Bruxelles – Quando sono passati dieci anni dallo scoppio della guerra civile in Siria tra governo, bande e gruppi religiosi estremisti, la comunità internazionale si trova a dover affrontare uno scenario che, da quanto emerge dalle parole di Mark Lowcock, sottosegretario generale e capo dell’Ufficio per il Coordinamento degli affari umanitari (OCHA) delle Nazioni Unite, “per i siriani è il peggiore di sempre“, sia per le conseguenze economiche della guerra, sia per quelle della pandemia COVID-19.
Nel corso della quinta conferenza sul futuro della Siria e della regione, organizzata in videoconferenza dall’ONU e dall’Unione Europea e a cui hanno partecipato i delegati di 50 Paesi e di 25 organizzazioni internazionali, l’alto rappresentante dell’UE per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha riassunto lo spirito di questo anniversario e della situazione presente: “Organizzare la conferenza anche quest’anno mostra quanto sia tragica la situazione per il popolo siriano”. I numeri ne offrono uno squarcio: più di 400 mila le vittime, in 100 mila spariti nel nulla, oltre 12 milioni di sfollati e più di 13 milioni le persone che in questo momento hanno bisogno di assistenza umanitaria, di cui la metà minorenni.
“Non possiamo dimenticare le cause all’origine”, ha sottolineato Borrell. “I cittadini siriani avevano chiesto giustizia, stabilità economica e una transizione pacifica, ma il regime ha risposto con estrema violenza“, lasciando in eredità “la guerra civile che ancora oggi vediamo”. In questo senso l’Unione Europea, attraverso il suo alto rappresentante, ha lanciato due messaggi: “Siamo al fianco dei cittadini siriani e lo saremo per quanto tempo ce ne sarà bisogno”, ma soprattutto “se il regime di Damasco continuerà a non contribuire alla stabilità della regione“, l’unica conseguenza da trarre è che “non potrà mai essere un partner per la comunità europea e internazionale“.
Borrell ha avvertito il regime del presidente Bashar al-Assad che “non possiamo accettare che le elezioni vengano pianificate dal regime“, come accaduto nel luglio dello scorso anno: “Questo non è un prerequisito per la normalizzazione dei rapporti”. Lo sarebbe piuttosto un “cambio di atteggiamento”, che nella richiesta dell’alto rappresentante UE è l’interruzione della repressione e l’inizio di un “percorso negoziale con le Nazioni Unite”. Solo attraverso una soluzione politica “si arriverà alla stabilità”, ha spiegato Borrell, “e i siriani diventeranno finalmente un popolo sovrano e libero”.
In conclusione, è stato confermato il sostegno economico da parte dell’UE, maggiore finanziatore per la stabilità della regione con i circa 25 miliardi stanziati dall’inizio della crisi: “Sono orgoglioso di annunciare che l’Unione si impegna per il 2022 con un importo di 560 milioni di euro“, ha annunciato Borrell, ricordando che la cifra è pari a quella stabilita l’anno scorso per il 2021 e che servirà per “affrontare anche le difficoltà economiche determinate dalla pandemia”. Al centro dell’attenzione rimangono donne e bambini, “che hanno le chiavi del futuro del Paese”, a cui la comunità internazionale ha il dovere di dare una risposta strategica: “Se vedono solo la guerra, che esseri umani saranno in futuro?”, ha incalzato il sottosegretario generale Lowcock.
“Dieci anni dopo lo scoppio del conflitto la vita è diventata sempre più difficile per i rifugiati siriani”, ha confermato l’alto commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Filippo Grandi, “ma anche nei Paesi ospitanti come la Turchia, la Giordania l’Egitto, il Libano e l’Iraq”. In questo quadro si inserisce il peggioramento delle condizioni di vita determinato dallo scoppio della pandemia COVID-19, che ha portato a un “livello di disperazione mai così alto“. Per questo motivo “è necessario non ridurre i contributi e i finanziamenti”, ha lanciato l’appello l’alto commissario: “La comunità internazionale mostri determinazione ad aiutarli, ma non con le parole bensì con i fatti“, in altre parole “aumentando il sostegno dei donatori”.
Intervenendo nel corso della conferenza, anche il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, ha ribadito il sostegno del Paese alla stabilizzazione della Siria e della regione. Questo impegno si realizzerà sia a livello finanziario “con 45 milioni di euro nel 2022 in aiuti per progetti umanitari“, sia come lavoro “fianco a fianco con la società civile e le organizzazioni internazionali” per fornire assistenza, protezione e sostegno umanitario e per “contribuire a una vera e propria ripresa”, ha puntualizzato il ministro.