La caduta, il mea culpa come catarsi, la risurrezione. È la Passione vissuta da Angela Merkel tra il 23 e il 25 marzo: un triduo che, nella dimensione della pandemia, ha visto la crisi della “cancelliera delle crisi” e il suo rapido ritorno al comando. In questo Passionsspiel, si sono condensati il passato dei 16 anni di governo di Merkel e il futuro di una Germania che, tra sei mesi, con le elezioni del Bundestag del 26 settembre, vedrà la sua definitiva uscita di scena. Intanto, di fronte alla terza ondata del Covid-19, nel paese montano incertezza, spavento e rabbia contro un governo che non pare più capace di gestire la crisi. È in questa atmosfera che, alle 15:15 del 22 marzo, ha inizio il primo atto della “Passione di Angela”, con l’apertura della videoconferenza sulla situazione della pandemia tra la cancelliera e i primi ministri dei Länder. La discussione, in cui non sono mancati i toni accesi e l’arrocco su posizioni intransigenti, si è protratta per 11 ore e 20 minuti. Il confronto è stato tanto teso e difficile da portare Merkel a imporre l’interruzione dei colloqui. La pausa avrebbe dovuto essere breve, ma si è protratta dalle 18:30 all’1:30 del 23 marzo, ore in cui la discussione è proseguita in formati ristretti. Non era mai accaduto prima, dall’inizio della pandemia un anno fa.
La riunione era stata convocata al fine di concordare gli sviluppi del contrasto alla pandemia. È stato rapidamente raggiunto un accordo sulla proroga del blocco generale, in vigore dal 16 dicembre scorso al 28 marzo, esteso al 18 aprile. Lo scontro si è consumato sull’inasprimento delle restrizioni anticontagio nelle giornate di Pasqua. Il dibattito sulla maggiore severità delle norme ha periodicamente diviso Merkel, favorevole, e i primi ministri dei Länder, spesso in buona parte contrari. Tuttavia, la divisione non è mai stata tanto profonda quanto durante la videoconferenza del 22-23 marzo, che Der Spiegel ha raccontato come “la notte in cui la Germania fallì”. Con alcuni Ministerpräsidenten, Frau Doktor Merkel, la dottoressa in chimica quantistica, tornava a proporre restrizioni più severe, soprattutto per i giorni di Pasqua. Lo scopo era abbattere la curva dei contagi. Ancora una volta, altri primi ministri chiedevano l’allentamento delle limitazioni. A scatenare lo scontro, sarebbe stata la ferrea volontà di Merkel di vietare gli spostamenti all’interno della Germania per le vacanze di Pasqua. Agire in maniera drastica ed efficace. Wir schaffen das.
Tuttavia, parte dei primi ministri si è opposta con altrettanta fermezza, alzando il muro dell’autonomia federale per coprire la necessità di richiamare i turisti. Una fonte di entrate preziose in tempi di crisi. Nel 2020, il debito pubblico degli Stati tedeschi è aumentato del 9,9% su base annua a 132,5 miliardi di euro. Merkel era assolutamente contraria. Per la cancelliera, consentire i flussi turistici, seppur con rigide limitazioni, sarebbe stata “la decisione sbagliata al momento sbagliato”. Ulteriore motivo di contrasto erano scuole e asili. Mentre Merkel intendeva imporne la chiusura a livello federale, i Länder difendevano la propria competenza in materia di istruzione. Tutti, cancelliera e primi ministri, sapevano e rimangono consapevoli di dover rispondere a un elettorato sempre più insoddisfatto, irritato dalla pandemia e dalla sua gestione da parte del governo. Una constatazione pressante soprattutto per Merkel, con i conservatori in picchiata nei sondaggi. La rilevazione pubblicata ieri dall’istituto Wahlen per ZDF dà Unione cristiano-democratica (CDU) e Unione cristiano-sociale (CSU) al 28%, con un crollo 7 punti dal 26 febbraio.
Mentre la battaglia tra governo federale e Stati proseguiva, cresceva l’attesa per le decisioni. Un tempo estenuante nella sua dilatazione, in cui emergevano dalle indiscrezioni sulla videoconferenza la determinazione e la debolezza della cancelliera. La Germania pareva assistere all’agonia di un sistema di potere incarnato, in attesa della sua definitiva conclusione. Al termine di questa legislatura, infatti, Merkel non si ricandiderà e lascerà la politica, come ha annunciato nel 2018. La Germania, l’Europa e il mondo rimangono in attesa. Come i tedeschi nella notte del 23 marzo, mentre passavano le ore e Merkel non appariva nella sala delle conferenza stampa ad annunciare le decisioni concordate con i primi ministri. Sovrastata dall’aquila della Repubblica Federale Tedesca, la sedia della cancelliera mutava in un trono vuoto, simbolo della fine di un regno durato 16 anni. Dopo 11 ore e 20 minuti di discussioni, la cancelliera si è mostrata alle 2:35. Il contegno fermo, il volto segnato dalla stanchezza per la maratona negoziale. Tuttavia, vi era un’ulteriore e più pesante debolezza a gravare su Merkel: la prossima conclusione del mandato, la crisi dei conservatori e del suo esecutivo, con la Germania che pare aver perso il monopolio dell’efficienza nella gestione della pandemia. Una condizione efficacemente descritta da Wolfgang Bosbach, esponente della CDU: “Quando Merkel batte i pugni sul tavolo, neanche il tavolo rimane colpito”.
