Bruxelles – Il programma anti-pandemico dell’UE per le imprese, SURE, funziona. Fin qui sembra aver assolto il compito per cui è stato varato, puntellando imprese e occupazione contro le conseguenze immediate della crisi sanitaria e dei suo effetti economico. Così almeno rileva la Commissione europea, nel rapporto sull’attuazione dello speciale meccanismo a sei mesa dalla sua attivazione. Proposto dal team von der Leyen all’inizio dello scorso aprile, il Consiglio lo ha approvato il mese successivo. Da metà maggio dunque SURE ha potuto iniziare a reperire fondi per le imprese. Con circa 25 miliardi di garanzie europee, l’obiettivo era reperire 100 miliardi di euro grazie all’effetto leva.
Dopo sei mesi ecco il bilancio: la domanda da parte degli Stati membri per lo strumento “è stata forte”, con oltre il 90% della dotazione totale di 100 miliardi di euro disponibile già stanziata. Con questi aiuti è stato “possibile sostenere tra i 25 e i 30 milioni di persone nel 2020“. Ciò rappresenta circa un quarto del numero totale di persone occupate nei 18 Stati membri beneficiari, tra cui l’Italia. Si stima inoltre che tra 1,5 e 2,5 milioni di aziende colpite dalla pandemia COVID-19 abbiano beneficiato di SURE, consentendo loro di trattenere i lavoratori.
“Il sostegno temporaneo di mitigazione del rischio di disoccupazione in emergenza (SURE, per l’appunto) offre un esempio incoraggiante di ciò che la solidarietà europea può offrire ai nostri cittadini”, sottolinea il commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni, nel commentare i dati. “Il programma SURE ha svolto un ruolo cruciale nella protezione dei lavoratori e dei lavoratori autonomi dai peggiori effetti dello shock economico causato dalla pandemia”.
Questo effetto positivo si spiega anche grazie alle condizioni di prestito favorevoli, possibile grazie al ruolo giocato dalla Commissione europea e alla sua emissione di titoli comuni per reperire risorse sui mercati. Gli Stati membri hanno risparmiato circa 5,8 miliardi di euro prendendo in prestito questo denaro dall’UE piuttosto che sui mercati. Ciò è vero anche per l’Italia, principale beneficiario con 27,4 miliardi di euro (di cui 24,8 miliardi già erogati). La Commissione europea calcola che sin qui il Belpaese abbia risparmiato 2,835 miliardi rispetto ai tassi di mercato. Buone notizie, anche in prospettiva, visto che “futuri esborsi genereranno probabilmente ulteriori risparmi”.
L’ITALIA E L’USO DEI FONDI
Gli Stati membri hanno utilizzato le risorse UE in modo diverso, ma praticamente tutti, rileva il rapporto, hanno chiesto sostegno per finanziare “misure simili ai programmi di lavoro a tempo ridotto“. E’ il caso anche dell’Italia che ha deciso di utilizzare i fondi in particolare per prestazioni speciali di congedo parentale (come Belgio, Repubblica ceca, Portogallo, Cipro e Malta), fornendo sostegno al reddito a dipendenti e-o lavoratori autonomi con figli durante i periodi di chiusura scolastica eccezionale. Ancora, Roma ha optato per sostegno ai lavoratori stagionali (al pari di Cipro, Grecia e Spagna) con contratto di lavoro sospeso a causa della pandemia, principalmente nel settore turistico e agricolo. Si tratta di lavoratori stagionali “regolari” che avrebbero dovuto riprendere il lavoro per la stagione primavera-estate 2020, ma non hanno potuto farlo a causa della pandemia COVID-19.
Ancora, l’Italia ha utilizzato l’assistenza finanziaria nell’ambito di SURE per il finanziamento della spesa sanitaria direttamente collegata all’emergenza COVID-19. In particolare il governo nazionale è intervenuto con “misure volte ad abbassare i costi dell’aumento dei requisiti sanitari e di sicurezza sul lavoro, per il settore privato”. In questo modo si è evitato di attivare il Meccanismo europeo di stabilità (MES) e la sua linea di credito speciale anti-pandemia.
Una ricetta tricolore comunque di successo. “I diversi modelli di lavoro a breve termine che gli Stati membri hanno messo in atto con il sostegno finanziario di SURE hanno anche preservato le competenze nelle aziende che saranno necessarie per una forte ripresa”, il giudizio di Nicolas Schmit, commissario per l’Occupazione e gli affari sociali.
In totale in Italia sono state raggiunte e coperte un totale di 8,6 milioni di persone, che rappresentano circa il 34% dell’occupazione totale. Si tratta di circa 7 milioni di dipendenti (28% dell’occupazione totale), a cui si aggiungono 1,5 milioni di lavoratori autonomi (quasi il 6% dell’occupazione totale). Queste cifre si riferiscono solo alla copertura delle misure del mercato del lavoro (escluse le misure relative alla salute) e corrispondono al numero di persone che hanno beneficiato di SURE ad un certo punto nel 2020.
“Numeri che confermano il ruolo cruciale dell’Europa nella protezione dei lavoratori dipendenti, degli autonomi e delle aziende che vivono un periodo di estrema difficoltà”, sottolinea Irene Tinagli, vicesegretario del PD e presidente della Commissione Economia del Parlamento Europeo, la quale ricorda che “prendendo questi finanziamenti dall’UE piuttosto che dai mercati, l’Italia, che finora ha ricevuto 21 miliardi di euro, ha potuto risparmiare oltre 2,8 miliardi.
Secondo Tinagli, che ha scritto un post su Facebook al proposito, “il programma Sure rappresenta una dimostrazione concreta dell’azione positiva della solidarietà europea e degli strumenti messi in campo dall’UE. Adesso, con Next Generation EU, abbiamo l’opportunità di rilanciare l’economia, l’occupazione e lo sviluppo delle nostre imprese. L’Europa c’è e l’Italia deve essere protagonista di questa nuova storia”.
UN PRIMO PASSO
Il bilancio dell’esecutivo comunitario non può che essere positivo, e sullo slancio di questi risultati Bruxelles promette nuovo sostegno. “Mentre ci muoviamo verso la ripresa, continueremo con misure per aiutare una ripresa ricca di posti di lavoro e fornire supporto attivo ai lavoratori e ai mercati del lavoro”, scandisce Valdis Dombrovskis, vicepresidente esecutivo responsabile per un’Economia al servizio delle persone.