Bruxelles – Il parametro di riferimento è quello del 2019. Nel momento in cui l’UE tornerà ai ritmi e livelli di crescita pre-pandemia si riattiverà il patto di stabilità con le sue regole e i suoi parametri su deficit e debito, che non è però detto siano le stesse di oggi. Su questo sono tutti d’accordo, ma c’è un crescente consenso sulla necessità di lasciare le cose in sospeso a tempo indeterminato. E’ questa la conclusione a cui sono giunti i ministri dell’Economia e delle finanze al termine della riunione dell’Ecofin chiamato, tra le altre cose, a fare il punto della situazione sulla crisi sanitaria e conseguenze crisi economica.
Il principale criterio per riattivare il patto di Stabilità e crescita è il ritorno ai valori del Prodotto interno lordo dell’Unione del 2019, ricorda il vicepresidente esecutivo della Commissione UE, Valdis Dombrovskis, al termine dei lavori. “Secondo le nostre previsioni dovremmo tornare ai livelli pre-crisi per la metà del 2022, e dunque le regole dovrebbero restare sospese per tutto l’anno ma non oltre”. Dunque nel 2023 si torna alla normalità. Questo almeno in teoria.
In pratica le cose potrebbero andare diversamente. Le varianti del virus, il caos vaccini, nuovi confinamenti: tutti elementi che mettono a repentaglio l’andamento economico. Vuol dire che può accadere che le previsioni dell’esecutivo comunitario potrebbero non essere rispettate nel corso dei prossimi mesi. Perciò, aggiunge il ministro delle Finanze portoghese, Joao Leao, presidente di turno dell’Ecofin, “se il prossimo anno il livello di PIL del 2019 non fosse raggiunto allora il Consiglio dovrà fare le valutazioni del caso”. Vuol dire prepararsi a tenere sospese le regole anche nel 2023.
In questo ragionamento si inserisce poi quello più ampio delle regole stesse. Non è chiaro se l’Unione tornerà al patto nella sua versione originale o se regole e criteri dovranno essere rivisti alla luce del mutato scenario generale. E’ plausibile immaginare che alla fine il patto cambierà. La riflessione è in corso, e terrà impegnati tecnici e politici fino almeno al 2022. Resta fermo l’invito agli Stati di lavorare per evitare shock. Avanti con sostegno pubblico, ma “gli Stati membri dovranno adattare le loro politiche al momento opportuno per garantire la sostenibilità fiscale a medio termine”, recitano le conclusioni di fine seduta, che non possono fare altro che rinviare alle prossime riunioni. Permane “incertezza”, che potrebbe rimanere lì ancora per molto tempo.