Bruxelles – Secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea le differenze di trattamento tra determinate categorie di personale assunto a tempo indeterminato introdotte dalla riforma del lavoro del Jobs Act non sono contrarie al principio di non discriminazione sancito nell’accordo quadro europeo sul lavoro a tempo determinato (direttiva 1999/70/CE)
La questione è stata sollevata dal ricorso presentato dal Tribunale di Milano alla Corte di Lussemburgo e riguarda il caso di un lavoratore (menzionato con la sigla KO) coinvolto insieme ad altri 349 colleghi in una procedura di licenziamento collettivo attivata nel 2017 dalla Consulmarketing SpA. Il giudice meneghino, constatata l’illegittimità del licenziamento collettivo, ha disposto per il datore di lavoro la reintegrazione di tutti i lavoratori licenziati tranne che per KO.
Secondo le norme del Jobs Act, in virtù del suo contratto a tempo indeterminato stipulato successivamente al 7 marzo 2015 (data di entrata in vigore della riforma), KO ha potuto godere solamente del diritto a un’indennità, a differenza dei suoi colleghi che hanno potuto beneficiare della maggiore tutela riservata ai lavoratori con contratti a tempo indeterminato stipulati prima dell’entrata in vigore della legge. La Corte UE però ha ritenuto che questa disparità di trattamento non viola i principi sanciti a livello europeo in tema di contratti di lavoro.