiettivo climatico non può essere considerato né ideologico né politico. Quindi i Paesi devono mettere da parte i contrasti politici e lavorare insieme per lo stesso obiettivo, che non significa allearsi ma solo prendere atto del fatto che impegnarsi individualmente renderebbe l’obiettivo praticamente vano.
Se prima della fine del secolo scorso la maggior parte delle emissioni veniva prodotta da Stati Uniti e Europa, oggi le cose sono cambiate e si assiste a un aumento significativo delle emissioni prodotte in altre parti del mondo, come Asia e soprattutto Cina. Pechino da sola rappresenta circa il 27 per cento delle emissioni globali di gas serra, gli Stati Uniti ne emettono il 14 per cento e l’Unione europea (a 27 Stati) insieme all’India occupano il terzo posto della classifica con circa il 7 per cento delle emissioni mondiali.
Non lo dice esplicitamente, ma l’assist di Kerry è rivolto proprio alla Cina, il più grande rivale commerciale degli Stati Uniti che però al momento è anche il più grande emettitore del pianeta e senza il suo contributo anche la corsa verso la neutralità sarebbe vana. Pechino si dice “pronta a collaborare e lavorare insieme agli altri partner” globali all’obiettivo comune, ha sottolineato Zhang Jianhua, ministro cinese per l’Energia. Coordinamento delle politiche e cooperazione tecnica: in particolare, “dobbiamo lavorare insieme sullo sviluppo delle rinnovabili, sull’idrogeno e tecnologie intelligenti”. Riconosce che il “cambiamento climatico è una sfida globale” e come tale va affrontata.
A settembre il presidente cinese Xi Jinping, intervenendo virtualmente all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ha impegnato la Cina a raggiungere la quota di zero emissioni nette entro il 2060, un decennio in più rispetto a quanto stabilito dall’Ue e anche dal Giappone. Pechino punta a raggiungere il picco delle emissioni di CO2 prima del 2030 e raggiungere la neutralità del carbonio prima del 2060. “Siamo determinati a raggiungere gli obiettivi e onorare l’impegno”, ha chiarito Zhang.
Stesso livello di ambizione, ma punti di partenza molto diversi tra i Paesi. Su questo punto ha insistito duramente Kumar Singh, ministro dell’Energia dell’India, sottolineando che la transizione verso emissioni zero “significherà cose diverse per i diversi Paesi. E anche costi di realizzazione molto diversi”. Lo stesso si può dire per Amani Abou-Zeid, commissaria per l’Energia e le infrastrutture dell’Unione Africana, secondo la quale per “colmare il deficit di finanziamento” per lo sviluppo di energia pulita in Africa è necessaria “la mobilitazione di risorse da fonti pubbliche e private nazionali e internazionali, con finanziamenti innovativi” per favorire la transizione. Ribadisce l’impegno allo sviluppo di una economia a basse emissioni di carbonio, ricordando le potenzialità del Continente africano per lo sfruttamento delle energie rinnovabili, soprattutto il solare.