Bruxelles – Tampone rapido sì, ma solo se riconosciuto e accettato. Tampone molecolare con 72 ore di anticipo, ma meglio 48. E poi la quarantena, di quattordici giorni. Ma possono bastarne anche dieci. Paese che vai, usanza anti-COVID che trovi. Una vera e propria giungla di indicazioni da seguire, tutte diverse, che non invoglia a sobbarcarsi di stress, code, appuntamenti, attenzioni e, di conseguenza, a viaggiare. Uno dei motivi che ha inciso nel crollo dello spostamento delle persone, al netto dei blocchi adottati a livello nazionale. Ora però è tempo di finirla, e di adottare regole e procedure aeroportuali comuni, così da creare certezze e rendere pesanti le ricadute sul settore trasporti e viaggi.
La richiesta è contenuta nell’analisi sugli impatti della pandemia di COVID-19 per il mercato interno, realizzato dal centro studi del Parlamento europeo su richiesta della commissione Mercato interno e protezione consumatori. Gli autori non hanno dubbi. “Sono necessarie norme UE uniformi per la sicurezza di condotta negli aeroplani e negli aeroporti che operano in Europa” se si vuole garantire una maggiore mobilità anche in tempo di pandemia. Vuol dire regole valide per tutti, terminale, operatori e autorità aeroportuali, compagnie aeree. “Un regime sanitario uniforme legalmente applicabile per i viaggi aerei andrebbe a vantaggio dei consumatori, del settore dei viaggi aerei e di tutti i settori che traggono vantaggio dai viaggi”.
La raccomandazione è rivolta a tutti i governi dell’UE, responsabili poi dell’attuazione delle norme. Nell’invito si fa presente che le regole comuni in materia di sicurezza in terminal e aeromobili comprendono anche “l’uso di dispositivi di protezione individuale”, vale a dire maschere, guanti, occhiali, schermi per il viso, tute. Se si vuole ripristinare un minimo di normalità alla libera circolazione delle persone la strada obbligata è questa, perché il passaporto vaccinale, pur avendo “un ovvio merito” alla riapertura completa delle frontiere, è ammantato ancora da “molte incertezze”.
Lo studio ricorda che al fine di evitare la diffusione della pandemia si è deciso di scoraggiare i viaggi non essenziali, e dunque l’introduzione di norme, controlli preventivi, moduli da compilare, procedure on-line e quant’altro può essere stato funzionale alla riduzione degli spostamenti. L’effetto indesiderato è però la ripercussione sul mercato interno.
“Le singole imprese, compresi i rivenditori e i produttori e in particolare le PMI e le imprese in settori specifici come il turismo, l’ospitalità e l’intrattenimento, hanno sofferto delle restrizioni di viaggio e dell’aumento del controllo delle frontiere”, rileva lo studio. Le misure di sostegno finanziario introdotte dagli Stati membri “possono solo mitigare, ma non compensare completamente le conseguenze economiche negative causate dalla pandemia e le misure adottate nell’interesse della salute pubblica”. Dunque misure di viaggio comuni sembrano inevitabili per alleviare il peso di una parte del mercato unico.