Bruxelles – La Commissione Europea ha esteso fino alla fine di giugno il meccanismo di trasparenza sulle esportazioni dei vaccini, introdotto a fine gennaio per controllare l’export di vaccini fuori dal territorio UE. Lo strumento era stato inizialmente pensato per durare solo per il primo trimestre 2021, fino alla fine di marzo. Il dispositivo è stato introdotto dopo l’annuncio della casa farmaceutica anglo-svedese AstraZeneca di non poter rispettare gli impegni presi con gli Stati europei, con una riduzione delle consegne previste di quasi la metà (da 80 milioni a 40 milioni).
Da quando il meccanismo è stato introdotto il 30 gennaio scorso sono state approvate 249 richieste di esportazione in 31 Paesi extra Ue per un totale di più di 34 milioni di dosi (precisamente 34.090.267), in quanto secondo l’UE e gli Stati membri “non minacciavano gli impegni contrattuali con i produttori di vaccini” e quindi sono state autorizzate. A oggi l’unica richiesta ad essere accolta è stata quella dell‘Italia del 4 marzo per 250mila dosi del vaccino AstraZeneca dirette in Australia. Per questioni di riservatezza la Commissione non può far sapere per quali case farmaceutiche sono state autorizzate le esportazioni, ma ha invece reso noto che le principali destinazioni di questi trasferimenti sono Regno Unito (con circa 9,1 milioni di dosi), Canada (3,9 milioni), Messico (3,1 milioni), Giappone (2,7 milioni), Arabia Saudita (1,4 milioni), Hong Kong (1,3 milioni), Singapore (1 milione), Stati Uniti (1 milione), Cile (0,9 milioni) e Malesia (0,8 milioni).
Londra è la principale destinazione per l’export dei vaccini prodotti nel Continente. Dopo indiscrezioni, la Commissione ha voluto ufficializzare numeri e destinazioni non casualmente dopo le accuse di Londra di aver creato una sorta di ‘nazionalismo dei vaccini‘, per mostrare invece che il Regno Unito è la prima meta dell’export di vaccini prodotti in Europa comunitaria. “Lo scopo del meccanismo è che le esportazioni non danneggino la campagna vaccinale degli Stati membri”, ha ripetuto durante il briefing con la stampa di oggi (11 marzo) Eric Mamer, portavoce capo della Commissione.
Il meccanismo non è pensato per danneggiare gli altri Paesi, quanto le case farmaceutiche che non stanno rispettando gli impegni presi con l’Ue sulle consegne. “Ci aspettiamo che le aziende con le quali abbiamo firmato un contratto adempiano ai loro obblighi nei confronti dei cittadini dell’UE”, ha rimarcato la commissaria alla Salute, Stella Kyriakides. “Insisteremo affinché la conformità sia garantita e continueremo a lavorare con le aziende per aumentare la produzione in Europa il più rapidamente possibile”. L’UE teme nuovi ritardi da parte di AstraZeneca che ancora non ha confermato che riuscirà a consegnare i 180 milioni di dosi previste da aprile a giugno, e dunque ha esteso il meccanismo.
Quanto al blocco dell’export, non è chiaro ancora che fine facciano le dosi una volta che la Commissione e gli Stati non hanno autorizzato la loro esportazione verso altri Paesi. Le fiale – ha spiegato Mamer – rimangono una responsabilità delle case farmaceutiche, il regolamento sulle esportazioni non entra nel merito di come poi vengano utilizzate le dosi non esportate. Bruxelles può solo sperare che siano effettivamente consegnate agli Stati membri.