Bruxelles – Non si è ancora arrivati, ma ci si è quasi. La Commissione europea ha un’idea di massima di come dovrò essere il meccanismo di adeguamento della CO2 alla frontiera dell’Unione europea (CBAM), lo strumento concepito dal team von der Leyen per tradurre in pratica il Green Deal europeo e stimolare l’industria a investire in soluzioni ecologiche. Si scioglieranno le riserve a giugno, ma intanto “sulle opzioni di progettazione, sebbene non abbiamo ancora fatto la nostra scelta, vi è una certa convergenza verso un’opzione che rispecchi l’ETS dell’UE“, spiega il commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni, intervenendo all’evento di alto livello dedicato al tema.
Il sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (ETS) è stato istituito per ridurre le emissioni di gas a effetto serra. Si tratta di un mercato mondiale della CO2 e continua a essere il più esteso. Si tratta di un sistema di attribuzione di diritti di emissione e di compravendita delle stesse tra aziende. Gentiloni quindi spiega che si procederà ad un meccanismo analogo, ma con una differenza. Attualmente non tutti i settori sono coperti dell’ETS, e non tutte le industrie pagano per quello che inquinano, restando di fatto esentate. Secondo l’ipotesi allo studio dalla Commissione, si vuole “garantire che il CBAM funzioni in modo aperto ed equo e sia pienamente conforme alle norme dell’Organizzazione mondiale del commercio“.
Rispondere alla regole del WTO vuol dire escludere ogni forma di concorrenza sleale, e dunque c’è un implicito riconoscimento della necessità di superare forme di agevolazioni, il che presuppone che i settori finora esclusi dovranno iniziare a dare il loro contributo, contrariamente a quanto invece vorrebbe il Parlamento europeo. I servizi della Commissione “stanno completando una valutazione approfondita dell’impatto di varie opzioni per l’istituzione di tale meccanismo, compresa un‘attenta analisi dei settori che potrebbero essere coperti”, ammette Gentiloni, che sottolinea come Il rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio “è maggiore in alcuni settori ad alta intensità energetica”, quali ad esempio acciaio, cemento, elettricità, fertilizzanti e alluminio.
La Commissione vuole trovare “un modo efficace per affrontare il rischio di rilocalizzazione del carbonio ed evitare una corsa al ribasso“. In altre parole si vuole evitare che le aziende trasferiscano la loro produzione in luoghi in cui i requisiti di decarbonizzazione sono meno rigidi e aumentare le loro emissioni lì, portando così a un aumento globale delle emissioni. Il commissario per l’Economia, in un momento di crisi economica, ricorda quello che c’è in gioco. Già oggi le perdite economiche per condizioni meteorologiche estreme “superano in media i 12 miliardi di euro all’anno”. Le stime mostrano che l’esposizione dell’odierna economia dell’UE a un riscaldamento globale di 3 ° C superiore ai livelli preindustriali “comporterebbe una perdita annua di almeno 170 miliardi di euro“, più di 14 volte. Qualcosa scongiurare.