Bruxelles – L’Unione europea non è riuscita a raggiungere il suo obiettivo per il 2020 di migliorare la conservazione delle specie presenti sul suo territorio, in linea con la direttiva Habitat (direttiva 92/43/CEE). Lo sottolinea l’ultima analisi dell’Agenzia europea dell’ambiente (AEA), pubblicata il 31 marzo, la quale stima che delle 1.389 specie protette dalla Direttiva europea (sia animali che piante “di interesse comunitario”) il 63 per cento abbia uno stato di conservazione “scadente” (42 per cento) o addirittura “cattivo” (21 per cento). Di queste le tendenze stimano che solo il 6 per cento è in fase di miglioramento mentre per il 35 per cento lo stato di protezione continua a deteriorarsi. Tra i principali fattori di pressione sulla conservazione di specie e biodiversità, ci sono le pratiche agricole (specialmente quelle ad alta intensità), l’espansione urbana incontrollata, la silvicoltura e anche l’inquinamento.
Obiettivi al 2020 mancati
L’analisi dell’AEA stima in sostanza meno della metà delle valutazioni delle specie (27 per cento) in un buono stato di conservazione. C’è molto ancora da fare. Il primo obiettivo della Strategia europea a favore della biodiversità fino al 2020 consisteva nel “garantire una migliore conservazione o uno stato sicuro per almeno il 50 per cento delle specie” e non è stato raggiunto secondo l’agenzia, che rileva un ritardo del 2 per cento. Inoltre, l’obiettivo numero 3 della strategia al 2020 era quello di ottimizzare i benefici dell’agricoltura e della silvicoltura per proteggere la biodiversità, ma l’analisi delle valutazioni delle specie ha restituito un quadro misto: solo il 5 per cento delle specie di prateria mostra uno stato di conservazione in miglioramento, ma anche con una percentuale di tendenze al deterioramento inferiore rispetto ad altri gruppi.
Si registrano forti differenze tra Stati membri e Stati membri. L’Italia, su 569 valutazioni effettuate, ha il 43 per cento delle specie in buono stato di conservazione, quindi sopra la media europea. Il 36 e 16 per cento rispettivamente a livello “scadente” e “cattivo”. Ma c’è chi fa ancora meglio. Cipro, Irlanda, Estonia e Malta hanno riportato le percentuali maggiori (oltre il 50 per cento) di valutazioni di specie che mostrano un buono stato di conservazione, soprattutto sugli animali (l’80 per cento). Belgio, Danimarca, Estonia e Lussemburgo riportano le percentuali più elevate (oltre il 20 per cento) di specie con tendenze in miglioramento, Cipro è l’unico Stato membro che non ha segnalato una singola tendenza al deterioramento.
Rettili e piante vascolari sono i gruppi di specie con la più alta percentuale di buono stato di conservazione, rispettivamente con il 40 per cento e il 36 per cento. Secondo l’Agenzia europea per l’ambiente sono necessari ulteriori “sforzi di conservazione” in particolare per molluschi e pesci, ciascuno con circa il 30 per cento di specie con un cattivo stato di conservazione.
Nuovi obiettivi al 2030
A maggio 2020 la Commissione Europea ha pubblicato un nuova Strategia per la biodiversità al 2030, ponendo tra gli obiettivi quello di trasformare il 30 per cento rispettivamente delle terre e dei mari europei in ‘aree protette’ da combinare al ripristino di almeno il 10 per cento delle aree agricole in caratteristiche paesaggistiche ad alta diversità. Tra le priorità viene indicato il rafforzamento del quadro giuridico dell’UE per il ripristino della natura, chiedendo agli Stati dell’UE di garantire che non ci sia alcun deterioramento delle tendenze di conservazione e dello stato di tutti gli habitat e le specie protette entro il 2030.