Bruxelles – Una strategia europea per rendere il sistema agroalimentare “più sostenibile” e nove paradossi che riguardano il settore zootecnico, a partire dal preconcetto che la carne non sia sostenibile né per l’ambiente né per la salute umana. Con il video “I 9 paradossi del Farm to Fork” presentato oggi in diretta dal Press Club di Bruxelles, la filiera zootecnica europea lancia un appello forte alle Istituzioni europee per essere attivamente coinvolto nel dibattito in corso sulle sfide della sostenibilità aperte dalla Farm to Fork, la strategia su tutta la filiera agroalimentare ‘Dal Campo alla Tavola’ presentata a maggio 2020 dalla Commissione europea.
Il video-appello – lanciato contemporaneamente in 7 Paesi europei: Italia, Belgio, Francia, Spagna, Germania, Portogallo e Polonia – nasce da un’iniziativa di Carni Sostenibili, l’organizzazione italiana delle associazioni dei produttori di carni e salumi, e di European Livestock Voice, l’organizzazione degli organismi europei della filiera zootecnica. Le due alleanze mettono in evidenza come la strategia Farm to Fork non stia considerando realisticamente le sfide del settore zootecnico, chiedendo di essere pienamente coinvolti nel dibattito in corso.
“Per come sono stati stabiliti gli obiettivi, la strategia europea renderebbe difficile, se non impossibile, mantenere un equilibrio tra la sostenibilità ambientale e la sicurezza alimentare”, ha messo guardia il professor Giuseppe Pulina, presidente di Carni Sostenibili, nel suo intervento di questa mattina alla presentazione del video. Ha ricordato che oggi il “40 per cento dell’intero comparto agroalimentare europeo è composto dal settore dell’allevamento”, per un valore di “circa 170 miliardi di euro e impiega direttamente più di 4 milioni di persone”.
I nove paradossi della Farm to Fork
I nove paradossi che sono individuati nel video-appello partono dall’aspetto nutrizionale, ovvero il valore della carne come alimento per lo sviluppo dell’essere umano. L’uso del suolo: sono in molti a credere che gli allevamenti prendano il posto a colture e pratiche agricole, mentre Pulina ha spiegato che l’uso del suolo “è rimasto costante per le attività di allevamento negli ultimi 60 anni” mentre la popolazione europea è cresciuta di 125 milioni di individui. E poi l’ambiente: spesso l’allevamento soprattutto intensivo viene considerato responsabile di un grande quantitativo di emissioni di CO2 nell’atmosfera, mentre in Europa rappresenta ancora il 7,2 per cento di emissioni di gas a effetto serra, meno della metà della media mondiale (14,5 per cento). Gran parte delle emissioni – si sottolinea nel video – deriva dall’uso di combustibili fossili impiegati nel trasporto e nelle industrie.
Non trascurabile poi l’aspetto economico: la strategia europea suggerisce un progressivo ridimensionamento del settore zootecnico in Europa e questo potrebbe costringere il Continente a importare sempre più carne dove ci sono regole sul clima meno stringenti ma senza contribuire nei fatti a una maggiore sostenibilità. Connesso all’aspetto economico anche il problema dell’occupazione: ogni allevamento garantisce almeno 7 posti di lavoro in aree rurali e senza allevamenti e con il progressivo spopolamento delle aree si andrebbe incontro a nuove perdite occupazionali.
Sul benessere animale, la normativa europea è attualmente tra le più all’avanguardia e dunque costringere a importare carne in Europa pone seri dubbi che il benessere animale venga tutelato allo stesso modo anche altrove. Tra gli obiettivi della Farm to Fork, la Commissione vuole ridurre del 20 per cento l’uso di fertilizzanti chimici, ma esiste una stretta correlazione tra fertilizzanti e l’allevamento di bestiame che consente l’impiego di concime naturale al posto di quello chimico. Esiste anche una dimensione gastronomica e culturale della carne, che rischia di essere compromessa scoraggiandone l’uso.
L’ultimo paradosso riguarda la sicurezza e l’approvvigionamento alimentare per la popolazione mondiale in continua crescita, stimata dalla FAO in aumento di 2 miliardi nei prossimi 30 anni. Nel 2050 circa il 70 per cento della popolazione vivrà nelle aree urbane e solo una piccola percentuale di popolazione si occuperà della produzione agricola, con il rischio del calo della resa delle attività zootecniche e di quella agricole, strettamente collegate.
Secondo i promotori dell’iniziativa, il dibattito su come trasformare la filiera agroalimentare e renderla più sostenibile è intriso di troppa emotività e poche basi realmente scientifiche. Invece, “vogliamo portare la scienza alla base di questo processo”, ha aggiunto Birthe Steenberg, segretario generale dell’AVEC (Associazione Europea Carni Avicole) e rappresentante di European Livestock Voice. “Vogliamo dare informazioni attendibili su come vengono allevati gli animali in Europa oggi, senza luoghi comuni, e far capire quanto è cambiato il sistema degli allevamenti grazie all’uso delle tecnologie”. Tutti d’accordo sul fatto che una transizione, un cambiamento verso una filiera più sostenibile debba essere attuato per consegnare un “pianeta decente” nelle mani delle future generazioni, ma la filiera zootecnica vuole “far parte di questo processo e di questo dibattito” per poter dire la sua su come farlo.
Gli obiettivi dal Campo alla Tavola
Tra i pilastri del Green Deal europeo, la strategia Farm to Fork è stata pubblicata con l’intento di ridurre al minimo l’impatto del sistema agroalimentare e della produzione sull’ambiente e sul clima. Per la Commissione è importante rivedere la legislazione dell’UE sull’uso sostenibile dei pesticidi e fertilizzanti, e promuovere un aumento delle dimensioni dei terreni agricoli dell’UE dedicati all’agricoltura esclusivamente biologica, arrivando almeno al 25 per cento entro il 2030. Per quanto riguarda le carni, l’impegno dell’UE è quello di una produzione zootecnica più sostenibile ed efficiente, soprattutto in termini di emissioni di carbonio.
L’iter legislativo della proposta
Dopo la presentazione della Commissione avanzata un anno fa, la proposta è attualmente all’esame del Parlamento europeo e in particolare delle commissioni per l’Ambiente e per l’Agricoltura. Il voto delle commissioni è atteso per l’inizio di giugno con la speranza di riuscire a ottenere il via libera in seduta plenaria a luglio. Qui si inserisce l’appello della filiera zootecnica alle Istituzioni europee per essere coinvolta in un dibattito tutt’altro che concluso, ma ancora pienamente aperto. Per stabilire, in sostanza, un dialogo sistematico con la filiera di settore che può mettere a disposizione le sue conoscenze.