Seppur fiaccata, la cancelliera non si è certamente rassegnata. Di fronte ai primi ministri, Merkel ha messo da parte la sua proverbiale moderazione ed è riuscita a imporsi, vincendo una guerra di logoramento, un Abnutzungskrieg. È, infatti, passata la linea dura sostenuta dalla cancelliera: blocco generale prorogato al 18 aprile, restrizioni come lo stop ai viaggi per le vacanze e, soprattutto, l’Osterruhe, il “riposo di Pasqua”. Un lockdown totale dall’1 al 5 aprile, con la Germania che si sarebbe fermata. Due giorni di stop venivano aggiunti ai tre festivi già previsti. Tutte le attività sarebbero state chiuse, tranne i negozi di generi alimentari, aperti esclusivamente il 3. Gli incontri strettamente limitati, le funzioni religiose celebrate soltanto in formato virtuale. Ai Länder veniva lasciata ogni decisione su scuole e asili. Nonostante questo il successo tattico sugli Stati non ha significato per Merkel una vittoria strategica nella campagna per la riconquista della fiducia nella gestione della crisi. L’Osterruhe è stata, infatti, accolta dal fuoco di sbarramento dei partiti, sia di governo sia di opposizione, e dei media. La Süddeutsche Zeitung ha titolato che “il virus può ringraziare Merkel”, evidenziando che “chi governa non ha capito neanche in maniera rudimentale la gravità della situazione”. Il riferimento era all’apertura di alimentari e supermercati nella sola giornata del 3 aprile: una bomba a orologeria per l’esplosione dei contagi. Per la Frankfurter Allgemeine Zeitung, la Germania “non ce la fa”, non è più la patria del Wir schaffen das. La “disfatta di Pasqua” segna il fallimento della politica, non soltanto di Merkel, nella gestione della pandemia.
Contro la proroga del lockdown e l’Osterruhe si schieravano economisti e associazioni di categoria. “Ci si perde in piccolezze”, mentre continua a mancare una strategia coerente per il tracciamento dei contagi e i test, dichiarava Michael Hüter, direttore dell’Istituto per l’economia tedesca di Colonia (IW). Intervistato da ARD, l’economista notava che la sola chiusura dell’1 aprile avrebbe avuto un costo da 7 miliardi di euro. A sua volta, il direttore generale dell’Associazione del commercio di Germania (HDE), Stefan Genth, sottolineava come l’esecutivo fosse vittima di una “fissazione” sui valori dell’incidenza dei contagi, che “non rende giustizia alla complessità della situazione”. Intanto, montava il risentimento popolare. A colpire la cancelliera era lo stesso presidente della CDU Armin Laschet, primo ministro del Nordreno-Vestfalia, che dichiarava: “Non possiamo andare avanti così”. Emergevano poi sempre più dubbi sulla possibilità di attuare l’Osterruhe per questioni di carattere giuridico e logistico.
Merkel non ha retto. Meno di 24 ore dopo l’annuncio del blocco di Pasqua, il 24 marzo, la cancelliera ha tenuto una conferenza stampa non annunciata e ha comunicato l’annullamento della decisione, per motivi relativi ai tempi tecnici. L’autentica sorpresa, il secondo atto del Passionsspiel, è arrivata subito dopo, quando Merkel ha scandito che l’Osterruhe “è un errore del tutto mio di cui mi assumo la completa responsabilità”. Per la cancelliera, “un errore deve essere definito un errore e va corretto in tempo utile. Chiedo perdono a tutte le concittadine e a tutti i concittadini”. Parole che disegnavano la caduta della cancelliera al punto più basso del suo mandato e, al tempo stesso, la innalzavano per la dimostrazione di senso di responsabilità. Mai in passato Frau Doktor Merkel aveva ammesso un errore o aveva chiesto scusa. Né agli europei che soffrivano il rigore della Germania nella crisi dell’Eurozona, né ai tedeschi scossi dalle politiche di accoglienza durante la crisi dei rifugiati. Dalla stessa stampa che l’aveva attaccata, Merkel riceveva l’onore delle armi. Per la Süddeutsche Zeitung, seppure tardive, le scuse della cancelliera meritavano di entrare “nei libri di Storia”.
Nel Passionsspiel di Angela Merkel, il mea culpa è stato il momento della catarsi. Il 25 marzo, la cancelliera era di nuovo saldamente al podio del Bundestag per l’informativa ai parlamentari, in cui è apparsa recuperare in pieno le forze. Merkel ha sferzato i Länder, richiamandoli alle proprie responsabilità perché il governo federale “non può fare tutto”. La cancelliera ha letteralmente minacciato le aziende di obbligarle per legge a sottoporre i lavoratori ai test per il coronavirus, se “almeno il 90%” non provvederà in maniera autonoma. Infine, l’appello alla fiducia e a reagire: “Non si può ottenere nulla se si guarda sempre e soltanto al negativo. Se il bicchiere è sempre mezzo vuoto, non svilupperemo come paese alcuna forza creativa per uscire dalla crisi. Si vede la luce alla fine del tunnel. Sconfiggeremo il virus, sono assolutamente sicura che ce la faremo. Ora, si tratta di raccogliere le forze e guardare avanti in positivo”. È così che si conclude il terzo e ultimo atto della “Passione di Angela”. Con un appello rivolto dalla “cancelliera delle crisi” tanto alla nazione quanto e forse più a se stessa, mentre la Germania prosegue la salita al calvario della pandemia.
Questo approfondimento fa parte della collaborazione di Eunews con Derrick, newsletter settimanale che indaga la Germania in vista delle elezioni del Bundestag di settembre 2021.