Bruxelles – Garantire che il Certificato verde digitale per facilitare gli spostamenti sia pienamente in linea con la legislazione dell’UE sulla protezione dei dati personali. È quanto chiedono con un appello congiunto il Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB) e il Garante europeo della protezione dei dati (GEPD) – le due autorità europee garanti della privacy – sottolineando che tutti i Paesi dell’UE per emettere certificati che dimostrano che i cittadini sono stati vaccinati contro COVID-19 dovrebbero avere una base giuridica ad hoc per garantire che questo certificato sia “necessario e proporzionato”.
La Commissione ha presentato il 17 marzo la sua proposta legislativa per un certificato in versione digitale o cartacea che dimostrerà se una persona è stata già vaccinata (e con quale vaccino), o in alternativa se ha un test recente negativo al Covid-19 (sia molecolari PCR che rapidi dell’antigene) o ancora sulla presenza di anticorpi che indicano la guarigione dalla malattia. Le due autorità riconoscono che lo strumento potrebbe “essere un importante passo avanti per far ripartire i viaggi in tutta l’UE”, ma “qualsiasi misura adottata a livello nazionale o dell’UE che comporta il trattamento dei dati personali deve rispettare i principi generali di efficacia, necessità e proporzionalità”, ha chiarito Andrea Jelinek, presidente del GEPD.
Mettono in guarda però contro l’utilizzo di dati in tali documenti per favorire la circolazione e i viaggi per creare una banca dati centrale di dati personali a livello dell’UE. Per Wojciech Wiewiórowski, Garante europeo della protezione dei dati, “si deve garantire che i dati personali non siano trattati più a lungo di quanto strettamente necessario” e che siano cancellati “una volta che la pandemia è finita”. Fondamentale anche garantire che il Certificato non crei discriminazioni tra chi è stato vaccinato e chi ancora no, ma la proposta della Commissione dovrebbe essere considerata equilibrata vista la possibilità di sostituire la prova del vaccino con quella del test o della guarigione dalla malattia.
In parte si tratta delle stesse preoccupazioni sollevate dall’Europarlamento, che il 25 marzo ha approvato la procedura d’urgenza per accelerare l’entrata in attività del Certificato, non senza alcune condizioni. Il principio della libertà di movimento all’interno dello spazio Schengen deve essere la base giuridica per rendere operativo in Unione europea, ha ribadito Juan Fernando López Aguilar (S&D), presidente della commissione per le libertà civili dell’Europarlamento (responsabile per il Parlamento), intervenendo due settimane fa al webinar ‘Digital Green Certificate: a passport to normality?’ dedicato al nuovo strumento che dovrebbe essere operativo prima dell’inizio dell’estate, in vista della stagione turistica. Per il presidente della LIBE le istituzioni europee hanno il compito di assicurarsi “che non siano violati i diritti fondamentali dell’individuo”, tra cui ha menzionato la tutela della privacy e la confidenza dei dati. Il Parlamento è pronto ad approvare un accordo definitivo sul ‘passaporto’ per viaggiare nella plenaria di inizio giugno, per renderlo operativo per la stagione estiva. A condizione che il Consiglio nell’adottare la sua posizione negoziale vada incontro a queste “condizioni” del Parlamento, quindi tutela privacy, conformità ai criteri di necessità e proporzionalità e il fatto che lo strumento sia usato solo per favorire i viaggi, non per creare una una banca dati centralizzata a livello europeo.